mercoledì 17 giugno 2020

pc 17 giugno - Con la scarcerazione del neofascista Carminati lo Stato ricopre la fogna romana che è poi quella di tutto il sistema borghese

Il ministro della giustizia (borghese) Buonafede, che oggi vuole inviare gli ispettori in Tribunale, è lo stesso che  dopo quattro giorni dal verdetto della Cassazione del 22 ottobre 2019 aveva firmato il decreto di revoca del 41 bis per Carminati, così che il 16 giugno è tornato libero.

L'unica giustizia è quella proletaria!
Il sistema borghese si abbatte e non si cambia!

da il manifesto: "Il 20 luglio del 2017 era arrivata la prima condanna: vent’anni di reclusione per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e una serie di altri reati. L’anno successivo, in appello, la condanna era scesa 14 anni e mezzo ma era stata riconosciuta l’aggravante dell’associazione mafiosa. Lo scorso 22 ottobre la Cassazione ha annullato quel verdetto e rispedito le carte in corte d’appello. Il nuovo processo servirà soltanto a ricalcolare le pene, ma a questo punto per Carminati sono scaduti i termini della custodia cautelare. Ecco perché ieri il tribunale della libertà ne ha disposto la scarcerazione."

Questo scrivevamo nello speciale "FASCIO-MAFIA A ROMA" di proletari comunisti
del dicembre 2014, un'analisi che nessun Tribunale della borghesia riuscirà mai a smentire.

"Il sistema fascio-mafioso negli appalti a Roma, con tutta un'economia basata sull'affarismo più schifoso, su una corruzione sistemica che ha riciclato vecchi criminali fascisti e nuova malavita in giacca e cravatta, e che come un'onda melmosa è arrivata dovunque nell'amministrazione comunale di Roma, in cui si sono volutamente immersi tutti, sindaco, assessori, consiglieri comunali, attuali ministri, politici, alti dirigenti di partito e che coinvolge dai partiti di destra al centro sinistra, con il PD a fare da costante e interessato convitato e cerniera, dimostra che questo Stato, questo sistema politico borghese genera periodicamente i suoi esponenti e un marciume strutturale e costante. E nella fase, come quella in corso, del capitalismo in crisi, in cui la lotta per la sopravvivenza, del "cane che mangia cane" diventa sempre più feroce, più barbara, ciò che si sta scoperchiando a Roma è attualmente la punta più alta di un sistema che, dove più dove meno, è presente in ogni struttura locale e nazionale di questo Stato al servizio degli affari, del profitto ad ogni costo, dei padroni legali o "illegali" che siano".
SPAZZIAMO VIA I GOVERNI, LO STATO E IL SISTEMA CAPITALISTICO CHE LA PRODUCONO!

la ricostruzione della vicenda:

Perché Massimo Carminati è stato scarcerato
Repubblica spiega che il tempo usato dalla Cassazione per il deposito delle motivazioni ha influito
sulla scarcerazione del “Cecato”, a capo di un’associazione a delinquere semplice e non mafiosa secondo i giudici

neXt quotidiano | giugno 17

Massimo Carminati torna libero a causa della scadenza dei termini di carcerazione preventiva. L’ordinanza di 23 pagine che decreta la libertà per il “Cecato”, uno dei criminali più temuti di Roma, viene firmata il 22 maggio e depositata lunedì. «A fine marzo il mio assistito aveva già scontato il tetto massimo dei due terzi del reato più grave che gli è stato contestato: la corruzione», con questa argomentazione Cesare Placanica, difensore dell’ex Nar, ha convinto i giudici del tribunale del Riesame dopo che per due volte, con le stesse motivazioni, si era visto respingere l’istanza. Repubblica spiega che sulla decisione ha influito il tempo che ci ha messo la Cassazione per depositare le motivazioni del rinvio in Appello:

Sulla valutazione, stavolta, ha pesato la data da cui far partire il conteggio del carcere preventivo. Mentre i collegi precedenti hanno valutato giugno 2015 come inizio delle corruzioni contestate, poi ché è in quella data che Carminati riceve la seconda ordinanza di custodia, questi giudici hanno spostato le lancette al 2 dicembre 2014, giorno della retata in cui finì in carcere, con l’accusa di mafia. Persuasi dal penalista che le corruzioni indicate nel 2015 fossero in realtà «contestazioni a catena», ovvero conseguenza della prima tranche dell’inchiesta Mondo di mezzo, i giudici stavolta hanno detto sì. Tecnicismi in punto di diritto che hanno portato a un risultato: Carminati è fuori dal carcere da cittadino libero in attesa della sentenza di secondo grado, al processo d’appello bis, che non è neanche cominciato. Per di più ha passato anni al 41bis senza che ci fossero i requisiti.

Le motivazioni con cui la Cassazione il 22 ottobre del 2019 ha fatto crollare l’accusa più grave rivolta a Carminati e al suo socio in affari Salvatore Buzzi, quella di 416bis, sono arrivate 6 giorni fa. Depositate a 8 mesi dal verdetto, un lasso di tempo enorme in cui, qualcuno sostiene, si sarebbe riusciti a celebrare il ricalcolo della pena per gli imputati del Mondo di mezzo, e Carminati non sarebbe uscito fino all’espiazione della pena. Anche perché la contestazione di mafia pesa sul calcolo della detenzione preventiva. Blindata, la Cassazione, con una procura generale stizzita per l’intera vicenda e giudici che difendono l’operato dei colleghi spiegando che era una sentenza importante, dal punto di vista giuridico e mediatico, che richiedeva tempo e che, soprattutto, i termini del deposito rispettano quelli previsti dalla Cedu. I termini per il deposito, spiegano dal Palazzaccio, non sono perentori e Carminati sarebbe tornato libero comunque.

Carlo Bonini però punta lo stesso il dito sul Palazzaccio:

Per dirla dritta e senza starci a girare troppo intorno, Massimo Carminati torna libero perché ci sono voluti otto mesi per scrivere le motivazioni di una sentenza di Cassazione (il deposito è di pochi giorni fa) che ha disposto un nuovo processo di appello che dovrà rideterminare la pena che Carminati sconterà a titolo di associazione per delinquere semplice. Otto mesi durante i quali si è definitivamente consumato il tempo che ancora consentiva di tenerlo in carcere in attesa di una pronuncia definitiva. Un tempo diventato improvvisamente più breve perché, appunto, non più misurato sul reato di 416-bis, ma sull’ipotesi, meno grave, dell’associazione a delinquere semplice (416). Già, otto mesi. Franco Cordero, uno dei più grandi e geniali studiosi del nostro tempo della procedura penale, scomparso appena un mese fa, amava ricordare, nelle sue indimenticabili lezioni universitarie alla “Sapienza” di Roma (performance, più che lezioni), a chiosa degli articoli del codice di procedura penale che disciplinano i tempi di deposito delle motivazioni di una sentenza, che Stendhal, nel 1838, scrisse il suo capolavoro La Certosa di Parma in 53 giorni. Meno di due mesi.

La metà della metà del tempo impiegato dalla Cassazione per mettere insieme le ragioni che, il 22 ottobre dello scorso anno, l’hanno appunto convinta a smontare l’aggravante mafiosa contestata nell’associazione per delinquere di cui Carminati faceva parte. Naturalmente, non abbiamo elementi per valutare se sia stato più complesso mettere insieme le 500 pagine della Certosa di Parma o le 379 pagine di motivazioni di Mafia Capitale. Ma c’è un dato, anche questo obiettivo, che fa pensare. Nell’inverno che abbiamo alle spalle, la pandemia del Covid-19 ha di fatto congelato ogni attività di udienza, sollevando anche i collegi di Cassazione da un carico di lavoro che, sulla carta, avrebbe dovuto rendere più agevole il lavoro di scrittura delle motivazioni di procedimenti già definiti. Evidentemente, il processo Mafia Capitale non ne ha avuto beneficio. Anzi. È successo il contrario.

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