“Ergastolo per i manifestanti di Gezi Park”
“Per i
manifestanti che protestano contro il governo ci vuole l’ergastolo”
tuona il vicepresidente del partito di Erdogan, mentre il direttore
della redazione del quotidiano Milliyet viene cacciato perché critico
col governo.
Per i manifestanti di Gezi Park, che per settimane sono scesi in piazza contestando il premier turco Recep Tayyip Erdogan e il suo partito, ci vorrebbe l'ergastolo: lo ha affermato il vicepresidente del partito liberal-islamista Akp, Mehmet Ali Sahin. ''La protesta di Gezi Park dovrebbe essere considerata un crimine contro il governo, e punito con la detenzione a vita'' ha affermato durante un intervento shock alla tv pubblica Trt News. Secondo il dirigente islamista i manifestanti ''volevano mandare via il governo e quindi ''dovrebbero essere perseguiti in base all' articolo 312 del codice penale turco'', che punisce i ''crimini contro il governo''. Il vicepresidente del principale partito di opposizione, il repubblicano Chp, Haluk Koc, gli ha chiesto polemicamente: ''vuole mettere metà del paese in carcere, signor Sahin?''.
In attesa di poter condannare a pesanti pene detentive alcune migliaia di persone arrestate negli ultimi mesi e accusate di pesantissimi reati, continua la purga governativa all’interno dei media turchi. L’ultima vittima è stato un noto giornalista, il direttore della redazione del quotidiano Milliyet, Can Dundar, licenziato per aver criticato il premier. Secondo il quotidiano di sinistra Radikal da quando sono iniziate le manifestazioni anti-Erdogan a fine maggio ad oggi sono stati licenziati o spinti alle dimissioni ben 80 giornalisti, alcuni dei quali anche in posizioni considerevoli. ''Ormai tutti sanno il motivo del mio licenziamento'' ha detto Dundar dopo aver ricevuto la notizia della sua cacciata, riferisce Sol, altro quotidiano di sinistra. ''Non sono il primo e non sarò l’ultimo'' e ancora, ''non stiamo soltanto perdendo il lavoro, ma stiamo anche per perdere questa professione''. La storia, ha aggiunto, mostra ''che nessuna pressione ingiusta può mettere a tacere una voce giusta. Continueremo a scrivere e a parlare fino a quando riusciremo a costruire un paese libero e una stampa libera''.
Ma in queste ore l’Akp e il blocco di potere che sostiene Erdogan sono alle prese con l’ennesimo scandalo per nepotismo, questa volta all'università ''Recep Tayyip Erdogan'' (si, si chiama proprio così!) di Rize. La stampa ha infatti rivelato che su un bando pubblico per l'assegnazione di sei cattedre, alla fine della descrizione dei requisiti figuravano i nomi di sei persone già scelte dal consiglio di amministrazione, lista che l’incuria di qualche burocrate ha lasciato nell’edizione da diffondere. Il rettore Arif Yilmaz ha reagito allo scandalo affermando che i nomi erano stati pubblicati ''per errore'' e che sarebbe stata aperta una ''inchiesta amministrativa'' sulla vicenda. L'Associazione Medica Turca (Ttb) ha denunciato però che la 'gaffe' della 'Università Recep Tayyip Erdogan' é sintomatica della piaga delle assunzioni arbitrarie nelle università turche.
Per i manifestanti di Gezi Park, che per settimane sono scesi in piazza contestando il premier turco Recep Tayyip Erdogan e il suo partito, ci vorrebbe l'ergastolo: lo ha affermato il vicepresidente del partito liberal-islamista Akp, Mehmet Ali Sahin. ''La protesta di Gezi Park dovrebbe essere considerata un crimine contro il governo, e punito con la detenzione a vita'' ha affermato durante un intervento shock alla tv pubblica Trt News. Secondo il dirigente islamista i manifestanti ''volevano mandare via il governo e quindi ''dovrebbero essere perseguiti in base all' articolo 312 del codice penale turco'', che punisce i ''crimini contro il governo''. Il vicepresidente del principale partito di opposizione, il repubblicano Chp, Haluk Koc, gli ha chiesto polemicamente: ''vuole mettere metà del paese in carcere, signor Sahin?''.
In attesa di poter condannare a pesanti pene detentive alcune migliaia di persone arrestate negli ultimi mesi e accusate di pesantissimi reati, continua la purga governativa all’interno dei media turchi. L’ultima vittima è stato un noto giornalista, il direttore della redazione del quotidiano Milliyet, Can Dundar, licenziato per aver criticato il premier. Secondo il quotidiano di sinistra Radikal da quando sono iniziate le manifestazioni anti-Erdogan a fine maggio ad oggi sono stati licenziati o spinti alle dimissioni ben 80 giornalisti, alcuni dei quali anche in posizioni considerevoli. ''Ormai tutti sanno il motivo del mio licenziamento'' ha detto Dundar dopo aver ricevuto la notizia della sua cacciata, riferisce Sol, altro quotidiano di sinistra. ''Non sono il primo e non sarò l’ultimo'' e ancora, ''non stiamo soltanto perdendo il lavoro, ma stiamo anche per perdere questa professione''. La storia, ha aggiunto, mostra ''che nessuna pressione ingiusta può mettere a tacere una voce giusta. Continueremo a scrivere e a parlare fino a quando riusciremo a costruire un paese libero e una stampa libera''.
Ma in queste ore l’Akp e il blocco di potere che sostiene Erdogan sono alle prese con l’ennesimo scandalo per nepotismo, questa volta all'università ''Recep Tayyip Erdogan'' (si, si chiama proprio così!) di Rize. La stampa ha infatti rivelato che su un bando pubblico per l'assegnazione di sei cattedre, alla fine della descrizione dei requisiti figuravano i nomi di sei persone già scelte dal consiglio di amministrazione, lista che l’incuria di qualche burocrate ha lasciato nell’edizione da diffondere. Il rettore Arif Yilmaz ha reagito allo scandalo affermando che i nomi erano stati pubblicati ''per errore'' e che sarebbe stata aperta una ''inchiesta amministrativa'' sulla vicenda. L'Associazione Medica Turca (Ttb) ha denunciato però che la 'gaffe' della 'Università Recep Tayyip Erdogan' é sintomatica della piaga delle assunzioni arbitrarie nelle università turche.
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