.....ben prima
che diventasse un disegno di legge o una norma giuridicamente
applicabile
Abdel Nasser Ferwana * | palestine-studies.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
09/12/2025
Ritorniamo alla questione dell'esecuzione dei prigionieri palestinesi, poiché la legislazione israeliana è tornata nuovamente al centro del dibattito pubblico. Lunedì 3 novembre, la Commissione per la Sicurezza Nazionale della Knesset ha approvato in via preliminare un disegno di legge che consentirebbe la pena di morte e ne renderebbe obbligatoria l'applicazione per i prigionieri palestinesi che l'occupazione israeliana classifica come "prigionieri di sicurezza". Questi individui sono etichettati da Israele come "terroristi e assassini" e bollati con la descrizione "mani sporche di sangue". Sono condannati per aver compiuto attacchi contro obiettivi israeliani che hanno causato la morte di israeliani, con motivazioni che Israele definisce nazionalistiche o razziali.
Il disegno di legge, presentato dal membro della Knesset Limor Son Harmelech del partito di estrema destra Otzma Yehudit (Forza Ebraica), guidato dal ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir, è stato poi deferito alla plenaria della Knesset per la discussione e la votazione nelle tre letture necessarie affinché diventi legge applicabile nei tribunali israeliani.
L'11 novembre, l'assemblea plenaria della Knesset ha approvato il disegno di legge in prima lettura, una mossa che ha scatenato un'ondata di condanne per le implicazioni di una legge che consente l'esecuzione dei prigionieri e per le sue conseguenze di vasta portata.
Israele ha fatto ricorso alla pena di morte, sia legalmente che nella pratica, sin dalla sua fondazione nel 1948. Ciò è iniziato con l'eredità delle leggi del Mandato britannico in Palestina, che includevano la pena di morte, come i Regolamenti di emergenza del 1945, seguiti dalla Legge per il processo ai nazisti e ai loro collaboratori del 1950, dal Codice penale israeliano del 1977 e, più recentemente, da ripetute proposte nell'ultimo decennio per promulgare leggi per l'esecuzione dei prigionieri.
Secondo le organizzazioni palestinesi per i diritti umani: "Nel 1954, Israele ha abolito l'applicazione della pena di morte per i normali omicidi civili, ma l'ha mantenuta per gli omicidi legati al perseguimento dei nazisti, al genocidio e al tradimento. Nel 1962, Adolf Eichmann è stato giustiziato tramite impiccagione dopo essere stato condannato per genocidio e crimini contro l'umanità".
Le organizzazioni per i diritti umani aggiungono:
"Israele si presenta come uno Stato che ha abolito la pena di morte, almeno per i casi di omicidio comune. Tuttavia, d'altra parte, non ha abolito completamente questa punizione disumana dal punto di vista legale; nella pratica, continua a eseguire esecuzioni al di fuori del quadro della legge attraverso vari metodi".
La clausola "B" dell'articolo 300 del codice penale israeliano del 1977 lo conferma esplicitamente, affermando: "Chiunque sia condannato per omicidio ai sensi dell'articolo 2(b) della legge sul processo ai nazisti e ai collaboratori del 1950 sarà condannato a morte". Gli articoli 96, 97, 98 e 99 dello stesso Codice Penale prevedono anche la pena di morte o l'ergastolo, a condizione che il reato sia stato commesso in tempo di guerra o nel corso di operazioni militari condotte da o contro Israele, e che sia stato commesso da qualcuno condannato per tradimento o per atti intesi a minare la sovranità dello Stato o ad assistere il nemico nella sua guerra contro Israele, senza coprire esplicitamente gli atti di omicidio.
In base a questa legge, i tribunali israeliani hanno emesso sentenze di morte per prigionieri palestinesi provenienti dai territori occupati nel 1948 che avevano la doppia cittadinanza palestinese-israeliana; tuttavia, queste sentenze non sono mai state eseguite. Il caso più eclatante è quello di Karim Younes, condannato a morte dopo il suo arresto nel 1983. La sua pena è stata successivamente ridotta all'ergastolo e infine fissata a 40 anni, che ha scontato interamente prima di essere rilasciato nel gennaio 2023.
I tribunali israeliani hanno spesso minacciato di ricorrere alla pena di morte e l'accusa ha ripetutamente chiesto la sua applicazione nei confronti dei prigionieri provenienti dai territori occupati nel 1967, che hanno partecipato ad attacchi durante la loro resistenza all'occupazione che hanno causato la morte di israeliani. Tuttavia, per quanto risulta dalla mia ricerca, non sono mai state emesse condanne a morte formali o legali nei confronti di questi prigionieri. Credo che ciò sia dovuto al fatto che le disposizioni del codice penale del 1977 non si applicano ai loro casi, il che significa che, affinché Israele possa procedere all'esecuzione dei prigionieri palestinesi, sarebbero necessarie modifiche al codice penale israeliano.
È in questo contesto che è stato presentato il nuovo disegno di legge, con l'obiettivo di apportare le modifiche necessarie per rendere la legge applicabile nei tribunali israeliani e consentire l'emissione e l'esecuzione della pena di morte nei confronti dei combattenti della resistenza palestinese.
Da un'analisi del testo del disegno di legge emerge che la modifica mira principalmente ad aggiungere la clausola "C" all'articolo 301(a) del Codice Penale israeliano del 1977, relativo all'omicidio aggravato o grave, che in precedenza comportava l'ergastolo. Il nuovo disegno di legge può essere considerato una versione aggiornata di precedenti proposte risalenti a più di un decennio fa, ma questa volta gode di un sostegno israeliano più forte ed è considerato molto più estremo rispetto ai suoi predecessori. Esso stabilisce che "chiunque sia condannato per aver ucciso un israeliano per motivi razziali, ostili o politici, o con l'intento di danneggiare lo Stato di Israele e il popolo ebraico sul suo territorio, sarà condannato a morte senza discrezionalità giudiziaria". La legge specifica inoltre che la sentenza sarà emessa dalla maggioranza dei giudici (due su tre), senza richiedere l'unanimità, proibirà la sostituzione della pena con qualsiasi altra sentenza dopo il verdetto finale ed eliminerà la possibilità di ridurre la pena in futuro. Questa misura non ha precedenti nella legislazione israeliana.
Se approvata, la legge fornirebbe di fatto una copertura legale alle esecuzioni criminali. Inoltre, la pena sarebbe applicabile retroattivamente, il che contraddice i principi standard del diritto penale che di solito entrano in vigore solo dopo l'approvazione ufficiale e la pubblicazione. Contrasterebbe anche con l'articolo 3 del codice penale israeliano, che recita: "Nessuna pena può essere applicata retroattivamente".
La nuova legge... seguirà il destino di quelle che l'hanno preceduta?
Per molti anni, voci israeliane - ufficiali e popolari, di parte e politiche - hanno chiesto l'applicazione della pena di morte contro i prigionieri palestinesi. Ogni volta che le operazioni di resistenza si intensificavano, queste richieste diventavano più forti e la cerchia dei sostenitori si allargava. Nel corso degli anni sono stati proposti diversi disegni di legge con lo stesso obiettivo, spesso motivati da considerazioni politiche interne a Israele o da motivi di vendetta e punizione.
Una di queste proposte, nel 2018, ha ricevuto l'approvazione del mini-gabinetto del governo dopo aver superato una lettura preliminare alla Knesset. Più tardi nello stesso anno, sotto la pressione dell'estrema destra, l'allora primo ministro Benjamin Netanyahu ha dato il via libera alle autorità competenti per procedere verso l'approvazione definitiva della legge. Tuttavia, come altre proposte simili precedenti, il disegno di legge non è mai stato promulgato e non ha completato le tre letture necessarie per diventare legge applicabile nei tribunali israeliani.
Il mancato raggiungimento dell'approvazione definitiva di questi disegni di legge non è mai stato dovuto all'impegno di Israele nei confronti del diritto internazionale, né al rispetto di un consenso globale che va nella direzione dell'abolizione della pena di morte. Piuttosto, Israele si è astenuto dall'approvare tali leggi perché l'adozione e l'applicazione della pena di morte nei confronti dei palestinesi danneggerebbe gravemente la sua reputazione internazionale. Tale mossa sarebbe in diretta contraddizione con i resti dei valori democratici che sostiene di difendere e lo esporrebbe al mondo in una luce di gran lunga peggiore dell'immagine che cerca di promuovere, ovvero quella di uno "Stato democratico che rispetta i diritti umani".
Inoltre, tutte le proposte precedenti, compresa quella attuale, sono considerate discriminatorie dal punto di vista razziale. Esse prendono di mira solo i palestinesi; nessuna si applica agli israeliani che uccidono palestinesi, né agli israeliani condannati per attacchi razzisti estremi che hanno provocato la morte di palestinesi. Questa applicazione selettiva rafforza la discriminazione sistematica nei confronti dei palestinesi e conferma le valutazioni di numerose organizzazioni per i diritti umani che classificano Israele come uno Stato di apartheid. Ciò dimostra che Israele sta seguendo un percorso legislativo razzista in violazione del diritto internazionale umanitario, soprattutto se applicato nei Territori palestinesi occupati. Per questo motivo, Israele ha precedentemente evitato di porsi in una posizione del genere a livello internazionale, nell'ambito dei suoi continui sforzi per ripulire la sua immagine offuscata.
Questa è una dimensione. Un'altra è la possibilità che la legge accenda tensioni di sicurezza più intense nella regione, costringendo Israele a pagare un prezzo pesante e doloroso sotto forma di ritorsioni palestinesi. Un tale sviluppo danneggerebbe la sicurezza di Israele e metterebbe in pericolo la vita degli israeliani, poiché i palestinesi, di fronte alla morte certa, intensificherebbero la loro resistenza e ricorrerebbero a forme di confronto più dure e dolorose. I martiri giustiziati dallo Stato diventerebbero storie potenti che alimenterebbero la rabbia degli oppressi e inciterebbero i vivi a lungo dopo la loro morte.
Non mi aspetto che il disegno di legge venga approvato, ma non è impossibile che possa comunque diventare legge.
Per questo motivo, ho sempre sostenuto, e continuo a credere, che sia improbabile che la legge sulla pena di morte per i prigionieri palestinesi superi le tre letture necessarie per diventare applicabile nei tribunali israeliani. E anche se dovesse verificarsi l'imprevisto, dubito che le autorità israeliane procedano all'esecuzione di qualsiasi prigioniero palestinese condannato a morte, al fine di evitare critiche internazionali. La comunità internazionale è sempre più favorevole alla completa abolizione o alla sospensione permanente della pena di morte, considerandola una grave violazione dei diritti umani.
Ho espresso questa opinione in un articolo pubblicato anni fa, in seguito all'introduzione di progetti di legge simili, e la sostengo ancora oggi. Ciò è particolarmente vero considerando l'immagine internazionale di Israele sempre più compromessa dopo due anni di guerra genocida a Gaza. Israele deve affrontare critiche diffuse e severe a livello regionale e internazionale - ufficiali, istituzionali e popolari - e si trova di fronte ad accuse penali, procedimenti legali e mandati di arresto nei confronti del primo ministro israeliano e di funzionari militari. Israele sta subendo un crescente isolamento internazionale, che peggiorerebbe se la legge fosse approvata e le esecuzioni dei prigionieri palestinesi fossero eseguite. In tal caso, tali azioni potrebbero essere classificate come un'altra forma di crimini di guerra commessi a Gaza, causando ulteriori danni alla reputazione internazionale di Israele, cosa che Israele cerca attualmente di evitare a tutti i costi.
Allo stesso tempo, tuttavia, non è del tutto improbabile che il disegno di legge possa diventare legge applicabile nel prossimo futuro, come concessione all'estrema destra, che sta guadagnando influenza nella società israeliana, costituisce il nucleo della coalizione di governo e cerca di ottenere più voti nelle prossime elezioni. Va notato che, alla vigilia della formazione dell'attuale governo israeliano alla fine del 2022, la promozione di questa legge era una condizione per l'adesione di Itamar Ben-Gvir alla coalizione di governo, e sia il capo di Stato Maggiore che il capo dello Shin Bet hanno recentemente espresso il loro sostegno alla legge sulla pena di morte.
Inoltre, alcuni israeliani ritengono che gli accordi di scambio di prigionieri indeboliscano la capacità deterrente di Israele e che la detenzione continuativa di prigionieri ad alto rischio costituisca una minaccia alla sicurezza nazionale. Pertanto, sostengono, questi prigionieri devono essere giustiziati ed eliminati. Molti israeliani vedono gli eventi del 7 ottobre come un'opportunità unica che potrebbe non ripetersi in futuro.
Dal loro punto di vista, questa opportunità è ulteriormente rafforzata se collegata a coloro che sono stati condannati per aver partecipato agli eventi del 7 ottobre e alle loro conseguenze - prigionieri di Gaza classificati come "elementi d'élite" - insieme agli sforzi per approvare una legge speciale per il loro processo, trasformandoli in imputati di crimini gravi, paragonando le loro azioni all'Olocausto. Molti paesi nel mondo hanno adottato la narrativa di Israele su questo tema, il che, secondo i sostenitori della legge, ne faciliterebbe l'approvazione internazionale e ne attenuerebbe il potenziale impatto negativo sull'immagine e sulla reputazione globale di Israele.
Se ciò dovesse accadere, ci troveremmo di fronte a una nuova realtà ancora più dolorosa, straziante e sanguinosa, in cui il nostro compito si limiterebbe a monitorare le condanne a morte, documentare le esecuzioni e le loro narrazioni e registrare altri nomi di martiri tra i prigionieri e i detenuti a seguito della legge sulla pena di morte.
Israele ha davvero bisogno di una legge per giustiziare i prigionieri palestinesi?
L'acceso dibattito sulla proposta di legge per giustiziare i prigionieri palestinesi dà a molti osservatori l'impressione fuorviante che Israele sia un paese democratico che ha abolito o sospeso la pena di morte e che ora sta valutando di reintrodurla in risposta agli eventi del 7 ottobre. I fatti, tuttavia, che devono accompagnare qualsiasi conversazione su questo argomento, mostrano che dall'inizio della sua occupazione dei territori palestinesi, Israele ha costantemente compiuto omicidi, uccisioni deliberate ed esecuzioni sommarie di palestinesi, individualmente e collettivamente, senza arresto o processo equo. In varie occasioni, ha sostituito l'arresto con l'esecuzione, senza una legge formale che potesse portare alla condanna internazionale.
In numerose occasioni, con diversi pretesti e attraverso vari metodi, Israele ha giustiziato centinaia di palestinesi, sia con armi da fuoco che attraverso torture fisiche e psicologiche dopo l'arresto/detenzione, negando deliberatamente loro l'intervento medico e le cure. Esistono numerosi casi documentati di tali esecuzioni. Alcuni sono stati registrati da storici e ricercatori, altri sono stati raccontati dai prigionieri liberati nelle loro testimonianze e molti sono stati immortalati in immagini e video raccapriccianti. Tuttavia, ci sono ancora molti casi che non sono stati documentati.
L'impatto anche solo della discussione su questa legge diventa ancora più pericoloso sul campo. Il dibattito politico porta a un notevole aumento delle sofferenze dei detenuti e delle esecuzioni extragiudiziali. È come se il semplice fatto di discutere la legge servisse da incitamento diretto, un via libera a mettere in pericolo la vita dei prigionieri, garantendo ai responsabili israeliani una copertura politica e una protezione interna.
Ciò è diventato evidente dopo il 7 ottobre. Le uccisioni sul campo e le esecuzioni extragiudiziali sono aumentate a un livello senza precedenti, più recentemente con l'esecuzione di due giovani disarmati a Jenin dopo che erano stati sottomessi e arrestati. Sono stati uccisi a bruciapelo a sangue freddo, il crimine è stato ripreso dalle telecamere, sia visivamente che acusticamente. La pubblicazione di queste prove ha ricevuto il sostegno pubblico esplicito del ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir nei confronti dei soldati responsabili. Nel frattempo, le prigioni israeliane sono diventate, secondo le parole delle organizzazioni per i diritti umani, "l'inferno sulla terra" o "cimiteri per i vivi, sostituti della camera della morte", come le descrivono i sopravvissuti. In soli due anni dell'attuale guerra genocida, circa 81 prigionieri e detenuti sono stati uccisi. E questa cifra include solo coloro la cui identità è stata confermata dalle organizzazioni dei prigionieri palestinesi: le stime suggeriscono che il numero effettivo sia molto più alto. L'identità e il luogo di sepoltura di molti altri rimangono sconosciuti.
Un rapporto pubblicato a novembre da Physicians for Human Rights-Israel conferma i risultati precedenti delle istituzioni palestinesi. Secondo questo rapporto, "almeno 94 palestinesi sono morti nelle strutture di detenzione israeliane tra il 7 ottobre 2023 e il 31 agosto 2025".
Dopo questa data sono stati annunciati altri quattro decessi, portando il totale a 98. L'organizzazione aggiunge:
"La politica ufficiale dell'esercito israeliano di sparizioni forzate dal 7 ottobre impedisce ancora una chiara comprensione del numero totale di detenuti palestinesi deceduti in custodia negli ultimi due anni e rende impossibile determinare le reali circostanze dietro molte di queste morti".
I rapporti del Ministero della Salute di Gaza indicano inoltre che molti dei corpi restituiti a Gaza in base all'ultimo accordo di cessate il fuoco (circa 300) mostravano segni di gravi torture, abusi, ustioni, ferite da arma da fuoco e mutilazioni. Alcuni dei corpi dei detenuti sono stati restituiti con le mani legate e gli occhi bendati. Il periodo successivo al 7 ottobre segna quindi l'era più mortale e pericolosa nella storia del movimento dei prigionieri palestinesi.
In questo contesto, è evidente che Israele non sta aspettando una legge che autorizzi l'esecuzione dei detenuti palestinesi. Da tempo pratica le esecuzioni extragiudiziali come politica e metodo, ben prima di qualsiasi legislazione formale. Ciò che cerca oggi non è la possibilità di uccidere, ma la legalizzazione dell'uccisione, per intimidire il prigioniero e la società che rappresenta, istituzionalizzare e legittimare l'uccisione sotto le spoglie della legge e minare l'identità, la lotta e il ruolo del prigioniero nel movimento di liberazione palestinese.
Questa proposta di legge rappresenta il culmine di un lungo sforzo volto a delegittimare il movimento dei prigionieri palestinesi e a rafforzare la narrativa israeliana a livello internazionale, descrivendo i prigionieri come criminali e terroristi che meritano la morte piuttosto che come combattenti per la libertà che lottano per la liberazione. Tale inquadramento costituisce un grave attacco al loro status giuridico e alla loro identità nazionale collettiva. I prigionieri costituiscono una componente fondamentale della causa palestinese e sono centrali nella lotta del movimento di liberazione nazionale. Pertanto, questa legge non mira solo a loro, ma intende criminalizzare la più ampia lotta collettiva del popolo palestinese.
È necessario agire con urgenza per impedire l'approvazione di questa legge, proteggere i prigionieri, difendere i loro diritti e salvaguardare il loro status giuridico e nazionale, nonché sostenere il diritto del popolo palestinese a continuare la sua lotta per la libertà e l'indipendenza.
Note:
[1] Codice penale israeliano, 1977.
[2] Abdelnasser Farawneh, "Karim Younis: Four Decades in Prison Without Anyone Freeing Him," Palestinian Studies, 30/11/2022.
[3] Codice penale israeliano, citato in precedenza.
(*) Abdel Nasser Farawna è un ex prigioniero e specialista in questioni relative ai prigionieri, membro del Consiglio nazionale palestinese, capo dell'Unità studi e documentazione dell'Autorità palestinese per gli affari dei prigionieri e degli ex prigionieri e membro del Comitato amministrativo dell'Autorità per i prigionieri nella Striscia di Gaza. Gestisce anche un sito web chiamato Palestine Behind Bars.
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