I comunisti invitano al boicottaggio attivo - in settimana nuove corrispondenze di Tunisieresistant
Tunisi, 06 ott 09:00 - (Agenzia Nova) - Oltre sette
milioni di aventi diritto tunisini sono chiamati oggi ad eleggere i 217
parlamentari dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo, il parlamento
monocamerale della Tunisia. Si tratta di un passaggio fondamentale per
la transizione democratica della Tunisia, iniziata nel 2011 con la
cosiddetta Rivoluzione dei gelsomini e oggi alle prese con una grave
crisi politica, economica e sociale. La tempistica delle consultazioni è
singolare: prima del ballottaggio delle presidenziali previste il 13
ottobre e dopo il primo turno tenuto lo scorso 15 settembre. La
composizione del parlamento sarà dunque nota prima del secondo turno per
eleggere il nuovo inquilino di Palazzo Cartagine. Un dettaglio non
banale se si considera che i due candidati che si sfideranno la
settimana successiva sono entrambi “anti-sistema”: il costituzionalista
Kais Saied con il 18,4 per cento dei voti e il magnate della televisione
Nabil Karoui con il 15,6 per cento, in carcere da agosto per frode
fiscale e riciclaggio di denaro. Quest’ultimo è anche il leader del
partito
“populista” di recente costituzione Qalb Tounes (Cuore della Tunisia), dato per vincitore il 6 ottobre secondo gli ultimi sondaggi pubblicati in estate (prima che venissero vietati per legge) e anche in base ai sondaggi “vietati” che però circolano sui social network tunisini.
Saied, un costituzionalista conservatore sui diritti civili e votato soprattutto dai giovani, ha detto pubblicamente di non volere il sostegno dei partiti, ma di fatto è sostenuto da una colazione che annovera partiti moderati e “tradizionali” come Ennahda (di orientamento islamico democratico) e Afek Tounes (di tendenza social-liberale), ma anche movimenti più radicali. E’ questo il caso della Coalizione Karama di Seif Eddine Makhlouf, l’avvocato dei “foreign fighters” rientrati in Tunisia dalla Siria, che cerca di sfruttare “l’onda lunga” del successo di Saied per entrare in parlamento. Lo stesso candidato alle presidenziali ha presentato una denuncia contro Karama per aver usato una sua fotografia in campagna elettorale. Si tratta di una forza politica da non sottovalutare, visto che Makhlouf ha ottenuto 147.351 voti al primo turno delle presidenziali, pari al 4,37 dei voti. Il rischio è che l’ingresso nell’Assemblea dei rappresentanti del popolo di forze politiche di svariate estrazioni e tendenze - spesso inconciliabili tra loro - possa portare a una situazione di stallo, impedendo la formazione di una maggioranza.
Secondo gli ultimi sondaggi dell’istituto Sigma Conseil, risalenti a luglio, quindi prima dell’arresto di Karoui, il neonato partito Qalb Tounes raccoglieva il favore del 29 per cento degli intervistati. Più staccato il movimento islamico moderato Ennahda, con il 15 per cento dei consensi. In terza posizione, non lontano dalla seconda, finirebbe il Partito desturiano libero (Pdl, la formazione dei nostalgici dell’ex presidente Ben Ali) con il 12 per cento dei voti. Infine vi sono Tahya Tounes, il partito nato attorno al premier uscente Youssef Chahed, con l’8 per cento delle preferenze; il movimento della società civile Aich Tounes (7 per cento); il partito laico Nidaa Tounes e la Corrente democratica (6 per cento). Secondo l’analisi di Sigma Conseil, Nabil Karoui intercetterebbe in particolare il voto delle classi meno abbienti (43 per cento), ma sarebbe in grado di raccogliere solo il 16 per cento delle preferenze tra gli strati più altolocati della popolazione. Questi dati però non tengono conto del primo turno delle presidenziali e dell’arresto del magnate tunisino, finito peraltro al centro di un’aspra polemica (l’ennesima) su presunte e oscure attività di lobbying per vincere le elezioni.
Un sondaggio più recente condotto da Elka Consulting e pubblicato giovedì 3 ottobre dall’emittente radiofonica “Sidi Bou Said Fm”, garantisce a Qalb Tounes la posizione di primo partito della Tunisia con il 12,6 per cento delle preferenze degli intervistati, in netto calo rispetto al 30 per cento registrato a luglio, segno che l’arresto di Karoui ha inciso non poco sulla sua popolarità. Seguono gli islamici di Ennahda con l’8,5 per cento, confermando la seconda posizione. Al terzo posto figura invece Aich Tounes, che grazie all’8,1 per cento delle preferenze scalzerebbe Tahya Tounes dal gradino più basso del podio. A sorpresa la coalizione Karama raccoglierebbe il 7,5 per dei consensi, garantendo ai candidati radicali un importante numero di parlamentari. Fermi al 4 per cento i due partiti dell’anima “laica-modernista”, Tahya Younes e Nidaa Tounes: per quest’ultimo partito si tratta di un vero e proprio tracollo dopo l’exploit del 2014, quando il partito fondato da Beji Caid Essebsi (scomparso lo scorso luglio) riuscì a ottenere 1.279.941 voti, il 37,56 per cento delle preferenze e 86 seggi su 217. Chiude con il 3 per cento il Movimento popolare, coalizione di forze della sinistra, ma i dati vanno presi con le pinze vista anche l’alta percentuale di indecisi, pari al 21 per cento degli intervistati del sondaggio.
Lo sceicco islamico Rachid Ghannouchi, leader del movimento islamico tunisino Ennahda, prima forza del parlamento uscente, ha invitato intanto “militanti, simpatizzanti, sostenitori del partito ma anche coloro che hanno delle rimostranze”, come i partiti rivoluzionari e i candidati indipendenti, a unirsi per contrastare l’ascesa di Qalb Tounes, “unico concorrente di Ennhada” alle consultazioni che si svolgeranno domenica prossima, 6 ottobre. Parlando nel corso di una manifestazione della sua formazione politica, Ghannouchi ha messo in guardia dal “rischio di vedere emergere una forza parlamentare controrivoluzionaria che può creare una situazione di crisi e di impasse per il candidato al Palazzo di Cartagine, Kais Saied". Il riferimento è appunto a Qalb Tounes, il partito del magnate tunisino Karoui, candidato al secondo turno delle elezioni presidenziali del 13 ottobre e sfidante dell’indipendente Saied, quest’ultimo sostenuto da Ennahda. Karoui si trova attualmente in carcere per sospetta frode fiscale e non ha potuto fare campagna elettorale, nonostante le proteste degli osservatori internazionali per una situazione oggettivamente squalificante.
Negli anni scorsi la comunità internazionale aveva incoronato il paese come modello di democrazia nella regione nordafricana, in particolare con l’attribuzione del Nobel per la pace del 2015 al Quartetto per il dialogo nazionale tunisino (l’Unione generale tunisina del lavoro, Ugtt; la Confederazione tunisina dell’industria e dell’artigianato, Utica; la Lega tunisina per la difesa dei diritti dell’uomo, Ltdh; l’Ordine nazionale degli avvocati di Tunisia, Onat). Le quattro organizzazioni erano state premiate per aver dato “un contributo decisivo alla costruzione di una democrazia pluralistica sulla scia della Rivoluzione dei gelsomini”. Quattro anni dopo, tuttavia, i tunisini appaiono molto meno coinvolti e interessati nel processo democratico e ancor meno soddisfatti dalla loro classe dirigente. La situazione economica è andata peggiorando, sebbene stia attraversando una lieve ripresa che ancora non si riflette sulle condizioni di vita dei cittadini.
“populista” di recente costituzione Qalb Tounes (Cuore della Tunisia), dato per vincitore il 6 ottobre secondo gli ultimi sondaggi pubblicati in estate (prima che venissero vietati per legge) e anche in base ai sondaggi “vietati” che però circolano sui social network tunisini.
Saied, un costituzionalista conservatore sui diritti civili e votato soprattutto dai giovani, ha detto pubblicamente di non volere il sostegno dei partiti, ma di fatto è sostenuto da una colazione che annovera partiti moderati e “tradizionali” come Ennahda (di orientamento islamico democratico) e Afek Tounes (di tendenza social-liberale), ma anche movimenti più radicali. E’ questo il caso della Coalizione Karama di Seif Eddine Makhlouf, l’avvocato dei “foreign fighters” rientrati in Tunisia dalla Siria, che cerca di sfruttare “l’onda lunga” del successo di Saied per entrare in parlamento. Lo stesso candidato alle presidenziali ha presentato una denuncia contro Karama per aver usato una sua fotografia in campagna elettorale. Si tratta di una forza politica da non sottovalutare, visto che Makhlouf ha ottenuto 147.351 voti al primo turno delle presidenziali, pari al 4,37 dei voti. Il rischio è che l’ingresso nell’Assemblea dei rappresentanti del popolo di forze politiche di svariate estrazioni e tendenze - spesso inconciliabili tra loro - possa portare a una situazione di stallo, impedendo la formazione di una maggioranza.
Secondo gli ultimi sondaggi dell’istituto Sigma Conseil, risalenti a luglio, quindi prima dell’arresto di Karoui, il neonato partito Qalb Tounes raccoglieva il favore del 29 per cento degli intervistati. Più staccato il movimento islamico moderato Ennahda, con il 15 per cento dei consensi. In terza posizione, non lontano dalla seconda, finirebbe il Partito desturiano libero (Pdl, la formazione dei nostalgici dell’ex presidente Ben Ali) con il 12 per cento dei voti. Infine vi sono Tahya Tounes, il partito nato attorno al premier uscente Youssef Chahed, con l’8 per cento delle preferenze; il movimento della società civile Aich Tounes (7 per cento); il partito laico Nidaa Tounes e la Corrente democratica (6 per cento). Secondo l’analisi di Sigma Conseil, Nabil Karoui intercetterebbe in particolare il voto delle classi meno abbienti (43 per cento), ma sarebbe in grado di raccogliere solo il 16 per cento delle preferenze tra gli strati più altolocati della popolazione. Questi dati però non tengono conto del primo turno delle presidenziali e dell’arresto del magnate tunisino, finito peraltro al centro di un’aspra polemica (l’ennesima) su presunte e oscure attività di lobbying per vincere le elezioni.
Un sondaggio più recente condotto da Elka Consulting e pubblicato giovedì 3 ottobre dall’emittente radiofonica “Sidi Bou Said Fm”, garantisce a Qalb Tounes la posizione di primo partito della Tunisia con il 12,6 per cento delle preferenze degli intervistati, in netto calo rispetto al 30 per cento registrato a luglio, segno che l’arresto di Karoui ha inciso non poco sulla sua popolarità. Seguono gli islamici di Ennahda con l’8,5 per cento, confermando la seconda posizione. Al terzo posto figura invece Aich Tounes, che grazie all’8,1 per cento delle preferenze scalzerebbe Tahya Tounes dal gradino più basso del podio. A sorpresa la coalizione Karama raccoglierebbe il 7,5 per dei consensi, garantendo ai candidati radicali un importante numero di parlamentari. Fermi al 4 per cento i due partiti dell’anima “laica-modernista”, Tahya Younes e Nidaa Tounes: per quest’ultimo partito si tratta di un vero e proprio tracollo dopo l’exploit del 2014, quando il partito fondato da Beji Caid Essebsi (scomparso lo scorso luglio) riuscì a ottenere 1.279.941 voti, il 37,56 per cento delle preferenze e 86 seggi su 217. Chiude con il 3 per cento il Movimento popolare, coalizione di forze della sinistra, ma i dati vanno presi con le pinze vista anche l’alta percentuale di indecisi, pari al 21 per cento degli intervistati del sondaggio.
Lo sceicco islamico Rachid Ghannouchi, leader del movimento islamico tunisino Ennahda, prima forza del parlamento uscente, ha invitato intanto “militanti, simpatizzanti, sostenitori del partito ma anche coloro che hanno delle rimostranze”, come i partiti rivoluzionari e i candidati indipendenti, a unirsi per contrastare l’ascesa di Qalb Tounes, “unico concorrente di Ennhada” alle consultazioni che si svolgeranno domenica prossima, 6 ottobre. Parlando nel corso di una manifestazione della sua formazione politica, Ghannouchi ha messo in guardia dal “rischio di vedere emergere una forza parlamentare controrivoluzionaria che può creare una situazione di crisi e di impasse per il candidato al Palazzo di Cartagine, Kais Saied". Il riferimento è appunto a Qalb Tounes, il partito del magnate tunisino Karoui, candidato al secondo turno delle elezioni presidenziali del 13 ottobre e sfidante dell’indipendente Saied, quest’ultimo sostenuto da Ennahda. Karoui si trova attualmente in carcere per sospetta frode fiscale e non ha potuto fare campagna elettorale, nonostante le proteste degli osservatori internazionali per una situazione oggettivamente squalificante.
Negli anni scorsi la comunità internazionale aveva incoronato il paese come modello di democrazia nella regione nordafricana, in particolare con l’attribuzione del Nobel per la pace del 2015 al Quartetto per il dialogo nazionale tunisino (l’Unione generale tunisina del lavoro, Ugtt; la Confederazione tunisina dell’industria e dell’artigianato, Utica; la Lega tunisina per la difesa dei diritti dell’uomo, Ltdh; l’Ordine nazionale degli avvocati di Tunisia, Onat). Le quattro organizzazioni erano state premiate per aver dato “un contributo decisivo alla costruzione di una democrazia pluralistica sulla scia della Rivoluzione dei gelsomini”. Quattro anni dopo, tuttavia, i tunisini appaiono molto meno coinvolti e interessati nel processo democratico e ancor meno soddisfatti dalla loro classe dirigente. La situazione economica è andata peggiorando, sebbene stia attraversando una lieve ripresa che ancora non si riflette sulle condizioni di vita dei cittadini.
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