Una settimana dopo le proteste anti-regime
in Egitto, si allarga al Medio Oriente la parola d’ordine “Vogliamo la
caduta del regime” e in particolare in Iraq.
Infatti da ormai 5 giorni le principali città arabofone del paese (Baghdad, Nassirya e Bassora principalmente) sono interessate da forti e violente manifestazioni antigovernative con attacchi alle caserme di polizia e barricate. Il popolo iraqeno protesta contro l’alto tasso di disoccupazione, il caro-vita e il deterioramento progressivo dei servizi sociali e della qualità della vita in generale.
Il regime ha innanzitutto risposto con la repressione, ad oggi il quinto giorno di protesta si contano oltre 100 morti, migliaia di feriti, 500 arresti di cui 200 ancora non rilasciati. Secondariamente il primo ministro, , giovedi ha gettato fumo negli occhi dicendosi “d’accordo con le richieste dei manifestanti ma che il governo non puo’ fare magie” (sic!) cio’ che è certo è che il governo svende il paese e le sue risorse all’imperialismo, in particolare a quello americano che è pesantemente presente nel paese sia in termini militari che in termini economici. L’opposizione parlamentare e sciita dal canto suo sta tentando di cavalcare la tigre della rivolta popolare spontanea chiedendo nuove elezioni con la speranza di ritornare al potere per poi svolgere lo stesso ruolo di rappresentante della borghesia compradora e burocratica al servizio dell’imperialismo come l’attuale governo.
Infatti da ormai 5 giorni le principali città arabofone del paese (Baghdad, Nassirya e Bassora principalmente) sono interessate da forti e violente manifestazioni antigovernative con attacchi alle caserme di polizia e barricate. Il popolo iraqeno protesta contro l’alto tasso di disoccupazione, il caro-vita e il deterioramento progressivo dei servizi sociali e della qualità della vita in generale.
Il regime ha innanzitutto risposto con la repressione, ad oggi il quinto giorno di protesta si contano oltre 100 morti, migliaia di feriti, 500 arresti di cui 200 ancora non rilasciati. Secondariamente il primo ministro, , giovedi ha gettato fumo negli occhi dicendosi “d’accordo con le richieste dei manifestanti ma che il governo non puo’ fare magie” (sic!) cio’ che è certo è che il governo svende il paese e le sue risorse all’imperialismo, in particolare a quello americano che è pesantemente presente nel paese sia in termini militari che in termini economici. L’opposizione parlamentare e sciita dal canto suo sta tentando di cavalcare la tigre della rivolta popolare spontanea chiedendo nuove elezioni con la speranza di ritornare al potere per poi svolgere lo stesso ruolo di rappresentante della borghesia compradora e burocratica al servizio dell’imperialismo come l’attuale governo.
La situazione in tutta la regione MENA
(Medio Oriente e Nord Africa n.d.a.) è esplosiva come
mostra la cartina tematica qui su largamente condivisibile nella “fotografia” della situazione attuale.
mostra la cartina tematica qui su largamente condivisibile nella “fotografia” della situazione attuale.
In Algeria e Sudan sono in corso rivolte
dall’inizio dell’anno che hanno fatto cadere i rispettivi governi e
avviato un processo di transizione tanto confuso quanto incerto, lo
prova il fatto che ieri in Algeria ha avuto luogo la 33esima
manifestazione settimanale consecutiva e anche in Sudan le forze
popolari continuano a respingere le “soluzioni” di normalizzazione
provenienti dai palazzi del potere.
Proteste antigovernative sono in corso anche in Egitto, Iraq, Libano, Giordania e Siria. Per quanto riguarda l’Egitto rimandiamo al nostro recente post
Anche se nei restanti tre paesi
mediorentali le proteste non hanno raggiunto ancora l’ampiezza di quelle
iraqene o egiziane, le masse popolari sono sull’orlo di esplodere per
le stesse ragioni agitate dai fratelli iraqeni, inoltre in Siria seppur
avanzi un’incerta “pacificazione” (con molte virgolette anche perchè il
paese rimane al centro di differenti interessi imperialisti nonchè della
Turchia) pesano 8 anni di guerra che ha avuto conseguenze indirette non
a caso negli altri paesi in cui si stanno sviluppando queste proteste
sociali. Questa settimana in Libano professori e studenti in sciopero si
sono scontrati con la polizie ancora oggi vi sono manifestazioni anti-governative.
In Marocco è sempre all’ordine del giorno
la questione dei prigionieri politici e la questione della nazionalità
sahrawi oppressa di cui il Marocco occupa il territorio confinante a
sud, inoltre il fuoco della regione del Rif cova sotto le ceneri.
Anche in Tunisia, seppur apparentemente
avanza la “stabilità” voluta dalle classi dominanti e dall’imperialismo
per mezzo della cosiddetta “transizione democratica” le elezioni
politich attualmente in corso si stanno svolgendo nel pieno disinteresse
popolare con oltre il 50% dell’astensione. Discreto interesse sta
suscitando l’elezione del nuovo presidente con un candidato corrotto e
mafioso agli arresti e il probabile futuro presidente che rifiuta
attualmente l’appoggio di qualunque partito e che ingloba nel suo
programma elementi della “sinistra sociale” (intervento dello Stato
nell’economia, tassazione progressiva)ma anche elementi conservatori
legati all’identità arabo/islamica (mantenimento di un certo
“decoro/moralità” nella sfera pubblica in chiave anti LGBT ma anche
limitante verso le donne, rifiuto della parità nel diritto di
successione tra uomo e donna).
In questo contesto una volta terminata la farsa elettorale e chiarito chi si farà carico di portare avanti gli interessi stranieri nel paese, anche qui il nuovo governo potrebbe affrontare nuove proteste sociali dovute alla crisi ma anche a fattori esogeni come l’imposizione da parte dell’imperialismo che il piccolo paese nord africano diventi un enorme hotspot per i migranti rifiutati dall’Europa (in particolare Francia e Italia avanzano continuamente questa proposta).
In questo contesto una volta terminata la farsa elettorale e chiarito chi si farà carico di portare avanti gli interessi stranieri nel paese, anche qui il nuovo governo potrebbe affrontare nuove proteste sociali dovute alla crisi ma anche a fattori esogeni come l’imposizione da parte dell’imperialismo che il piccolo paese nord africano diventi un enorme hotspot per i migranti rifiutati dall’Europa (in particolare Francia e Italia avanzano continuamente questa proposta).
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