Marx
Indirizzo inaugurale dell'Associazione internazionale degli
operai (Prima Internazionale)
Fondata
il 28 settembre 1864 nell'assemblea pubblica al St. Martin's Hall Long Acre,
Londra
Operai!
È un
fatto innegabile che la miseria della massa dei lavoratori non è affatto
diminuita dal 1848 al 1864, in un periodo che pure può essere considerato
straordinario per uno sviluppo senza esempi (i)
dell'industria e per l'aumento del commercio. Un organo moderato della classe
media inglese, con un giudizio certamente comune, prediceva nel 1850 che, se in
Inghilterra l'esportazione e l'importazione fossero aumentate del 50%, il
pauperismo sarebbe caduto a zero! Ahimè, il 7 aprile 1864 il cancelliere dello
scacchiere (ii) proclamava in pieno parlamento, felice per
questa rivelazione, che il totale delle esportazioni e delle importazioni
inglesi è ammontato nel 1863 «alla somma sorprendente [...] di 443.995.000 lire
sterline! che supera di circa tre volte il commercio dell'epoca [...]
relativamente recente del 1843». Tuttavia, con la medesima eloquenza, egli
parlava della «miseria». «Pensate,» esclamava, «a coloro che sono ai limiti
della miseria... ai salari... che non sono elevati, alla vita umana che, in
nove casi su dieci, non è che una lotta per l'esistenza!» (2)
Il cancelliere non parlava degli irlandesi, che nel settentrione sono
gradualmente sostituiti dalle macchine, nel meridione dai greggi di montoni:
anche i montoni muoiono in questo infelice paese, ma, è pur vero, meno
rapidamente degli esseri umani. Egli non ha affatto ripetuto quanto era stato
ingenuamente rivelato dai rappresentanti più insigni di 10.000 signori in un
violento accesso di terrore. Allorché il panico della garrotta (3)
raggiunse un certo livello, la Camera dei lords fece fare un'inchiesta sulla
deportazione e il lavoro forzato dei prigionieri. L'assassinio fece la sua
apparizione nel voluminoso Libro azzurro del 1863 (4), che,
attraverso fatti e cifre ufficiali, ha provato che perfino i peggiori criminali
condannati, i forzati dell'Inghilterra e della Scozia, lavorano molto meno
duramente e sono molto meglio nutriti degli operai di tutta l'Inghilterra e
della Scozia. Ma non basta. Quando, come conseguenza della guerra civile
americana, gli operai delle contee di Lancaster e di Chester sono stati gettati
sulla strada, la medesima Camera dei lords ha delegato un medico nei distretti
industriali, con l'incarico di esaminare quale sia in media la minima quantità
di carbonio e di azoto che debba venir somministrata nella forma più semplice e
a miglior mercato, «nulla piú che per prevenire la morte per inedia». Il dottor
Smith, il medico delegato, s'accertò che per un adulto sono necessari 28.000
grani di carbonio e 1.330 grani (iii) d'azoto, in media, per
garantirlo almeno dalla morte per inedia. Egli ha scoperto inoltre che tale
quantità non s'allontanava troppo dal magro nutrimento, cui l'estrema miseria
di quei tempi aveva ridotto gli operai dei cotonifici (*).
Ma udite ancora. Lo stesso saggio medico fu in seguito delegato dalla direzione
medica del consiglio segreto (iv) a esaminare gli alimenti
della classe operaia piú povera. Il «Sesto rapporto sullo stato della salute
pubblica» (5), edito per ordine del parlamento nel
corrente anno, contiene i risultati delle sue ricerche. Che mai ha scoperto il
medico? Che i tessitori, i cotonieri, i guantai, i calzettai ecc. in media non
sempre ricevono nemmeno il misero cibo degli operai cotonieri, neanche la quantità
di carboidrati e azotati «appena sufficienti a prevenire la morte per inedia».
«Inoltre»
citiamo testualmente dal rapporto «l'esame dello stato delle famiglie contadine
ha dimostrato che piú di un quinto di esse è ridotto a una quantità di elementi
carbonici inferiori al sufficiente, e più di un terzo ha una quantità di
alimenti azotati inferiore al sufficiente; che nelle contee del Berkshire,
dell'Oxfordshire e del Somersetshire l'insufficienza degli alimenti azotati è,
in media, il regime dominante.» «Non bisogna dimenticare» aggiunge il rapporto
ufficiale «che le privazioni alimentari sono sopportate con grande riluttanza,
e che generalmente la mancanza di alimenti sufficienti non si presenta se non
preceduta da ben altre privazioni. La pulizia stessa è considerata una cosa
molto cara e difficile e, quando il rispetto della propria persona si sforza di
mantenerla, ogni simile tentativo viene necessariamente pagato da un
accrescimento delle torture della fame. Si tratta di riflessioni molto dolorose,
poiché non si ha qui la miseria ben meritata e derivante da pigrizia, ma, in
tutti i casi, la miseria di una popolazione che lavora; infatti, per la verità,
il lavoro che non assicura che un così magro cibo si prolunga in modo eccessivo
per la maggior parte degli individui.»
Il
rapporto rivela un fatto strano e inatteso, «che, fra tutte le parti del Regno
Unito», dell'Inghilterra, del Galles, della Scozia e dell'Irlanda, «la
popolazione dell'Inghilterra», quindi della parte più opulenta, «è
incontestabilmente la peggio nutrita», benché i più poveri lavoratori del
Berkshire, dell'Oxfordshire e del Somersetshire siano molto meglio alimentati
della maggior parte degli artigiani dei quartieri orientali di Londra.
Tali
sono i dati ufficiali pubblicati per ordine del parlamento nel 1864, nel regno
millenario del libero scambio, mentre nel medesimo tempo il cancelliere dello
scacchiere raccontava alla Camera dei comuni «che la condizione degli operai
inglesi è migliorata, in media, in modo così straordinario che non si conoscono
esempi simili nella storia né di alcun paese né di altra epoca». Ma queste
esaltazioni ufficiali sono contraddette in modo appariscente da una breve nota
del non meno ufficiale rapporto sullo stato della salute pubblica: «La sanità
pubblica di un paese non significa la sanità delle sue masse, ed è quindi
pressoché impossibile che le masse siano sane, se esse, fino al più infimo
grado della scala sociale, non godono almeno della più modesta agiatezza».
Il
cancelliere dello scacchiere, accecato dalla statistica del «progresso della
nazione», con le sue cifre davanti agli occhi abbagliati, grida in una eccitata
estasi: «Dal 1842 al 1852 la rendita imponibile del paese è cresciuta del 6%;
negli otto anni dal 1853 al 1861 è cresciuta del 20%: è un fatto tanto
straordinario che pare quasi incredibile! [...]. Questo inebriante aumento di
ricchezza e di potenza - aggiunge il sig. Gladstone - è limitato esclusivamente
a coloro che posseggono» (6).
Se
volete conoscere le condizioni di deperimento fisico, di rilassatezza morale e
di rovina intellettuale, per cui tale «inebriante aumento di ricchezze e di
potenza limitato esclusivamente alle classi che posseggono» è stato ed è
prodotto dalle classi lavoratrici, considerate il quadro delle sartorie, delle
tipografie e degli atéliers di modisteria, tracciato nell'ultimo «Rapporto
sullo stato della salute pubblica»! Confrontate il «Rapporto della
commissione d'inchiesta sul lavoro dei fanciulli» del 1863(7),
in cui viene costatato, per esempio, che la categoria degli stagnini, sia gli
uomini sia le donne, presenta una popolazione decisamente degenerata, tanto
sotto l'aspetto fisico che sotto quello mentale; che i «fanciulli malati diventano
in seguito dei genitori ammalati»; che la «degenerazione della razza ne è una
conseguenza assoluta»; che «la degenerazione della popolazione della contea di
Stafford sarebbe in stato molto pii avanzato, se non si fosse avuto il
reclutamento continuo dai paesi vicini e i matrimoni misti con razze più
robuste».
Volgete
gli occhi sul Libro azzurro del sig. Tremenheere, sulle doglianze e le lagnanze
dei giornalieri panettieri (8). E chi non è rabbrividito
d'indignazione alla lettura dei paradossi degli ispettori delle fabbriche,
confermati dagli uffici di anagrafe, che assicurano che la salute degli operai
del Lancastershire è migliorata considerevolmente, benché essi siano ridotti
alla più miserevole alimentazione, perché la mancanza di cotone li ha cacciati
dai cotonifici? Che la mortalità infantile è diminuita, perché infine s'è
consentito alle madri di presentare ai figli le proprie mammelle, invece del
cordiale di Godfrey (v).
Ma
voltate ancora una volta la medaglia! Le tavole dell'imposta sul reddito e
sulla proprietà, presentate alla Camera dei comuni il 20 luglio 1864, attestano
che dal 5 aprile 1862 al 5 aprile 1863 trenta persone hanno accresciuto il
numero di quei felici della terra, le cui rendite annue sono valutate
dall'esattore delle imposte a 50.000 sterline, essendo il loro numero salito da
67 a 80 in un solo anno. La medesima tavola rivela il fatto curioso che 3.000
persone, all'incirca, dividono fra loro una rendita annuale di più o meno
25.000.000 lire sterline, superiore alla somma totale distribuita annualmente
fra tutti i lavoratori d'Inghilterra e del Galles. Consultate il censimento del
1861 e troverete che il numero dei proprietari maschi in Inghilterra e nel
Galles è diminuito da 16.934 nel 1851 a 15.066 nel 1861: in tal modo la
concentrazione della proprietà agricola è cresciuta in dieci anni dell' 11 %.
Se la concentrazione della proprietà fondiaria nelle mani di un piccolo numero
s'accresce nello stesso modo, la questione territoriale si semplificherà
singolarmente, come semplice era nell'impero romano, allorché Nerone sogghignò
alla notizia che metà della provincia d'Africa era posseduta da sei cavalieri.
Abbiamo
insistito su questi «fatti così straordinari, che sono quasi incredibili»,
perché l'Inghilterra è alla testa dell'Europa commerciale e industriale (vi). Ricordate: alcuni mesi orsono uno dei figli esuli di Luigi
Filippo complimentava pubblicamente il lavoratore inglese per la superiorità
del suo destino nei confronti di quello meno prospero dei suoi compagni
dell'altra parte del Canale. In verità, se teniamo conto della differenza di
circostanze locali, vediamo i fatti inglesi riprodursi su scala minore in tutti
i paesi industriali e progrediti del continente. Dopo il 1848, in questi paesi
ebbe luogo uno sviluppo inaudito dell'industria e un'espansione inimmaginabile
delle esportazioni e delle importazioni. Dovunque «l'aumento di ricchezze e di
potenza limitata esclusivamente alle classi che possiedono» è stato realmente
«inebriante». Dovunque, come in Inghilterra, una piccola minoranza di operai ha
ottenuto in effetti ridotti aumenti salariali (vii); ma,
nella maggior parte dei casi, il rialzo monetario dei salari non denota
l'accrescimento del benessere dei salariati più di quanto l'elevarsi del costo
del mantenimento dei pensionati nell'ospedale dei poveri o nell'asilo degli
orfani della metropoli, da 7 sterline 7 scellini e 5 pence nel 1852 a 9
sterline 15 scellini e 8 pence nel 1861, non sia di nessun beneficio per i
ricoverati, più di quanto non s'accresca per nulla il loro benessere. Dovunque,
la gran massa delle classi lavoratrici è piombata sempre più in basso, nella
medesima proporzione almeno con cui coloro, che stanno al di sopra, sono saliti
più in alto sulla scala sociale. In tutti i paesi d'Europa è divenuto
attualmente una verità, non confutabile da spiriti imparziali e negabile
soltanto da coloro che hanno un interesse nel rinviare gli altri a un paradiso
immaginario, che, né il perfezionamento delle macchine (viii),
né l'applicazione della scienza alla produzione, né la scoperta di nuove
comunicazioni, né le nuove colonie, né la creazione di nuovi sbocchi, né il
libero scambio, né tutte queste cose insieme sono in grado di sopprimere la
miseria delle classi lavoratrici; e, al contrario, sulla falsa base del
presente, ogni nuovo sviluppo della forza produttiva del lavoro scaverà
necessariamente un abisso più largo e più profondo fra i contrasti sociali e
l'antagonismo sociale ne uscirà più aspro e più acuto. Durante questa
«inebriante» epoca del progresso economico, nelle metropoli dell'impero
britannico la morte per inedia s'è elevata all'altezza di un'istituzione
sociale. Quest'epoca è segnata negli annali del mondo da ritorni accelerati, da
un'estensione sempre piú dilatantesi, dagli effetti sempre più mortali, della
peste sociale, chiamata crisi commerciale e industriale.
Dopo
l'insuccesso della rivoluzione del '48, tutte le organizzazioni di partito,
tutti i giornali del partito delle classi lavoratrici sono stati spezzati sul
continente dalla ferrea mano della forza bruta. I figli più progrediti del
lavoro se ne andarono disperati nella repubblica oltre-Atlantico. I sogni
effimeri d'emancipazione sono svaniti al soffio dell'epoca della febbre
industriale, del marasma morale e della reazione politica. La disfatta delle
classi lavoratrici del continente, dovuta in parte alla diplomazia del governo
inglese, che agiva allora come agisce oggi in fraterna solidarietà col
gabinetto di San Pietroburgo, distese senza indugi i suoi effetti contagiosi su
questa parte del Canale. Mentre la sconfitta dei loro fratelli del continente
scoraggiò le classi operaie inglesi e spezzò la loro fede nella loro propria
causa, rese ai signori della terra e del denaro la loro fiducia alquanto
scossa. Con insolenza costoro ritirarono quanto già avevano concesso. La
scoperta di nuovi terreni auriferi determinò un esodo immenso, lasciando un
vuoto irreparabile nelle file del proletariato inglese. Altri suoi membri, un
tempo attivi, si fecero sedurre dall'esca dell'accrescimento temporaneo del
lavoro e dei salari, e divennero delle nullità politiche. Tutti gli sforzi per
sostenere o per modificare il movimento cartista fallirono clamorosamente; gli
organi di stampa della classe operaia perirono l'uno dopo l'altro per l'apatia
delle masse e, in effetti, mai la classe operaia d'Inghilterra sembrò così
completamente riconciliata con la sua nullità politica. Se dunque non esisteva
alcuna solidarietà d'azione fra la classe operaia inglese e quella
continentale, vi era, in ogni caso, una solidarietà nella sconfitta.
Tuttavia,
il periodo seguente alle rivoluzioni del '48 non è passato senza momenti
positivi. Notiamo soltanto due grandi avvenimenti.
Dopo
una lotta di trent'anni, condotta con la più ammirevole perseveranza, la classe
operaia inglese, approfittando di un disaccordo momentaneo tra i padroni della
terra e i padroni del denaro, è riuscita a far passare la legge sulle dieci ore
(9). Gli immensi vantaggi che ne risultarono per gli operai
manifatturieri, da un punto di vista fisico, morale e intellettuale, dopo
d'allora registrati a ogni scadenza semestrale nei rapporti degli ispettori
delle manifatture, sono stati infine riconosciuti da tutte le parti. La maggior
parte dei governi continentali non trovò nulla di meglio che adottare la legge
inglese sulle manifatture in una forma più o meno modificata e lo stesso
parlamento inglese è costretto ad ampliare ogni anno il campo d'azione di tale
legge. Ma, oltre alla sua importanza pratica, il successo meraviglioso di
questa misura della classe operaia metteva in luce ancora un'altra cosa. La
classe media, attraverso i suoi organi di scienza più autorevoli, quali il
dottor Ure, il professor Senior e altri saggi della medesima tempra, predisse e
provò a sazietà che alla minima restrizione legale delle ore di lavoro sarebbe
suonato il rintocco funebre dell'industria inglese, che, come un vampiro, non può
vivere senza succhiare sangue, e soprattutto sangue di fanciulli. Nei tempi
remoti l'uccisione dei fanciulli era uno dei riti della religione di Moloch: ma
non era praticata che in certe occasioni solenni, forse una volta all'anno, e
inoltre Moloch non provava gusto soltanto per i figli del povero. Questa lotta
per la restrizione delle ore di lavoro s'accese tanto più furiosamente, proprio
perché, a parte gli spaventi degli avari, essa interessava da vicino la grande
disputa tra la cieca legge dell'offerta e della domanda, su cui si fonda
l'economia politica della classe media, e la produzione sociale regolata dalla
previsione sociale, che costituisce l'economia politica della classe operaia.
Perciò la legge sulle dieci ore non è stato soltanto un successo pratico, ma,
fatto ben più importante, rappresentò la vittoria di un principio. Per la prima
volta l'economia politica della classe media risultò completamente soccombente
di fronte all'economia della classe operaia.
Ma si
aveva di riserva una vittoria ben più grande dell'economia politica del lavoro
sull'economia politica della proprietà (ix). Intendiamo
parlare del movimento cooperativo e, specialmente, delle manifatture
cooperative erette attraverso gli sforzi spontanei di alcuni uomini audaci. Il
valore di queste grandi esperienze sociali non può essere esaltato al di sopra
della realtà. Non attraverso argomenti, ma attraverso azioni, esse hanno
provato che la produzione su larga scala e in accordo con le esigenze della
scienza moderna può venir esercitata senza l'esistenza di una classe di padroni
che impieghi quella dei manovali; che i mezzi del lavoro, per rendere, non
hanno bisogno d'essere monopolizzati né d'essere piegati a mezzi di predominio
e di sfruttamento contro il lavoratore; e che il lavoro salariato, cosi come il
lavoro degli schiavi, il lavoro dei servi, non è che una forma (x)
transitoria e inferiore, destinata a sparire di fronte al lavoro associato, che
espleta il proprio assunto in modo vivace, con spirito alacre e con animo
felice. I primi semi del sistema cooperativo sono stati gettati in Inghilterra
da Robert Owen: le esperienze tentate sul continente dalla classe operaia erano
infatti un'applicazione pratica delle teorie non inventate, ma soltanto
proclamate a piena voce nel 1848.
Nel
medesimo tempo, l'esperienza del periodo dal 1848 al 1864 ha provato (xi), al di sopra di ogni dubbio, che il lavoro cooperativo, per
quanto eccellente sia in pratica, limitato in una stretta cerchia di sforzi
parziali di operai isolati, non è in grado di arrestare il progresso geometrico
del monopolio, non è in grado di emancipare le masse e neppure è capace di
alleviare in modo sensibile il fardello della loro miseria. Probabilmente, per
quest'unica ragione, i plausibili nobili, i declamatori filantropi della
classe media, gli economisti arditi in tutti i casi si sono volti
all'improvviso con complimenti nauseabondi al sistema del lavoro cooperativo,
ch'essi avevano invano tentato di diffamare in germe, schernendolo come
un'utopia di sognatori o stigmatizzandolo col nome blasfemo dei socialisti. Il
lavoro cooperativo, per salvare le masse operaie, dev'essere sviluppato in
dimensioni nazionali, e conseguentemente sostenuto da mezzi nazionali. Per ciò
che riguarda il presente, i padroni della terra e del capitale non vogliono che
una cosa: impiegare i loro privilegi politici per difendere e perpetuare i loro
monopoli economici. Non certo vogliono favorire la via dell'emancipazione del
lavoro, anzi, non vogliono se non continuare a frapporle ogni sorta di
ostacoli. Ricordate con quale sogghigno lord Palmerston, nell'ultima sessione,
respinse i promotori del bill suidiritti dei fittavoli
irlandesi. «La Camera dei comuni» gridò «è una camera di proprietari fondiari.»
(10). Proprio per questo la conquista del potere politico è
divenuto il grande dovere della classe operaia. Sembrerebbe che essa l'abbia
compreso, giacché in Germania, in Italia e in Francia sta sorgendo una
rinascita simultanea, e sforzi simultanei (xii) sono stati
fatti per giungere a ricostituire il partito della classe operaia.
Essa
possiede un elemento di successo: il numero; ma il numero non pesa sulla
bilancia se non quando è unito in collettività ed è guidato dalla conoscenza.
L'esperienza ha sufficientemente dimostrato quale vergognoso disprezzo la
disfatta comune dei loro sforzi incoerenti infliggerà a questo legame di
fraternità, che deve esistere tra gli operai dei differenti paesi e deve
incitarli a stringersi con fermezza gli uni agli altri in tutte le loro lotte
per l'emancipazione. Questa idea ispirò gli operai di differenti paesi, riuniti
il 28 settembre 1864 in assemblea pubblica nel St. Martin's Hall, a
fondare l'Associazione internazionale.
In
questa assemblea prevalse ancora un'altra convinzione.
Se
l'emancipazione delle classi operaie esige il loro concorso fraterno (xiii), come possono esse compiere questa grande missione, quando
la politica estera non persegue che disegni criminali e, sfruttando i
pregiudizi nazionali, non fa che sprecare il sangue e i tesori dei popoli in
guerre di rapina? Non fu la saggezza delle classi governanti, ma la resistenza
eroica della classe operaia inglese alla loro follia criminale che salvò
l'occidente europeo dal rischio di gettarsi a corpo morto nell'infame crociata
per perpetuare e propagare la schiavitù dall'altra parte dell'Atlantico (11). L'approvazione vergognosa, la simpatia ironica e
l'indifferenza idiota con le quali le classi superiori dell'Europa assistevano
al franare della fortezza montana del Caucaso, divenuta preda della Russia, e
all'assassinio della Polonia da parte della medesima potenza, le immense usurpazioni,
sopportate senza resistenza, di questa potenza barbarica, la cui testa è San
Pietroburgo e le cui mani sono in tutti i gabinetti ministeriali d'Europa,
hanno imposto alle classi operaie il dovere d'iniziarsi ai misteri della
politica internazionale, di vegliare sugli atti dei loro rispettivi governi, di
opporsi a essi, se è necessario, con tutti i mezzi in loro potere; se è
impossibile prevenirli, è loro dovere coalizzarsi e denunciarli
simultaneamente, e rivendicare le semplici leggi della morale e della giustizia
che devono regolare tanto le relazioni degli individui quanto quelle superiori
dei popoli.
La
lotta per una tale politica estera fa parte della lotta generale per
l'emancipazione della classe operaia.
Proletari
di tutti i paesi, unitevi!
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