Il
Vertice europeo tenutosi a fine giugno, salutato come una vittoria di
Italia e Spagna sostenuti dalla Francia e come una sconfitta parziale
della Merkel, non può ancora essere considerato un passaggio
concreto e importante dei governi europei per fronteggiare in
condizioni di maggiore unità la crisi finanziaria che li attraversa.
Esso va visto da diversi lati.
Il
rapporto tra i diversi paesi europei; il rapporto all'interno dei
paesi europei; il quadro generale del rapporto tra governi, proletari
e masse popolari in Europa.
Il
rapporto tra i diversi paesi europei.
E'
chiaro che con la caduta di Sarkozy si è temporaneamente indebolito
l'asse franco-tedesco che finora era stato un punto di forza
soprattutto per il governo tedesco che tramite questo asse aveva
imposto la sua politica. Il cosiddetto “Merkozy” non è
riconvertibile a breve in un “Merkhollande”. Questo ha
incoraggiato nel Vertice l'azione dei governi italiano e spagnolo nel
pretendere un maggiore e meno oneroso sostegno come contropartita
alle politiche di rigore che essi stanno sviluppando. In questo
senso, effettivamente, i governi spagnolo e italiano hanno ottenuto
un risultato sulla carta che è concentrato nei punti del 'meccanismo
salva spread' e nel 'Fondo salva Stati', vale a dire un intervento
vicino all'automatismo nell'utilizzo e l'accesso a questo Fondo per
fronteggiare la speculazione e ricapitalizzare il sostegno al sistema
bancario ogni volta che esso fosse in grave difficoltà. Se questo
però sarà effettivamente attuato sarà da vedere, perchè
nell'accordo le parole “in modo flessibili ed efficace” si
prestano ad interpretazioni in cui il bastone di comando è ancora
essenzialmente nelle mani della Germania.
Il
Vertice ha prodotto anche un'apertura verso gli Eurobond nella forma
definita di projetbond che dovrebbero servire a finanziare lavori
infrastrutturali, sostanzialmente un piano di crescita fondato quasi
esclusivamente su questa voce. Su questo ha pesato il parziale
cambiamento di politica del governo Hollande, più vicino
all'impostazione Eurobond rispetto al governo Sarkozy. In questo
senso la Merkel ha dovuto fare dei passi indietro rispetto ad
affermazioni rigide delle settimane scorse. Questo si è riflesso
subito sul piano interno in Germania nei movimenti interni al
parlamento. Alcuni deputati della maggioranza Merkel si sono
dissociati, rimpiazzati da parlamentari dell'opposizione Spd che
sostengono la politica approvata dalla Merkel al Vertice. Queste
modifiche nei rapporti tra governi è troppo presto per vedere se
riflettono dei cambiamenti politici reali.
Il
rapporto all'interno dei paesi europei.
All'interno
di questi paesi i governo italiano, spagnolo e il nuovo francese
hanno segnato un punto a favore nel compattamento delle loro
maggioranze parlamentari e anche del loro legame di sistema interno,
padroni, banche, ecc., mentre abbiamo già detto che il governo
tedesco attraversa ora una fase di minore compattamento interno.
L'Europa
nel suo insieme trae un vantaggio da questo passaggio nella contesa
generale internazionale perchè dà un segno di maggiore unità
interna . Se questo costituisca un segnale verso una maggiore
integrazione e unità come blocco è ancora troppo presto per
valutarlo.
Il
quadro generale del rapporto tra governi, proletari e masse popolari
in Europa.
Sotto
questo punto di vista il Vertice ha segnato una vittoria della
borghesia e un fatto molto negativo per i proletari e le masse
popolari.
Come
considerazione generale vale quella da noi sostenuta da sempre: nella
crisi la borghesia scarica sui proletari e le masse popolari gli
effetti di essa per salvaguardare sistema e profitti e i proletari
sono vittime sacrificali sull'altare della salvaguardia e ripresa dei
profitti. Ogni passo che va in questa direzione indebolisce i
proletari e rafforza la borghesia. I proletari non hanno alcun
interesse all'uscita della crisi da parte della borghesia, bensì al
suo approfondimento perchè l'unica uscita dalla crisi che sia a
vantaggio dei proletari è quella che comporta il rovesciamento della
borghesia e l'uscita dal capitalismo.
Il
Vertice conferma in pieno questa visione. I governi italiano e
spagnolo hanno potuto contare sulla forza che gli è venuta
dall'essere riusciti a realizzare all'interno quelle cosiddette
“riforme” che attaccano a fondo i proletari e le masse popolari.
In
Spagna l'unica controtendenza che è emersa nella realtà attuale è
la grande lotta dei minatoti delle Asturie, che fronteggiano con
una forte resistenza Stato, padroni e governo in un quadro di scontro
sociale dal quale sono spariti gli “indignados” e le cosiddette
forze di opposizione di sinistra – non va considerata parte di
queste, il partito socialista dell'ex Zapatero che ha passato
facilmente la mano al nuovo governo perchè ne condivide la politica
e gli interessi dei fondo.
In
Italia la situazione è ancora peggio che in Spagna. Monti è
risultato il vincitore morale e pratico di questo Vertice e il suo
peso è dovuto dall'essere riuscito a far passare manovre economiche
antioperaie e antipopolari, la strategica riforma delle pensioni e la
ancora più strategica riforma del lavoro e attacco all'art. 18.
Monti diventa un gigante in Europa grazie al blocco sociale che lo
sostiene di padroni, partiti parlamentari e sindacati confederali e
grazie alla mancanza di resistenza e rivolta sociale da parte degli
operai e delle masse popolari. La vittoria di Monti e dell'Italia al
Vertice è la certificazione attuale della sconfitta dell'Italia
proletaria che paga, essa sì, con lacrime e sangue il costo della
crisi, opponendo ad essa una troppo debole resistenza.
Il
passaggio di governo da Berlusconi a Monti è stato salutare per la
borghesia e ha ricollocato l'attuale governo dei padroni al Tavolo
dei grandi d'Europa con ruolo attivo, mentre è stato tutto il
contrario per i proletari e le masse popolari. Al decadimento umano,
politico e morale di Berlusconi e del suo governo che hanno
manifestato il massimo momento di debolezza per la borghesia nel suo
insieme, ha fatto posto un governo forte con le mani libere che ha
tradotto in pratica finora il moderno fascismo come dittatura dei
tecnici e ha fatto passare senza colpo ferire un'azione del governo
che colpisce al cuore la condizione operaia e proletaria, le
conquiste realizzate negli anni, e di cui l'art. 18 ne è giustamente
un simbolo.
Ogni
rafforzamento del governo nella crisi cammina solo sull'indebolimento
del proletariato e nella sua mancanza di resistenza sociale e
politica.
Il
Vertice di Bruxelles incoraggia le borghesie europee ad andare avanti
per le loro strade, comunque si chiamino i loro governi e comunque
sia la maggioranza che li sostiene. Sono tutti sostanzialmente
governi di unità nazionale cioè 'comitati d'affari' e apparati
repressivi di Stato.
Il
governo Monti incoraggiato dal Vertice prepara per i prossimi giorni
una nuova devastante manovra che dietro la formula inglese dello
“spending revew” cela i feroci tagli alla greca anche se noi non
siamo nelle condizioni della Grecia.
Il
nuovo attacco alla sanità, al Pubblico Impiego non sono attacchi
settoriali ma un ulteriore anello della trasformazione reazionaria
dello Stato e del rapporto Stato-spesa sociale, condizione di vita
dei proletari e delle masse.
Se
pure pezzi di questa denuncia vengono sviluppati da parte del
movimento sindacale e parte della sinistra di opposizione, è il
quadro d'insieme della situazione che viene negato, oscurato,
annacquato, e di conseguenza, al di là delle parole, non combattuto
realmente.
La
riforma delle pensioni non doveva passare, la riforma del lavoro e
l'attacco all'art. 18 non dovevano passare, la nuova riforma spending
revew che si annuncia non deve passare; così come in fabbrica non
doveva passare il piano Marchionne e il dilagare del fascismo
padronale, né doveva passare l'utilizzo sistematico dello Stato di
polizia, delle denunce, gli arresti, le multe, le persecuzioni che
colpiscono quotidianamente chi si oppone, dai No Tav ai disoccupati
di Taranto, dagli operai immigrati di Basiano ai movimenti sul
territorio, per finire agli studenti, agli antifascisti.
Ma
tutto questo è finora passato. Governo, padroni e Stato non hanno
pagato alcun serio prezzo politico. Per questo la situazione, invece
che migliorare, peggiora.
I
livelli di coscienza degli operai e delle masse popolari non sono
certo cresciuti.
Alcune
lotte, lamenti, rabbia, indignazione, astensionismo elettorale
testimoniano che un potenziale di lotte e ribellione certo esiste
così come esiste una disponibilità dei proletari e delle masse a
rispondere con la lotta, e anche con più della lotta, all'attacco
frontale di cui sono vittime, ma pesa la mancanza di strumenti anche
elementari per una risposta generale.
La
mancanza di questi strumenti non dipende principalmente da condizioni
oggettive, ma da condizioni soggettive e dalle forme organizzative
che tuttora esistono nelle fila del proletariato e delle masse
popolari: sindacati saldamente dalla parte del padrone, Cisl, Uil, e
sindacati saldamente a difesa dello Stato e dell'interesse generale
dei padroni, anche quando hanno contraddizioni con il governo o con
singole scelte dei padroni.
Il
ruolo della Cgil della Camusso nella marcia devastante dello
scaricamento della crisi sui proletari è dannoso quanto e più dei
sindacati apertamente dei padroni, perchè esso è volto ad una
concertazione dall'esterno che fa da collante decisivo per far
passare l'azione di padroni e governo.
Il
ruolo ambiguo della Fiom di Landini, con un piede dentro e un piede
fuori, resta un anello debole della resistenza operaia e della
ripresa della lotta generale necessaria.
L'incomprensione
delle forze dell'opposizione sindacale più radicale e dei movimenti
della natura e delle forme con cui condurre questo scontro non
contribuisce a costruire, nonostante gli sforzi, il punto forte della
controffensiva. Non si comprende né si vuole comprendere che per
misurarci con padroni, governo, Stato bisogna vincere la lotta tra
le due linee e la “guerra civile” nella classe operaia, nei
movimenti di massa contro le posizioni e le aggregazioni opportuniste
e riformiste di cui sono parte i vari trasformismi della sinistra ex
parlamentare, i Casarini, Bernocchi, ecc.
Non
è e non deve essere l'unità la bandiera della lotta attuale, ma la
lotta per un'unità basata sulla chiarezza della battaglia da fare e
della partita in gioco. Serve l'unità dei comunisti ma per un
partito autenticamente rivoluzionario in teoria e prassi, serve
l'unità per un sindacato di classe e di massa ma andando oltre le
forme attuali del sindacalismodi base e della anaomalia FIOM, serve
l'unità per un fronte unito proletario e popolare che metta la lotta
e il combattimento al centro della sua azione.
Se
dovessimo guardare all'esito del Vertice europeo, sul piano oggettivo
non potremmo che essere fortemente ottimisti, le soluzioni economiche
di questo Vertice non hanno futuro. Come qualcun giustamente segnala,
sono soluzioni già avanzate negli Stati Uniti in condizioni che là
possono naturalmente funzionare meglio ma che non stanno contenendo
la crisi e ne preparano un nuovo sviluppo, sotto certi versi
drammatico per l'economia mondiale. L'Europa segue la strada degli
USA in condizioni nettamente peggiori e quindi le “storiche”
misure approvate nell'ultimo Vertice si riveleranno anche a breve
tutte “chiacchiere e distintivo”. Ma chiaramente questo ottimismo
ci serve solo per affermare che ci sono tuttora, e in futuro possono
crescere, le condizioni perchè i proletari e le masse popolari
rispondano adeguatamente. Ogni segnale in questa direzione, qualunque
sia il paese da cui provenga, deve essere visto come incitamento e
indicazione – vedi l'attuale grande sciopero dei minatori
Asturiani, ma anche lo sciopero degli studenti del Quebec, così come
le centinaia di focolai presenti in tutti i paesi compreso il nostro.
Il
governo Monti marciando lungo la sua strada semina vento e può
raccogliere tempesta e ogni passo della sua marcia può essere sempre
la 'scintilla che incendia la prateria'.
Proletari
comunisti- PCm Italia
3
luglio 2012
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