Eternit bis: Schmidheiny imputato di omicidio volontario per i morti da amianto a Casale
La procura di Vercelli chiede al gup il rinvio a giudizio dell’imprenditore svizzero per il decesso di circa 400 persone
CASALE MONFERRATO. L’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny,
ultimo patron di Eternit Italia in vita, è imputato di omicidio
volontario dalla procura di Vercelli: è stata depositata nella
cancelleria del gup la richiesta di rinvio a giudizio per la morte da
mal d’amianto di circa 400 casalesi. Le parti offese, cioè i loro
famigliari (che decideranno se costituirsi parte civile) sono 1500. Nel
provvedimento del cosiddetto Eternit Bis, che segue l’avviso di chiusura
indagini dell’aprile
scorso, i pm Roberta Brera e Francesco Alvino, titolari dell’inchiesta con il collega torinese Gianfranco Colace, di cui è stata disposta l’applicazione a Vercelli per questo fascicolo, avevano già indicato la strada scelta: l’imputazione dolosa. Ora occorre attendere che venga fissata la data di inizio dell’udienza preliminare, dove il gup deciderà se mandare o no a processo l’imprenditore e con quale imputazione: in caso affermativo, se prevarrà la contestazione di omicidio volontario dovrà risponderne davanti alla Corte d’Assise (a Novara, perché a Vercelli non c’è), se sarà riqualificato il reato in omicidio colposo davanti al giudice monocratico di Vercelli.
scorso, i pm Roberta Brera e Francesco Alvino, titolari dell’inchiesta con il collega torinese Gianfranco Colace, di cui è stata disposta l’applicazione a Vercelli per questo fascicolo, avevano già indicato la strada scelta: l’imputazione dolosa. Ora occorre attendere che venga fissata la data di inizio dell’udienza preliminare, dove il gup deciderà se mandare o no a processo l’imprenditore e con quale imputazione: in caso affermativo, se prevarrà la contestazione di omicidio volontario dovrà risponderne davanti alla Corte d’Assise (a Novara, perché a Vercelli non c’è), se sarà riqualificato il reato in omicidio colposo davanti al giudice monocratico di Vercelli.
Così era già accaduto a Torino, dove era stato formato il fascicolo
originario dell’Eternit Bis: la procura aveva ipotizzato l’omicidio
volontario, ma il gup l’aveva derubricato in colposo con colpa
cosciente, cioè aggravata dalla previsione che, con quel tipo di
gestione, l’amianto avrebbe causato delle vittime. Le vittime, in
realtà, sono molte di più di quelle indicate nel capo d’accusa. Se n’è
individuato soltanto un campione che comprende lavoratori dello
stabilimento casalese in diverse epoche, loro famigliari e cittadini che
non hanno mai avuto contatti professionali con la fibra.
La conseguenza della riqualificazione del reato decisa dal gup
torinese era stata lo spezzettamento del fascicolo. La parte più
consistente e significativa era stata inoltrata alla magistratura di
Vercelli, in cui ricade, per competenza territoriale, la zona di Casale.
E’ qui che c’è stato il maggior numero di malati e morti, a seguito di
una latenza lunghissima del mesotelioma rispetto all’esposizione e
all’incontro micidiale con la fibra invisibile, che risale al passato.
Ora, dopo una battaglia che non ha eguali nel mondo, la città di Casale è
la più bonificata in assoluto: non c’è più da tempo un solo edificio
pubblico coperto di manufatti di amianto e decine di siti contenenti
l’insidioso polverino sono stati sanificati; bisogna ancora provvedere
in edifici privati. Ma gli effetti della contaminazione passata si
estendono a tutt’oggi: il mesotelioma fa ancora vittime.
Nessun commento:
Posta un commento