Renzi manda il suo inequivocabile messaggio agli operai
Ilva e alla popolazione di Taranto
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Si
tratta di un "decreto" che di fatto non è neanche un
decreto ma una sorta di "dichiarazione di intenti a cui
dovrebbero seguire disposizioni legislative vere e proprie; la
sostanza sta, però, nelle dichiarazioni di Renzi e soprattutto nei
passi concreti che comunque faranno, questi sì pericolosi.
In
alcuni aspetti nella sua stesura questo decreto non aggiunge nulla a
quanto già in corso in termini di misure e di fondi disponibili,
mentre nella sostanza peggiora la situazione in termini di tempi e
soprattutto di interventi su salute e lavoro.
Per
lo sviluppo, riqualificazione dell'area Taranto viene
istituito l'ennesimo Tavolo istituzionale; lì dove sappiamo bene
quanto nulla anche nel recente passato abbiano prodotto in termini di
interventi effettivi e utili questi Tavoli.
Sul
fronte bonifiche, non si aggiunge nulla a ciò che (lo stesso
decreto lo scrive) è già "all'opera" da parte del
commissario per le bonifiche, e non ci voleva certo un decreto per
ricordarlo. Ma in realtà qualcosa fa questo decreto e in peggio.
Invece di andare nettamente più avanti nei lavori da realizzare, nei
fondi da impegnare, nei tempi urgenti del programma di interventi,
con questo decreto di fatto è come se si riparte da zero, si va
indietro, portando come minimo ad un allungamento infinito dei tempi;
l'aggiunta poi di alcune parole "adeguato livello
di sicurezza per le persone e per l’ambiente", "mitigare le
relative criticità", mostrano che in realtà è decisamente
poco quello che si intende fare.
Sul
Porto, la vaghezza del "decreto" sembra fatta apposta,
in essa ci entra eccome, sia pur dalla finestra, "Tempa Rossa",
e su questo la formula introdotta di una sorta di "silenzio-assenso"
da parte delle Istituzioni locali serve per scavalcare qualsiasi
parere contrario.
I fondi
per il porto e i beni culturali erano già stati stanziati e
sono insufficienti
e il loro utilizzo non dà alcuna garanzia di ricaduta occupazionale,
ambientale, turistico sulla città.
Esso
dà mano libera a commissari vari per non osservare norme, comprese
quelle di sicurezza nel lavoro, e li mette a riparo dalle
conseguenze giudiziarie del loro operato. Questo per l'Ilva è
una licenza di infortunare, licenza di malattie professionali, licenza di uccidere.
Sull'Arsenale,
anche qui si va decisamente indietro. Tutte le aree occupate restano
dell'Arsenale. Quindi viene azzerata ogni previsione di restituzione
alla città anche di una parte di queste aree. E sotto l'ipocrito
progetto di valorizzazione culturale e turistica (?) dell'Arsenale,
di fatto con questo decreto si punta ad incrementare la sua funzione
militare-bellica (non è un caso la presenza nel Tavolo
istituzionale della Ministra delle Difesa).
ILVA
Ed
è proprio sull'Ilva che il decreto esprime tutta la sua essenza: un
provvedimento che da un lato dice solo parole, fondato sulla sabbia,
dato che con la forzatura e/o violazioni di leggi fatte (dalla
"Marzano", alle norme europee, alle stesse leggi poste a
tutela della proprietà privata) può franare da un momento all'altro
per intervento della Comunità europea e della stessa proprietà
Riva; dall'altro, come e peggio dei precedenti sei decreti, è fatto
soprattutto al servizio dei padroni e unicamente a difesa degli
interessi del profitto padronale. Le
leggi si possono bellamente stravolgere, violare se questo serve ai
padroni, mentre sono inamovibili quando devono essere cambiate per
difendere lavoratori e masse popolari.
Il
decreto dice chiaramente che lo "scopo
della misura è di garantire la prosecuzione dell’attività
produttiva assicurando che le risorse aziendali siano
prioritariamente destinate a tale scopo". Quindi, altro
che risanamento, ma una tenuta dell'attività produttiva dello
stabilimento per garantirne la svendita ai privati nel
prossimo futuro!
Sull'Aia,
poi, il decreto parla solo dei poteri del commissario straordinario
(uno, tre?), non scioglie la questione che l'Aia viene considerata
dai possibili nuovi padroni acquirenti e dallo stesso governo troppo
pesante e onerosa.
Sui
tempi, anche qui l'intervento del governo invece di accelerare
porta indietro, come se dall'attuazione di questo decreto parte il
piano delle prescrizioni dell'Aia e delle bonifiche dell'area, e la
vaghezza dei termini "urgenti
e indifferibili"
sono messi apposta per non dire niente e allungare i tempi, già di
per sè lunghi, per tutti i 36 mesi almeno.
Ma se
c'erano dubbi sulla natura di questo decreto, questi vengono sciolti
dalla questione dei fondi. Nel decreto non se ne fa
cenno, ma poi Renzi ha parlato di cifre: in totale per la città, per
il Porto, Arsenale, per l'ospedale, per l'Ilva, 2 miliardi di euro!
Una miseria! Questi soldi al massimo servono per pagare le banche
creditrici e assicurare la mera continuità produttiva dell'Ilva. Non
ad altro!
Solo
per l'attuazione dell'AIA, a detta degli stessi commissari Ilva, ci
vuole 1 miliardo e 800 milioni! Per non dire che la giudice Todisco
quantificò a suo tempo in più di 8 miliardi quanto sarebbe stato
necessario per la bonifiche, non fatte, di impianti e aree.
Venendo
nel merito. Questi fondi, o sono quelli già (pochissimi) impegnati
con i precedenti decreti (per le bonifiche ambientali, per il Porto),
o erano già programmati. Lo stesso 'centro di ricerca per i
tumori infantili' nell'ospedale di Taranto, spacciato come
fiore all'occhiello del "cuore" di Renzi, non è affatto
una novità e i 30 milioni sono uno schiaffo agli stessi bambini e
famiglie di Taranto, ma soprattutto è un ben misero provvedimento a
fronte della richiesta di una nuova struttura ospedaliera
specializzata; un provvedimento ipocrita nel momento in cui questo
decreto riduce gli interventi di bonifica, punta a ridimensionare
l'Aia, ne allunga i tempi.
In
questi 2 miliardi inoltre ci sarebbero i famosi 1 miliardo e 200
milioni sequestrati ai Riva, ma che tuttora sono oggetto di ricorsi
giudiziari e quindi inutilizzabili; nulla stabilisce, invece, per
requisire i fondi dei Riva nascosti nei paradisi fiscali, facendo di
fatto un "regalo di natale" anche ai padroni assassini.
Il
decreto nulla dice in merito alla difesa di tutti i posti di
lavoro degli operai Ilva e appalto, questi restano
alla mercè delle esigenze produttive e di mercato dell'Ilva e
con il regime di amministrazione straordinaria non hanno garanzia di
continuità del lavoro, dei salari e dei diritti acquisiti.
Anzi,
nelle dichiarazioni di Renzi, si fa esplicito riferimento al "modello
Alitalia" ("spero in risultati migliori
dell'Alitalia"); quindi, di fatto un decreto che non dicendo,
già però prevede, come per l'Alitalia, tagli dei posti di lavoro e
bad company.
Un
decreto, quindi, che dà "fumo", e peggioramento, per gli
operai e la popolazione di Taranto e "arrosto" per i
padroni... con i soldi pubblici.
Un
decreto che dichiara esplicitamente che lo Stato borghese
nazionalizza le perdite e si mette a lavorare per restituire la
fabbrica ai padroni e riprivatizzare le entrate, gli utili, Con Riva
lasciato in pace e i lavoratori sfruttati, uccisi, ammalati e la
popolazione inquinata, con tumori, morti, gabbati.
QUESTA
E' L'UNICA "NAZIONALIZZAZIONE" CHE UN GOVERNO, SEMPRE AL
SERVIZIO DEL SISTEMA DEL CAPITALE, IN QUESTA SOCIETA', PUO' FARE! -
I fautori della "nazionalizzazione" dalla Usb, alla Fiom di
Landini, agli ultimi arrivati non a caso giusto in tempo per
sostenere il provvedimento di Renzi, come la Uil, verso gli operai
sono nient'altro che venditori di fumo, che accompagnano l'arrosto
del governo!
Non
meno responsabili sono quelli, come i Liberi e pensanti, che usano
strumentalmente la questione del "decreto operaio" posta
dallo Slai cobas per il sindacato di classe, per farci conferenze
stampa, ma nulla fanno in fabbrica, anzi contribuiscono a "svitare
i bulloni" seminando sfiducia tra gli operai, per organizzare
gli operai e sviluppare la lotta per imporre il decreto operaio.
Questo
decreto Renzi in realtà conferma quello che diciamo da tempo: Ogni
soluzione per l'Ilva è un disastro per gli operai.
(da
l'ultimo numero di Proletari comunisti giornale del PCm Italia): "Gli
operai non possono essere partigiani di questa o quell’altra
“soluzione”, perchè sarebbero degli agnelli sacrificali
all’altare del profitto. Per gli operai sono solo due le
“soluzioni”:
-
Battersi per una difesa rigida di posti di lavoro, salari, diritti e
sicurezza-salute per sè e le masse popolari di Taranto, con una
linea sindacale di classe intransigente che non guarda in faccia
nessuno, per un decreto per gli operai che
stabilisca che tutti
i posti di lavoro devono essere salvaguardati; salari e diritti
non si toccano; durante la messa a norma degli impianti, gli
operai dei reparti interessati non devono essere mandati a casa ma
impiegati nei lavori di risanamento; la
prima messa a norma è garantire la sicurezza degli
operai; istituzione
di una postazione ispettiva permanente all'interno della fabbrica per
controlli su sicurezza e salute; in
una fabbrica insalubre e nociva come l'Ilva non si può stare e
lavorare per tanti anni ma 25 anni bastano, con estensione a tutti
dei benefici pensionistici; la
salute è un diritto intoccabile per operai e cittadini, per cui
servono visite mediche mirate, cure sanitarie gratuite, strutture
sanitarie d'emergenza, affidate ad Emergency, per fronteggiare la
situazione.
- Attrezzarsi,
organizzativamente e politicamente, per lottare contro l’intero
sistema dei padroni, perchè senza “potere operaio” tutto è
illusione.
Ma
per questo occorre che gli operai aprano gli occhi e le orecchie e
costruiscano la loro autonomia da padroni, governo, sindacati
confederali, sindacati di base e liberi e pensanti di vario genere e
tipo.
L’unica
“libertà” che abbiamo è quella di organizzare un sindacato di
classe, una lotta vera, e di costruire un partito degli operai,
comunista rivoluzionario di tipo nuovo; l’unico “pensiero” è
usare finalmente la testa per questo".
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