martedì 3 luglio 2012

pc 3 luglio - nelle caserme si muore a sant'anastasia - iniziativa contro gli sbirri assassini


In attesa di giudizio, si impicca in caserma - a processo perchè evaso per andare in piscinaNella struttura dei carabinieri del comune vesuviano di sant'Anastasia. Era in camera di sicurezza da ieri
Un detenuto in attesa di essere giudicato con rito direttissimo, Michele Pavone, di 29 anni, si è suicidato nella caserma dei carabinieri di Sant'Anastasia, nel vesuviano, impiccandosi con una maglietta.

L'uomo era nella camera di sicurezza da ieri pomeriggio dopo l'arresto per evasione dai domiciliari. Aveva trascorso la nottata tranquillo, nulla lasciava presagire la tragedia.

Sono stati inutili i tentativi di rianimazione da parte dei militari presenti nella caserma, che si sono accorti dell'accaduto durante uno dei controlli periodici. La morte di Michele Pavone è avvenuta per auto-soffocamento. Il ventinovenne ha utilizzando la sua t-shirt.  Sul posto il medico legale insieme al pm della Procura di Nola (Napoli).

Secondo una ricostruzione dell'Ansa, Pavone era evaso dai domiciliari per fare un tuffo nella piccola piscina gonfiabile nei pressi della propria abitazione in via Romani Costanzi, ai confini tra Sant'Anastasia e Pollena Trocchia.

I parenti sono stati chiamati dai carabinieri e si sono recati nella stazione di via Antonio D'Auria dove ancora c'è il corpo del giovane, nel posto dove era stato rinchiuso in attesa di essere giudicato. Pavone era agli arresti domiciliari per un furto in un supermercato di Casalnuovo,
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 "Togliete la divisa di poliziotto a chi viene condannato"

Dopo la pronuncia definitiva della Cassazione sugli imputati per la morte di Federico Aldrovandi nasce una petizione per allontanare chi deve scontare anche a meno di quattro anni. Fra i firmatari anche le famiglie Giuliani, Cucchi, Uva e don Gallo

I famigliari di Stefano Cucchi, Giuseppe Uva e Michele Ferulli, ma anche personalità come don Andrea Gallo, artisti come Valerio Mastandrea, scrittori come Erri De Luca, gli ex sottosegretari alla Giustizia Luigi Manconi e Franco Corleone sono i firmatari di una petizione per allontanare automaticamente dalle forze dell'ordine chi viene condannato in via definitiva anche a meno di quattro anni. Lo spunto nasce dalla vicenda di Federico Aldrovandi, il ragazzo 18enne di Ferrara per la cui morte, ha stabilito la Cassazione, sono responsabili quattro agenti che intervenirono all'alba del 25 settembre. Sono stati condannati a tre anni e sei mesi, gran parte dei quali scontati dall'indulto.

Nella petizione - lanciata da Patrizia Moretti e Lino Aldrovandi, e il comitato "Verità per Aldro" - viene richiesto che vengano determinate urgentemente modalità di riconoscimento degli appartenenti delle forze dell'ordine in servizio, come avviene peraltro in molti paesi europei. Si chiede pure il rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite del 1984 contro la tortura e le altre pene o trattamenti inumani, crudeli o degradanti, ratificata dall'Italia nel 1988, introducendo anche nell'ordinamento italiano il reato di tortura.

Il Viminale, nei giorni scorsi, aveva detto di
attendere la pubblicazione della sentenza prima di sanzionare i quattro agenti.

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