IL GIORNO PRIMA: Mezz'ora fa la polizia ha caricato, ferendo due persone. Una ragazza di Saluzzo e un giovane lavoratore stagionale sono ora all'ospedale.
Questo perché alcuni lavoratori hanno cercato di entrare nella struttura del PAS (Prima Accoglienza Stagionali) un'enorme struttura capace di ospitare fino a 600 persone ora chiusa "per evitare il contagio", obbligando di fatto i lavoratori a vivere per strada e nei parchi, alla faccia dell'emergenza sanitaria.
Respingiamo qualunque accusa criminalizzante e qualunque strumentalizzazione. La polizia ha caricato pur di tenere vuota una struttura fatta apposta per ospitare i lavoratori stagionali.
IERI - Decine di lavoratori agricoli
stagionali e di solidali ieri si sono presi la città a Saluzzo,
lottando per uno spazio dove poter vivere per chi da oltre dieci anni
non ha una casa ed è sfruttato nelle aziende agricole locali. Un
presidio molto animato si è svolto sotto al Comune, mentre
l’incontro che si era riusciti a strappare con i rappresentanti
delle associazioni datoriali (Confagricoltura e Coldiretti), il
Prefetto, i sindaci del territorio e il terzo settore si è concluso
con un prevedibile nulla di fatto. Le risposte di chi è intervenuto
sono state vaghe, contraddittorie e volte a rimpallarsi le
responsabilità. Se il sindaco ha cercato di dipingersi come vittima
di una politica nazionale inadeguata e di un accanimento da parte dei
manifestanti, ergendosi a paladino dell’accoglienza, la vice
Prefetta ha dichiarato di stare lavorando a non meglio specificate
soluzioni di cui, però, a suo dire devono farsi carico gli enti
locali. Il tutto nel silenzio totale del padronato, che sullo
sfruttamento della manodopera stagionale basa da sempre il suo
profitto, e a cui quest’anno la
Regione offre addirittura fondi pubblici per incentivare l’ospitalità in azienda. Ancora una volta, il gioco delle tre carte sulla pelle dei lavoratori migranti, condito dal comodo alibi dell’emergenza sanitaria, per cui non si possono aprire le strutture abitative, ma si può permettere che decine di lavoratori da settimane vivano per strada, senza nemmeno potersi fare la doccia o avere accesso ai servizi igienici. Il padronato e le istituzioni rifiutano di assumersi qualunque responsabilità per una situazione di "emergenzialità” abitativa permanente e sfruttamento lavorativo che va avanti dal 2009 e che di eccezionale non ha nulla, considerando che nel saluzzese il fabbisogno strutturale di manodopera per il ricchissimo comparto frutticolo ammonta a 12.000 lavoratori. Innumerevoli protocolli e decreti, in ultimo il decreto ‘Rilancio’, parlano di superamento dei ghetti e di soluzioni abitative adeguate per gli stagionali, ma rimangono lettera morta, o vengono tradotti in soluzioni concentrazionarie ed emergenziali.
Regione offre addirittura fondi pubblici per incentivare l’ospitalità in azienda. Ancora una volta, il gioco delle tre carte sulla pelle dei lavoratori migranti, condito dal comodo alibi dell’emergenza sanitaria, per cui non si possono aprire le strutture abitative, ma si può permettere che decine di lavoratori da settimane vivano per strada, senza nemmeno potersi fare la doccia o avere accesso ai servizi igienici. Il padronato e le istituzioni rifiutano di assumersi qualunque responsabilità per una situazione di "emergenzialità” abitativa permanente e sfruttamento lavorativo che va avanti dal 2009 e che di eccezionale non ha nulla, considerando che nel saluzzese il fabbisogno strutturale di manodopera per il ricchissimo comparto frutticolo ammonta a 12.000 lavoratori. Innumerevoli protocolli e decreti, in ultimo il decreto ‘Rilancio’, parlano di superamento dei ghetti e di soluzioni abitative adeguate per gli stagionali, ma rimangono lettera morta, o vengono tradotti in soluzioni concentrazionarie ed emergenziali.
Un corteo spontaneo di braccianti e
solidali si è quindi preso le strade della città per ore, bloccando
alcune rotonde e dirigendosi infine verso il Foro Boario, un tempo
“Guantanamò”, luogo storico di accampamento per i braccianti
stagionali e dove oggi sorge il PAS (Prima Accoglienza Stagionali),
struttura comunale con centinaia di posti letto che quest’anno non
ha aperto i battenti con la scusa del Covid, nonostante fosse stata
da poco ristrutturata. Con determinazione in tanti hanno provato a
prendersi uno spazio dove poter vivere e alcuni sono riusciti a
scavalcare il muro di cinta della struttura nonostante il filo
spinato, ma a questo gesto è seguita una brutale carica della
polizia in assetto antisommossa, durante la quale sono state ferite
sette persone, due solidali e cinque lavoratori, che sono dovute
ricorrere alle cure del pronto soccorso.
Come più volte successo negli anni
scorsi, i media locali e le destre cittadine cercano di screditare la
protesta, parlando di ‘infiltrazioni dei centri sociali torinesi’
e di ‘associazioni favorevoli all’accoglienza’, rifiutando di
riconoscere i protagonisti della giornata come lavoratori (‘sono
migranti’…!) e le evidenti connessioni tra quel che accade da
anni nella ricchissima cittadina del cuneese e il razzismo,
istituzionale e non, che costringe centinaia di migliaia di persone a
rischiare la vita, le torture, gli stupri sulla rotta libica per poi
ritrovarsi a vivere in baraccopoli e campi, sfruttati nelle campagne,
disprezzati e criminalizzati per il solo fatto di esistere,
abbandonati ad un tragico destino nell’indifferenza dei più.
Criminalizzata è anche la solidarietà: a Saluzzo, chi osa
avvicinarsi ai braccianti che dormono in strada è sottoposto a
controlli, perquisizioni e minacce, e viene multato per
‘assembramenti’, come è accaduto la scorsa settimana.
Come è da tempo chiaro, la risposta
istituzionale ai bisogni di sopravvivenza di lavoratori definiti
‘essenziali’ è la militarizzazione e la repressione. A Saluzzo
sono decine le volanti e le camionette di carabinieri, polizia e
militari a presidiare ogni angolo della città. Ma possono stare
certi nelle stanze dei bottoni, le minacce e le botte non fermeranno
chi chiede di poter vivere libero da razzismo, sfruttamento e
segregazione.
La determinazione di braccianti e
solidali fronte ai silenzi e ai manganelli non potrà che
rafforzarsi, così come, lo speriamo, la solidarietà con i tanti che
in questo periodo di crisi si ritrovano, o rischiano di ritrovarsi,
in mezzo ad una strada, sfruttati o senza lavoro nè prospettive.
La rabbia è tanta e non finisce qui!
No justice no peace, casa per tutt*
ghetti per nessuno!
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