Pinotti e il Pentagono: l’Italia va avanti sugli F35. Il Parlamento chiede di dimezzare la spesa
Un tweet del ministro: «Nè conferme nè
disdette. Il numero di 90 stabilito dal precedente Governo». Obiettivo: tutelare
la manutenzione affidata a Cameri
18/02/2015
Dunque si va avanti secondo i piani originari anche se, viene ripetuto, il programma potrebbe essere ridefinito alla luce delle risultanze del Libro Bianco della Difesa, che sarebbe dovuto essere pronto entro la fine del 2014 e che invece non è stato ancora completato. Nel frattempo, però, tutto resta com’è: il numero di 90 allo stato non si tocca, anche perché si rischierebbe di perdere la manutenzione in Italia, a Cameri, nel Novarese, di tutti gli F35 europei.
Il programma dovrebbe costare all’Italia quasi 14 miliardi (di cui parte del Parlamento ha chiesto il dimezzamento). Somma già ridotta dopo che la Difesa stessa, durante il Governo Monti, ha deciso un ridimensionamento del programma, passando dagli iniziali 131 velivoli agli attuali 90. In attesa delle risultanze del Libro Bianco gli ordini sono stati sospesi, ma nelle more di questa eventuale ridefinizione del programma è stato nei mesi scorsi firmato l’impegno relativo all’anno 2014 per la produzione di un lotto di due velivoli, che si aggiungono ai sei per i quali i contratti sono già stati firmati e sono operanti, con consegne previste tra il 2015 e il 2016.
Sui cacciabombardieri, l’Italia ha già investito 2 miliardi e mezzo e realizzato a Cameri, in provincia di Novara, lo stabilimento dove verranno costruite le ali e il blocco centrale della fusoliera e che oggi è stato designato come unico centro di manutenzione in Europa. Il primo cassone alare prodotto in Italia dovrebbe uscire dallo stabilimento di Cameri il prossimo mese di marzo.
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