E’ quanto affermano i rappresentanti di ARCI, ASGI (Associazione per
gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), Associazione Babele e la
campagna LasciateciEntrare, che domenica 20 marzo 2016, nell’imminenza
della entrata in vigore degli accordi tra UE e Turchia sui respingimenti
dei cittadini migranti sbarcati in Grecia nei paesi di origine o di
transito, hanno visitato l’hotspot di Taranto
a seguito dell’attivazione dello stesso con l’accoglienza di 362
migranti sbarcati sulle coste calabresi alla fine della scorsa
settimana.
La delegazione ha riscontrato diverse criticità durante la vista, tra cui:
- la mancanza di qualsiasi indicazione sui criteri di gestione del centro (salvo regolamento interno redatto dallo stesso Comune di Taranto);
- la mancanza di informazioni chiare sullo status giuridico delle persone che ivi sono trattenute e sullo scopo del loro trattenimento;
- l’assenza di informazioni sulle modalità ed i tempi di identificazione delle persone e sulle
conseguenze di eventuali rifiuti in tale senso.
Il limbo giuridico entro il quale si trova ad operare l’hotspot di Taranto, come gli altri centri simili in Sicilia - secondo le associazioni - può determinare l’uso di una discrezionalità non verificabile a causa dell’assenza di una chiara regolamentazione dal punto di vista normativo e amministrativo e che può sfociare in qualsiasi momento in mero arbitrio privo di garanzie in contrasto con i principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, oltre che con gli stessi principi fondanti dell’Unione europea e le norme della Costituzione italiana in materia di libertà personale (art. 13 Cost.) e possibilità di accedere alle procedure di protezione internazionale ed alla richiesta di asilo politico (art. 10, co. 3, Cost.).
“Desta elevatissima preoccupazione il possibile arbitrio in base al quale si decide se ed in quali termini le persone che transitano nell’hotspot di Taranto possano essere trattenute all’interno della struttura, possano essere respinte in patria o in altro paese, ovvero possano accedere al sistema di accoglienza per i richiedenti asilo” hanno dichiarato i rappresentanti delle associazioni “Riteniamo il sistema degli Hotspot illegittimo e le mancanze riscontrate lo confermano”.
A seguito della visita la delegazione ha elencato una serie di raccomandazioni :
- occorre rendere effettivo regolamentare il dovere da parte della Pubblica Amministrazione di fornire una compiuta informazione ai migranti sulla possibilità di presentare domanda di protezione internazionale. Tale dovere, già chiarito dalla Corte di Cassazione e previsto dall’art. 8 della Direttiva 2013/32/UE, non può limitarsi alla compilazione, da parte delle Autorità di Pubblica Sicurezza, del cd. “foglio notizie”, che è uno strumento inidoneo a rappresentare le effettive volontà dei migranti e lascia uno spazio di eccessiva discrezionalità in mano alle stesse Autorità di P.S. in un momento di particolare fragilità dei cittadini stranieri;
- deve essere sempre garantita la libertà di movimento delle persone, anche all’esterno degli hotspot. Lo status giuridico delle persone allocate temporaneamente all’interno degli hotspot non è al momento individuato, ma va ribadito che questi luoghi non possono essere luoghi di detenzione, neanche se temporaneamente volti alla determinazione di chi è richiedente asilo e chi, invece, non rientra in tale categoria giuridica;
- alcuna misura coercitiva e di privazione della libertà personale può essere adottata al solo fine di procedere alla identificazione delle persone. La Costituzione italiana tutela la libertà personale e vieta categoricamente ogni restrizione della libertà “se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge” (art. 13, co. 1). I rilievi fotodattiloscopici e l’identificazione dei migranti non possono quindi avvenire sulla base della limitazione della libertà delle persone (art. 13, co. 4, Cost.) fuori dai casi previsti dalla legge ed in assenza di alcuna disposizione da parte della competente Autorità giudiziaria. Non è dato comprendere, dunque, come è possibile che sia stato riferito che le persone possono essere trattenute all’interno degli hotspot per un periodo di 72 ore al fine di verificarne l’identità senza alcun ordine della magistratura;
- l’ingresso all’ hotspot di Taranto va garantito alle associazioni ed agli enti di tutela delle persone straniere, indipendentemente che esse abbiano o meno un rapporto di tipo convenzionale con la Prefettura.Ogni limitazione a tale diritto che ne pregiudichi seriamente l’accesso, oltre a non essere previsto da alcuna norma giuridica, costituisce una limitazione alla possibilità di verificare l’operato dei gestori della struttura ed alla tutela dei cittadini stranieri;
- va garantito un adeguato il servizio di mediazione linguistica e culturale all’interno del hotspot. Al momento tale servizio non risulta gestito da personale qualificato professionalmente che sprovvisto degli strumenti conoscitivi adeguati allo svolgimento di tale delicato compito.
“In mancanza di tali imprescindibili garanzie, oggi assenti, riteniamo che non sia possibile dare seguito al funzionamento di tale struttura che, dunque, va chiusa in attesa di una adeguata regolamentazione.”conclude la delegazione.
LasciateCIEntrare, Associazione Babele, ARCI, A.S.G.I. (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione)
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