L'indagine, fa una radiografia di tutti gli stabilimenti dei Gruppi Fca e Cnh dal punto di vista produttivo, occupazionale e degli investimenti
In fabbrica. Landini: la metà dei dipendenti italiani è in «cassa». In uno studio
sugli stabilimenti italiani si scopre che il 46 per cento delle auto
del gruppo comprate in Italia sono prodotte all'estero. Una chimera la
"piena occupazione" promessa da Marchionne per il 2018

Il tutto
Di più. Cassino e Mirafiori sono ancora senza nuovi modelli e vengono da circa quattro anni di cassa integrazione. Prima di giugno non arriverà nessuna ufficialità sul rilancio dell’Alfa e da lì alla messa in produzione servirà almeno un altro anno e mezzo. «Con il Jobs act il governo punta a ridurre la durata della cassa integrazione e degli ammortizzatori sociali, si rischia quindi che nel 2015 migliaia di lavoratori rimangano per strada
È la logica del piano di Marchionne a fare acqua: «Noi non diciamo che non va bene puntare su modelli di gamma superiore, facciamo però notare che per produrli serviranno meno
In più, a contrastare la bontà della svolta di Marchionne arrivano i dati
L’altro grido di dolore riguarda il capitolo progettazione. Agli Enti centrali di Mirafiori, una volta fiore all’occhiello del Lingotto — «gli ingegneri fanno la spola con Detroit: dei nuovi modelli solo la 500X di Melfi è stata progettata lì, il resto è stato tutto spostato negli Stati Uniti, dal centro d’eccellenza sui motori ibridi, sfruttando i fondi federali, alla progettazione del motore elettrico», spiega Bubbico.
Da sfatare anche il mito della propaganda di Marchionne: «La Fiat non prende più un soldo pubblico». Mica vero: i soldi pubblici arrivano lo stesso, ma in altra forma. «Fra fondi regionali e fondi europei, la Fiat ha avuto 18 milioni di finanziamento per il Campus in Basilicata e 9 milioni per il motore elettrico prodotto dalla Magneti Marelli a Bari».
Il quadro comunque, sottolinea Landini, «è molto variegato, cambia da stabilimento a stabilimento». Ci sono isole perfino felici nell’arcipelago Fiat: «Per esempio va molto bene la parte della Magneti Marelli elettronica, ha assunto nuovi dipendenti con contratto interinale, ma il motivo è presto detto: va bene perché produce anche per i concorrenti della Fiat», spiega sarcastico Landini.
E qui ci si ricollega ad un altro vecchio cavallo di battaglia della Fiom: «Siamo uno dei pochi paesi europei in cui c’è un unico produttore di auto e anche per questo siamo passati dall’essere il decimo produttore mondiale al 24esimo». Una situazione che non muterà nemmeno se Marchionne manterrà la promessa di produrre in Italia le 400mila nuove Alfa entro il 2018. Nel frattempo, per il 2014 la produzione non si discosterà da quota 360mila del 2013, un valore che impallidisce di fronte al milione e 400 mila auto l’anno promesse ai tempi del defunto piano “Fabbrica Italia”.
Anche il resto della produzione non se la passa bene. Se tiene l’Iveco — «a Mantova grazie agli scioperi siamo riusciti ad evitare i rientri il sabato e facciamo invece lavorare tutti» — e la Sevel del Ducato, proprio ieri si è finalmente conclusa la querelle Irisbus di Valle Ufita (Avellino). Il primo stabilimento chiuso da Marchionne nel 2010 è ufficialmente diventato di proprietà dei cinesi di King Long con il passaggio dei 300 lavoratori ex Fiat alla neonata Industria italiana autobus (Iia) che riunisce anche la Bredamenarini di Bologna — gruppo Finmeccanica. «Monteranno componenti cinesi mentre l’Iveco ha spostato le produzioni in Francia e Slovacchia, ma la stessa Iveco va avanti ancora con le commesse pubbliche italiane, una vera vergogna», denuncia Landini.
E allora la Fiom si rivolge nuovamente al governo. «Manca una politica industriale, nessun governo ha mai chiesto niente alla Fiat, è ora che qualcuno lo faccia».
L’ultimo affondo è per il nuovo contratto e gli altri sindacati. «Marchionne aveva detto che voleva uscire da Confindustria per dare salari tedeschi ai dipendenti italiani, ma dal primo gennaio 2015 i dipendenti del gruppo prenderanno meno del minimo stabilito dal contratto nazionale, mentre finora era superiore solo perché hanno spalmato la quattordicesima su tutti i mesi. Forse il governo punta ad estendere a tutti il modello Fiat o Marchionne si riferiva ai minijob tedeschi», scherza Landini.
«L’azienda poi continua con un doppio binario, porta avanti una trattativa con i sindacati firmatari del contratto e uno separato con noi, riducendoci le ore di assemblea. Noi a novembre abbiamo chiesto a Fim e Uilm di eleggere le Rsu, ma ci hanno risposto che se non firmiamo il contratto non sono d’accordo e potrebbero decidere di eleggerle da soli. Sarebbe una novità gravissima: siamo dovuti andare alla Corte Costituzionale per tornare in Fiat, ma questa volta non sarebbe l’azienda, ma gli altri sindacati ad escluderci. Una vera follia che contrasteremo con ogni mezzo», chiude Landini.
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