L’insediamento del nuovo governo Conte – quello precedente era Di
Maio/Salvini – è stato una prima fotografia di quello che è. Un
governicchio di emergenza, di reazione parlamentare, presidenziale e
di parte della borghesia al tentativo di Salvini di forzare la marcia
fascio-populista in direzione delle elezioni anticipate che gli
permettessero di ottenere la maggioranza, probabilmente assoluta, in
grado di insediarlo con pieni poteri, attacco alla Costituzione, ecc.
Salvini
ha fatto male i suoi calcoli fidandosi dei sondaggi e dei selfie e
contando sulla flebile resistenza dei 5 stelle, del parlamento, della
presidenza della Repubblica. Flebile resistenza mostratasi nel corso
dei 14 mesi che l’hanno preceduta in cui Slavini ha assunto via via
la guida generale fuori dalle regole parlamentari e costituzionali
del governo, imponendo a tamburo battente i provvedimenti reazionari,
i due decreti sulla sicurezza, la legittima difesa e l’incombenza
della riforma delle autonomie e la flatax.
Le
proteste rispetto a questo che vi sono state nel paese hanno
frenato la marcia reazionaria, la situazione in Europa, in cui i
fasci populisti pur avanzando non avevano fatto il colpo grosso alle
elezioni europee, l’incertezza dei padroni circa i risultati effettivi dell’azione di Salvini dentro il quadro europeo e dentro le necessità economiche e degli effetti nelle fabbriche delle forzature di questo governo, hanno creato una reazione a questa ascesa.
elezioni europee, l’incertezza dei padroni circa i risultati effettivi dell’azione di Salvini dentro il quadro europeo e dentro le necessità economiche e degli effetti nelle fabbriche delle forzature di questo governo, hanno creato una reazione a questa ascesa.
Una
reazione, però, che non si è tradotta neanche in quello che alcuni
commentatori della sinistra domandano: un governo di difesa della
Costituzione e di contrasto sul terreno dell’azione antimmigrati.
Ma appunto, un governicchio.
Fondato
su due forze fondamentalmente, la maggioranza dei parlamentari del
M5S che non volevano andare a casa come inevitabile risultato di
nuove elezioni e la componente renziana del PD che ha colto
l’occasione per riprendere nelle mani l’azione politica e
l’opportunità di tornare in questa emergenza al governo.
Questo
governo non è né di resistenza, come sarebbe stato necessario, né
di svolta, come affermano PD e 5stelle. La natura di governicchio è
mostrata dal programma: una generica fusione di parole d’ordini
elettorali PD e dei residui del contratto M5S/Lega. I 29 punti non
rappresentano neanche per la borghesia, in particolare la borghesia
industriale, niente di più che un generico elenco di capitoli da
riempire e dentro i quali agiscono i naturali contrasti (beghe) di
frazione e di classe per tradurli in effettivi provvedimenti.
La
scelta dei ministri è stata all’insegna di partitocrazia da casta,
di cui i renziani sono specialisti e rappresentanti e la gestione
della cupola 5 stelle sancita da grillo e dalla piattaforma
‘Rousseau’. Da questo intreccio è venuta una compagine
governativa che alla fine raccoglie il peggio dei due partiti e si
dispone su un piatto d’argento a servire i padroni italiani ed
europei; mentre, e questo è grave dal nostro punto di vista, offre
il terreno alla mobilitazione reazionaria del fronte fascio-razzista
attualmente all’opposizione.
La
cerimonia pacchiana e grottesca dell’insediamento che ha
visto al corsa di politicanti da sempre in attesa di ministeri e
miracolati del cerchio magico di Renzi e Di Maio. Giustamente è
stato notata che se la pacchianeria con fidanzate gaudenti, mamme
piangenti, in una claque di parenti che dovrebbe umiliare le
istituzioni, si è condita questa volta di auto blu, invece degli
arrivi populisti a piedi, in taxi e in bici. La forma, in questo
caso, è parte della sostanza. E sicuramente la composizione di
questo governo non corrisponde in nessuna maniera non solo alle
aspirazioni, ai bisogni delle masse ma anche alla rappresentanza di
ciò che bolle nella pentola torbida e tumultuosa del paese.
Un
governo che in economia rappresenta solo ed esclusivamente gli
interessi della borghesia, in cui le classi medie del nord non
ritrovano gli interlocutori che la loro ribellione elettorale, tinta
di reazione, aveva prodotto; e che al sud ripropone le politiche già
sperimentate del ciclo dei governi di centrosinistra come di
centrodestra che producono precarietà, disoccupazione. E’ evidente
che un governo di questa natura non è in grado di intaccare
l’avanzata del fascio populismo nella forma più reazionaria
incarnata da Salvini.
Ma
quello che è più grave è che non è in grado neanche di
affrontare, intaccare, nonostante lo dichiari, i provvedimenti più
apertamente dentro l’avanzata del moderno fascismo.
L’asse
5stelle/Lega aveva già approvato i decreti sicurezza e sostenuto in
parlamento e nel paese l’odiosa campagna reazionaria condotta dal
Ministro degli Interni dei porti chiusi, dell’attacco ai diritti
dei migranti, del rifiuto dell’accoglienza, dei respingimenti che
ha “insanguinato” l’intera fase del governo Lega/5stelle.
Quello che risalta dagli stessi programmi e dichiarazione che di
questi provvedimenti è data assolutamente per scontata la
conservazione della repressione delle lotte proletarie, il
rafforzamento dello Stato di polizia, dei poteri e dell’azione
della polizia. Su questo il nuovo governo è assolutamente sulla
stessa linea di Salvini. Sul resto confida che il basso profilo del
nuovo Ministero degli Interni e una maggiore concertazione in chiave
europea possa permettere di condurre in piena continuità,
Minniti/Salvini, l’azione di chiusura dei porti, di respingimenti
dei migranti in Libia che caratterizza tutti i partiti e le forze
parlamentari in questo paese.
Un
governicchio che ripropone il trasformismo eterno di stampo
democristiano e della politica italiana; un trasformismo peraltro
affidato a personaggi o squalificati ai limiti dell’odio, come
Renzi, o alla sbrindellata cupola di Grillo; un trasformismo fino in
fondo da casta e di Palazzo, più simile a un conato della
marcia reazionaria finora guidata da Salvini.
Le
parole d’ordini dei 5stelle, il Reddito di cittadinanza, salario
minimo, entrano nel torbido frullatore della concertazione tra
padroni, governo e sindacati e delle “compatibilità economiche”
imposte dal quadro europeo, dal debito pubblico e dalla linea
dominante: “prima di tutto le imprese”, che poi è ‘prima di
tutto salvaguardia dei profitti dei padroni’ impegnati nella guerra
commerciale, contesa dei mercati; una guerra di tutti contro tutti
dentro lo scenario globale del protezionismo imperialista di Trump,
la guerra dei dazi, la brexit, ecc.
Per
questo, questo governo, nato dentro un bene – la rimozione di
Salvini dal Ministero degli Interni, l’uscita dei leghisti – ha
tutte le caratteristiche per essere nella sua natura antioperaia e
antipopolare, bella conservazione del salvinismo dei porti chiusi,
dell’abolizione dei permessi umanitari, della reprte4ssione
poliziesca e di Stato, della natura di ingannapopolo rispetto alle
fabbriche in crisi o in sofferenza, alla richiesta di reddito,
lavoro, salari adeguati, diritti, case, sanità, scuola, No Tav, No
Tap, No Triv, che finisce per apparire un “rimedio peggiore del
male” e riportare la crisi al suo stadio originale.
Nessuno
dei governi della borghesia, nessuno dei governi prodotti
dall’attuale sistema parlamentare, democratico a parole, è in
grado di rispondere alle esigenze, agli interessi e ai bisogni dei
proletari e delle masse.
Questo
stato delle cose, che origina anche l’astensionismo di massa, oggi
si misura con la necessità di riorganizzare le fila della lotta
proletaria e popolare, di dare ad essa unità e indirizzo che
separino gli interessi delle masse da quelli del governo e della
classi che rappresenta e che si contrappongano all’emergente
pericolo del moderno fascismo.
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