mercoledì 12 giugno 2019

pc 12 giugno - Contrastare con tutti i mezzi le storie di ordinario razzismo a Genova come altrove

Genova, voglia di segregazione, un genitore segnala e il Comune chiede alla scuola: "Perchè gli extracomunitari entrano dove ci sono i bambini?"

Il caso alla De Scalzi- Polacco dove si tengono corsi del Ministero per stranieri. Le maestre scrivono alle famiglie: "La nostra storia ha conosciuto le leggi razziali ma ora si applica la Costituzione". L'assessora Fassio: "Polemiche fuori luogo"

Assessori bastardi devono essere rimossi
Di certi genitori razzisti vanno fatti nomi e cognomi e segnalati con esposti pubblici

“C'è chi la chiama intolleranza quest'ombra che avanza” cantava Frankie Hi-Nrg Mc nella sua "Libri di sangue", e sembra proprio essere questo sentimento, mescolato all’ignoranza, la causa di un
apparentemente piccolo episodio ma che fornisce l’idea di come lentamente alcune parole d’ordine possano sgretolare i valori di una comunità.
In estrema sintesi: nello stabile della scuola elementare De Scalzi- Polacco in via Vincenzo Ricci, in pieno centro città, da anni al primo piano, separati dalle classi dei bambini, si tengono corsi scolastici del Ministero, con insegnanti dipendenti statali rivolti a cittadini stranieri. A metà maggio qualcuno, probabilmente un genitore con qualche conoscenza in Comune, segnala direttamente a qualche assessore quella che ritiene una presenza sospetta, ovvero adulti extracomunitari che entrano nella stessa scuola dei bambini genovesi.
Grazie a qualche canale privilegiato l’assessora Francesca Fassio incarica la sua segretaria di approfondire. Segue l’imbarazzata telefonata alla dirigente del plesso scolastico che ricorda – anche se non dovrebbe essercene bisogno- che in quella scuola da quasi vent’anni lo Stato tiene dei corsi. La segretaria dell’assessora capisce, saluta e il caso si chiude.
Ma la procedura seguita e il tema sollevato amareggiano le insegnanti della scuola. Che non è una scuola qualunque visto che nel 2001, allora assessore in Comune era Luca Borzani, la scuola De Scalzi, come si legge sul sito  “è stata co-intitolata ai fratelli Roberto e Carlo Polacco, figli del custode della Comunità ebraica genovese, che furono deportati con i genitori durante la retata alla Sinagoga del 3 novembre 1943, e morirono ad Auschwitz. È stata scelta la scuola De Scalzi poiché dal 1938, a seguito delle Leggi Razziali,  accolse gli alunni ebrei espulsi dalle scuole dello stato fascista. Nell’archivio sono tuttora conservati i registri riportanti la dicitura “scuola speciale razza ebraica”.
“Proprio per questa ragione, per la storia della nostra scuola – spiegano due maestre a Repubblica – abbiamo pensato che dovessimo qualche spiegazione e chiarimento ulteriore ai genitori. E dobbiamo dire che la risposta è stata quella che speravamo. Un genitore ci ha addirittura chiesto di organizzare una festa assieme agli studenti adulti dei corsi ministeriali, dove per altro insegna un nostro ex collega. Purtroppo quanto accaduto è un segno dei tempi, e quello che dovrebbe essere forse vissuto come un valore aggiunto di una comunità viene percepito da qualcuno come un possibile problema”.
Così è nata la lettera che è stata spedita a fine maggio a tutti i genitori e che potete leggere qui di seguito:

Cari genitori,
nel corso dell’ultimo Collegio Docenti del 21 maggio, la Dirigente Scolastica ha riferito di aver ricevuto una telefonata da parte della Segreteria dell’Assessore alle Politiche Educative e dell’Istruzione, Francesca Fassio, per una richiesta di chiarimenti riguardo la segnalazione fatta da un genitore della scuola Descalzi -F.lli Polacco.
Il genitore chiedeva spiegazioni circa la presenza di persone, “senza dubbio extracomunitarie”, che seguirebbero lezioni contemporaneamente ai bambini e che utilizzerebbero lo stesso accesso utilizzato dai bambini.
La Dirigente ha prontamente chiarito che, da anni, in questo plesso, al primo piano, funziona un corso di italiano realizzato dal CPIA Centro – Levante e che, quindi, le persone incontrate dal genitore si recavano evidentemente a lezione.
Vorremmo condividere con voi alcune riflessioni che sono nate tra noi, al venire a conoscenza di questo fatto:
È noto a tutti che, da anni, l’edificio ospita una classe di alfabetizzazione degli adulti del CPIA Centro – Levante, come si può leggere sul sito della scuola, e chiaramente il corso è offerto ad adulti stranieri, non certo italiani.

Ci ha stupito che la richiesta di informazioni e chiarimenti sia stata indirizzata direttamente al Comune: basta leggere la descrizione, pubblicata al sito, delle attività che si svolgono nella scuola o almeno ascoltare quanto viene descritto e spiegato nel corso degli Open Day.
Il genitore in oggetto avrebbe potuto e dovuto, come vorrebbe la prassi, rivolgersi alle figure sempre presenti e disponibili nella scuola per avere chiarimenti circa la presenza di queste persone straniere: il personale ATA, la Referente di Plesso, i docenti avrebbero potuto fugare qualsiasi dubbio ed, anzi, avrebbero potuto invitare il genitore ad incontrare il maestro Giorgio Duò, storica figura della scuola e titolare del corso.
Inoltre colpisce che tutto ciò sia avvenuto in una scuola: luogo che è per definizione e Costituzione ed inclusivo; luogo in cui si insegna ai bambini a non fare distinzioni “di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
La nostra scuola, dopo le indegne “Leggi Razziali del 1938” è stata per qualche anno sede delle classi separate e diverse dei bambini ebrei genovesi: il nostro archivio conserva ancora i registri di quelle classi con l’infamante timbro che indicava la “Razza ebraica” o i fascicoli personali dei docenti che furono licenziati perché ebrei
. All’epoca sì che quei bambini e i loro docenti entravano ed uscivano da un ingresso diverso dagli altri! Anche per questo, ci pare significativo e al tempo stesso incoraggiante, che proprio questo edificio sia ora sede di un corso di Lingua Italiana per stranieri che accoglie e include tutti.
Questo episodio ci spinge a ribadire che solo attraverso una leale e trasparente comunicazione tra docenti e famiglie, si possono stabilire relazioni positive che possano far diventare la scuola un luogo di “incontro” e di “incontri” significativi.
La scuola non è solo luogo di apprendimenti, ma anche occasione di crescita nelle relazioni con la consapevolezza che ogni esperienza e ogni “diversità” con cui ci si confronta possono diventare, se ben gestite, una risorsa e un arricchimento.
I docenti e i collaboratori della scuola Descalzi-F.lli Polacco


"Quando al mio assessorato arrivano domande da parte dei cittadini è nostro uso prendere le informazioni necessarie e rispondere. Così è successo anche quando ci è stato chiesto se corrispondeva a realtà il possibile utilizzo della primaria Descalzi-Polacco per corsi di italiano per stranieri nello stesso momento in cui i bambini erano presenti a scuola. La mia segreteria ha chiamato la scuola per ottenere delle indicazioni. Nulla di più".

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