giovedì 18 dicembre 2025

pc 18 dicembre - Venerdì 19 dicembre all’udienza finale del processo a L'Aquila in tanti per sostenere Anan, Ali e Mansour".

Intervento della compagna de L'Aquila di Soccorso rosso proletario alla manifestazione a Melfi in cui ha fatto appello ad essere in tanti domani al presidio a L'Aquila al processo contro Anan, Alì e Mansour

Durante la manifestazione a Melfi vi è stato un collegamento con il presidio di Rossano Calabro "in solidarietà ad Ahmad Salem, un ragazzo palestinese di 24 anni, arrestato mentre andava a chiedere asilo politico, per il cosiddetto “terrorismo della parola”, un reato introdotto con un recente decreto di questo governo fascista per reprimere il dissenso e la solidarietà alla Palestina, come quello che stanno preparando adesso, che equipara antisionismo ad antisemitismo.

Ahmad Salem è accusato di “autoaddestramento” per avere avuto, nel telefono che gli hanno illegalmente sequestrato, un video trasmesso anche dalla RAI sul genocidio in corso in Palestina, e per aver invitato, soprattutto i paesi arabi, a mobilitarsi per fermarlo!

Il caso di Ahmad Salem purtroppo non è un caso, ma si inserisce a pieno nel solco scavato dal processo ad Anan, Ali e Mansour.

Un processo alla resistenza del popolo palestinese, la cui traiettoria era chiara già in fase embrionale, con la richiesta, accolta dal governo italiano, di estradizione di Anan verso Israele, e poi con il rinvio a giudizio, con l’accusa di “terrorismo”, anche di Ali e Mansour, nonostante la sentenza della Corte di Cassazione del luglio 2024.

Un processo che sin dal suo inizio, dal 2 marzo 2025, ha visto la procura dell’Aquila infischiarsene delle decisioni precedenti dell’autorità giudiziaria italiana e spalancare di nuovo la porta ai servizi israeliani, chiedendo di far rientrare nel fascicolo del dibattimento i verbali degli interrogatori subiti da 22 prigionieri palestinesi di Tulkarem da parte dello Shin Bet prima e della polizia giudiziaria poi. Di questi 22 interrogatori, a cui sono stati sottoposti altrettanti ragazzi palestinesi arrestati, deportati e processati in corte marziale da Israele in assenza di qualsiasi garanzia difensiva, solo 7 sono stati esclusi in prima battuta dal dibattimento, in quanto sui loro verbali c’era scritto, nero su bianco e per decreto, che non avrebbero avuto neanche la possibilità di telefonare a un avvocato.

I restanti 15 interrogatori sono stati esclusi dal dibattimento solo successivamente, per ricorso della difesa, e solo per l'impossibilità di identificarne la fonte, ossia l'identità degli agenti dello Shin Bet che li avevano redatti. Non per le torture sistematiche e acclarate, praticate soprattutto dallo Shin Bet, ma per solo vizio procedurale quindi!

Un processo sin dall’inizio caratterizzato dall’oltraggio al diritto di difesa. Di 47 testimoni proposti ne sono stati ammessi solo 3, per lo più irrilevanti e relativi ad un solo imputato. A nessuno dei 3 sarebbe stato in ogni caso consentito di riferire sul contesto di violenza coloniale in Cisgiordania.

Quella violenza praticata anche dai coloni israeliani, che in questo processo vorrebbero far passare come "civili”, anche se civili non sono, e lo abbiamo visto anche nelle ultime udienze. Si tratta di riservisti, ex militari dell’esercito israeliano che girano armati e svolgono funzioni di polizia insieme all’esercito, squadre paramilitari strettamente collegate con l’esercito da un coordinatore nominato dall’esercito. Storicamente, lo stesso stato di Israele è stato fondato col terrorismo di queste bande paramilitari che poi sono state integrate nell’esercito israeliano. Quindi è lo stato sionista che si fonda sul terrorismo, e non la resistenza ad esso.

Ci sono state varie udienze, ma in queste udienze la voce della difesa, la stessa voce di Anan è stata ostacolata, minimizzata, a volte addirittura derisa.

Ammessa a parlare del contesto coloniale in Cisgiordania la sola Digos dell’Aquila, fino a quando non è stata esplicitamente tirata in ballo dalla procura, e ammessa al dibattimento, la testimonianza dell’ambasciata israeliana. Il 21 novembre l’accusatore mostra il suo vero volto, lo stato sionista di Israele. Non chi subisce l’occupazione, ma chi la pratica, chi ha torturato Anan, chi ha ucciso centinaia di migliaia di civili palestinesi. E mentre a noi veniva proibito di indossare una kefiah, di mostrare una bandiera palestinese, alla funzionaria dell’ambasciata israeliana - che tra l’altro si è collegata da remoto, mentre al teste della difesa ammesso in controprova non è stata data la possibilità di fare altrettanto – è stato consentito di fare la sua dichiarazione scontata con alle spalle la bandiera israeliana bene in vista. E questo nonostante Anan avesse chiesto, prima della sua apparizione, di non far entrare la bandiera israeliana in aula.

L’ultima udienza, dopo l’audizione del secondo e ultimo teste della difesa, è stata pietosa e sfibrante: quattro ore di requisitoria dell’accusa occupate a rileggere gli atti del teorema, come se non ci fosse stato mai un processo. Senza considerare inoltre la decisione della Corte di Cassazione, che a luglio 2024 aveva disposto la liberazione di Ali e Mansour per assenza di indizi, la PM ha chiesto il massimo della pena per tutti e tre, e per Anan addirittura sono stati chiesti 12 anni, 4 in più di quanti gliene ha inflitto Israele per la partecipazione alla seconda intifada.

Per questo il 19 dicembre a L’Aquila, in occasione dell’udienza finale del processo, dobbiamo essere in tanti a sostenere Anan, Ali e Mansour".

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