NORME
SU FEMMINICIDIO E STALKING O PACCHETTO SICUREZZA?
NON
IN NOSTRO NOME!
FIDUCIA
NELLO STATO NON ABBIAMO
NO
ALLA DELEGA, SI ALLA LOTTA E ALL'AUTORGANIZZAZIONE DELLE DONNE.
Il
governo Letta sta facendo un'operazione politica truffaldina (in
continuità con operazioni simili fatti dal governo Monti e prima da
Berlusconi): il provvedimento, presentato da Alfano e approvato dal
consiglio dei ministri come decreto contro femminicidio e stalking,
contiene tutta un'altra serie di provvedimenti che non hanno nulla a
che vedere con il tema ma hanno invece molto a che vedere con
l'ordine, la sicurezza e la repressione di altre manifestazioni.
La
cosa più eclatante e grave è l'inserimento di misure di
rafforzamento della repressione del movimento No Tav, tra
cui vi sono tantissime donne, che prevedono una punizione più severa
per “l'accesso abusivo” nei cantieri della Tav; tra l'altro anche
una vera provocazione, visto che proprio recentemente le forze
dell'ordine nel reprimere e arrestare giovani, donne, compagni/e del
movimento No Tav, ha usato anche molestie e pesanti offese sessuali
verso una donna arrestata, Marta.
Poi
vi sono altre misure, sempre all'insegna di più repressione, più
presenza delle forze dell'ordine, tra cui: estendere
gli arresti differiti nelle manifestazioni sportive; rafforzare e
dare maggiore flessibilità (= più compiti) all'impiego dei militari
sui territori; ecc.
Quindi
se vogliamo parlare delle norme su 'femminicidio e stalking'
innanzitutto pretendiamo la cancellazione dal decreto di tutte le
altre norme e non permettiamo che in nome delle donne si impone un
pacchetto sicurezza da Stato di polizia e moderno fascismo.
In
questi termini respingiamo nettamente questo decreto.
LA
FILOSOFIA DI FONDO
Ma
dobbiamo dire che anche nelle norme su femminicidio e stalking, la
logica generale che le guida è all'insegna del potenziamento del
ruolo di controllo dello Stato – d'altra parte come potrebbe essere
diversamente con un Ministro degli Interni come Alfano, uomo di punta
di Berlusconi accusato e condannato anche per sfruttamento della
prostituzione e “utilizzatore finale”, e che ha recentemente
chiamato come sua collaboratrice proprio in materia di donne
Isabella Rauti, fascista, antiabortista? Questo
decreto crea un clima e una politica non di difesa e aumento dei
diritti da parte delle donne, non di rispetto per le scelte, la vita,
l'autodeterminazione delle donne, non di più libertà, ma di messa
sotto controllo e “tutela” delle donne, quindi di minore libertà.
Questo rende questo
decreto - al di là di singole misure che in parte già erano
presenti ma inapplicate, in parte sono inevitabili di fronte a
un'emergenza oggettiva – non accettabile anche dal movimento delle
donne.
Nella
mobilitazione nazionale del 6 luglio a Roma le donne hanno detto: “NO
all'intensificazione della presenza/controllo di Forze dell'ordine:
polizia, carabinieri, ecc. nelle città, nelle strade – non
vogliamo che gli stessi che contro i movimenti sociali, nelle
carceri, nei Cie, usano anche stupri e molestie, offese sessuali
contro le donne, che ci manganellano nelle lotte, siano messi a
“difenderci”; NO a Task force che alimentano un clima
securitario, di controllo sociale nelle città che si traduce in
minore libertà, meno diritti per le donne; NO alla trasformazione
dei processi per stupro in atti d’accusa e indagine sulla “morale”
delle donne; NO a consultori o centri confessionali trasformati in
luoghi di controllo/repressione delle scelte delle donne...”.
“Uno
Stato, che sempre più fa una giustizia sostanzialmente
pro-stupratori e ha forze dell'ordine strutturalmente impregnate di
maschilismo, fascismo e sessismo e in caso di immigrate anche
razzismo, non può difendere le donne! Governi di centro destra come
di centro sinistra che continuano ad attaccare le condizioni di vita
e di lavoro della maggioranza delle donne, non possono difendere le
donne da femminicidi e dagli stupri!”
E,
sarà una mera coincidenza, ma proprio negli stessi giorni in cui il
governo ha approvato queste norme contro femminicidi e stalking, il
Tribunale de L'Aquila ha concesso la libertà di uscire per lavoro
(dopo già la condanna vergognosa degli arresti domiciliari) all'ex
militare Tuccia stupratore e quasi assassino di “Rosa”.
NEL
MERITO
Pur
considerando, e su questo sono le donne che lo hanno per prima e
sempre denunciato, che le violenze, i femminicidi avvengono
soprattutto in famiglia o nelle relazioni personali, questo decreto
introduce, oltre l'aggravante se l'autore della violenza è il
coniuge anche se separato o divorziato o il partner pure se non
convivente, altre aggravanti - se alla violenza assiste un minore di
18 anni o se la donna è incinta – che guardano non alla gravità
del reato nei confronti della donna ma di fatto al ruolo delle donne nella famiglia,
derubricando oggettivamente le violenze sessuali in tutti gli altri
ambiti (posti di lavoro, “strade”, carceri, ecc.) e per le altre
donne non inquadrabili nel sistema famiglia – guarda caso, ma, per
esempio, queste norme parlano poco di “stupri”.
Altre
misure sono necessarie, come: le forze di polizia potranno buttare
fuori di casa, con urgenza, il coniuge violento, impedendogli di
avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla donna; l'arresto
obbligatorio in flagranza per maltrattamenti contro familiari e
conviventi o per stalking; la corsia preferenziale; il gratuito
patrocinio; la protezione dei testimoni; la procedibilità anche su
denuncia di terzi; il permesso di soggiorno per motivi umanitari ai
cittadini stranieri che subiscano violenze di questo tipo.
MA
SU QUESTO LE DONNE NON POSSONO AVERE FIDUCIA E DELEGARE ALLO STATO.
Già
ora alcune misure utili vi erano, ma gestite da questo Stato, dalle
forze dell'ordine, da questa Magistratura, da centri antiviolenza
istituzionali o non vengono applicate o diventano anch'esse strumenti
di violenza della volontà delle donne – vedi l'andamento dei
processi.
Le
donne vengono considerate come “vittime” al massimo da “tutelare”
e non come soggetti attivi, principali nella battaglia contro
femminicidi e stupri; anzi quando lo sono, con le lotte, le si vuole
riportare ad una condizione di “delega” alle istituzioni o le si
reprime. Si vuole soffocare, impedire il protagonismo delle donne, la
ribellione delle donne, e nascondere che “gli uomini che odiano le
donne” sono una reazione oggi anche al fatto che le donne, in quanto
donne, vogliano decidere della propria vita.
Quindi,
anche là dove, si vogliono introdurre norme utili, SENZA LA LOTTA E
L'AUTORGANIZZAZIONE DELLE DONNE, diventano inutili e anche
controproducenti.
Per noi donne, anche alcune rivendicazioni necessarie che vogliamo
strappare subito o sono gestite e interne alla necessaria “guerra
delle donne” contro la “guerra di bassa intensità” che subiamo
continuamente, o ci si ritorcono contro.
Solo
la lotta delle donne contro “gli uomini, i governi, gli Stati che
odiano le donne”, solo l'autorganizzazione delle donne, solo
l'unità, la solidarietà delle donne, possono essere una diga contro
femminicidi e stupri, possono essere una forza che “fa paura” e
esercita, utilizzando anche un'azione diretta, una sorta di
“contropotere”.
Tornando
alle norme. In alcuni casi vogliono toccare solo alcuni aspetti, ma
volutamente restano in superficie, vedi la questione dei processi, in
cui si parla di “corsia preferenziale” ma nulla si dice su come
vengono svolte le udienze, sulla doppia violenza che vi devono subire
le donne, e soprattutto nulla si dice per impedire le scandalose
condanne anche di questi ultimi mesi, non considerando esplicitamente
le violenze sessuali contro le donne tra i reati più gravi.
In
altri casi, la “tutela” diventa uno strumento di oppressione,
vedi il divieto del ritiro della querela, che potrà avere come
risultato la rinuncia delle donne a farla.
Nel
decreto si parla, poi, di potenziare i centri antiviolenza e i
servizi di assistenza, formare gli operatori.
Questo
nel momento in cui si tagliano le risorse ai centri autogestiti
direttamente da associazioni di donne, fa capire, lì dove dalla
parole, per ora generiche, si passasse ai fatti, che verrebbero
incrementati e finanziati solo i centri istituzionali.
Infine
il governo, andando indietro anche alla stessa Convenzione di
Istanbul, nulla dice contro
le discriminazioni, oppressioni, contro le condizioni di vita che
sono alla base delle violenze sessuali e femminicidi.
Il
6 luglio noi abbiamo parlato di: lavoro
per tutte le donne; reddito minimo garantito a tutte le donne perchè
la dipendenza economica non sia di ostacolo alla rottura di legami
familiari; trasformazione a tempo indeterminato dei contratti
precari; pari salario a pari lavoro; nessuna persecuzione delle
prostitute, diritti di tutte ai servizi sociali e al reddito minimo
garantito; divieto di indagine su condizione matrimoniale, di
maternità, di orientamento sessuale, per assunzioni o licenziamenti;
diritto di cittadinanza e uguali diritti lavorativi, salariali e
normativi per le donne immigrate; riduzione dell'orario di lavoro a
parità di salario – abbassamento dell’età pensionabile delle
donne, come riconoscimento del doppio lavoro; accesso gratuito per le
donne ai servizi sanitari e sociali; socializzazione/gratuità
dei servizi domestici essenziali: asili, sanità, servizi di
assistenza per anziani; “case” delle donne autogestite, ecc.
Su questo
non solo Letta come gli altri che lo hanno preceduto non dice niente,
ma i governi sono direttamente responsabili della condizione di
doppio sfruttamento e oppressione delle donne.
PER
TUTTO QUESTO, QUESTO DECRETO NON SOLO NON DEVE FERMARE, MA DA PIU'
RAGIONE A QUANTO ABBIAMO DETTO NELLA MOBILITAZIONE DEL 6 LUGLIO A
ROMA:
NON
VOGLIAMO DELEGARE, NON ABBIAMO FIDUCIA IN QUESTO STATO.
RIBELLIONE,
LOTTA, AUTORGANIZZAZIONE DELLE DONNE.
PER
UNA RIVOLUZIONE DI CLASSE E DI GENERE CHE SPAZZI VIA QUESTO SISTEMA
SOCIALE CHE E' LA CAUSA NON LA SOLUZIONE DELLA CONDIZIONE DELLE
DONNE.
CONTINUIAMO
A LAVORARE SEMPRE PIÙ PER UNA GROSSA MANIFESTAZIONE A ROMA IN
AUTUNNO E PER LO SCIOPERO DELLE DONNE CONTRO GLI UOMINI, I GOVERNI, I
PADRONI, GLI STATI CHE ODIANO LE DONNE.
Movimento
Femminista Proletario Rivoluzionario
mfpr.naz@gmail.com
9.8.13
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