giovedì 13 giugno 2019

pc 13 giugno - Torino - Le vite dei lavoratori come strumento di propaganda - un contributo

stralci 
Enzo Pellegrin
11/06/2019

Ha destato un certo scalpore il trattamento riservato dai riders torinesi scesi in manifestazione qualche giorno fa ad alcuni rappresentanti politici dei Cinquestelle, i quali avevano avvicinato i manifestanti per portare solidarietà (e verosimilmente documentare la loro vicinanza sulle rispettive bacheche propagandistiche).


Nel video che può vedersi qui, i riders cacciano via senza mezzi termini la consigliera regionale Francesca Frediani e la deputata Jessica Costanzo. In particolare, i lavoratori apostrofano i politici gridando "Fatevi il selfie che poi domani fate il post".
A gennaio, nelle bacheche del Movimento 5 stelle Piemonte, si menava vanto di aver fatto approvare una proposta di legge "a forte matrice M5S" a tutela dei riders. In realtà, la proposta di legge non era nemmeno del M5S, ma dei consiglieri Grimaldi e Valle,
Tuttavia, il contenuto della proposta non è affatto parto spontaneo dei suddetti  politici. La proposta si ispira in gran parte a quella elaborata dai lavoratori della piattaforma Deliverance Milano. Il M5s Piemonte rivendica ad un proprio emendamento l'introduzione del divieto di lavoro a cottimo. In realtà, anche questo era una delle rivendicazioni principali che Deliverance esplicitava, forse in modo

più preciso dello scarno art. 5 della proposta di legge del consiglio regionale piemontese.
Da gennaio ad oggi, il viaggio di questa proposta legislativa nei vari labirinti parlamentari non ha portato a nulla.
E' vero che la proposta è stata approvata dal Consiglio Regionale del Piemonte come disegno di legge della Regione. Tuttavia, l'unico risultato prodotto sono stati gli annunci nei siti e nei post dei politici. Non avendo il Consiglio Regionale competenza legislativa in tale materia, il provvedimento èstato trasmesso alla Camera come disegno di legge della Regione.
In quest'ultimo luogo della politica rappresentativa il processo si è affossato: non solo non vi è stata approvazione, ma nemmeno la messa in discussione.
Quanto al Governo?
Anche in questo caso, le rivendicazioni dei riders hanno inanellato una serie di promesse abortite, il cui risultato èstato solo quello di produrre annunci e post propagandistici da parte del Ministro Di Maio.
Con dichiarazione ad effetto, quest'ultimo, appena insediatosi in carica, con uno stile pubblicitario ormai conosciuto, aveva promesso che il primo impegno sarebbe stato aprire un tavolo per la tutela dei riders, ventilando addirittura la promessa di un "decreto riders".
Come di consueto avviene con questo dicastero, nulla di quanto annunciato è stato mantenuto.
Dal decreto riders si passava ad una più mite promessa di inserire una norma nel decreto dignità che facesse rientrare i lavoratori on demand nell'alveo della subordinazione. Insufficiente e generica, ma soprattutto un proposito mai adempiuto e presto abbandonato, dal momento che - alla prova dei fatti - proprio il Ministro Di Maio ha fatto marcia indietro.
Il governo pentastellato - nel suo "fare" - si è dimostrato pressato da esigenze a dir loro più urgenti e pressanti, quali il decreto sicurezza, le norme contro l'immigrazione, la riforma della legittima difesa.
La seconda strada intrapresa dal governo per tutelare i lavoratori era quella di chiedere umilmente il permesso agli imprenditori della Gig Economy: il consueto tavolo delle trattative, dove tutto si discute ma - ormai da molti anni - nulla di buono viene fuori per la classe operaia.
Sperimentata l'inefficacia di una contrattazione disarticolata e locale, la rotta venne mutata verso una contrattazione nazionale.
Il Ministero pentastellato proponeva come punti rilevanti la previsione di un compenso minimo orario, una tutela Inail e Inps, il diritto a non dipendere da un algoritmo e la regolazione della prestazione di tipo reputazionale.
Richieste ben limitate ed ancillari rispetto alle esigenze dei lavoratori.  Questo la dice lunga su quanto poco ci sia di pentastellato anche nella proposta di legge regionale.
I lavoratori, dal canto loro, erano interessati alla questione fondamentale: inserire i riders tra i lavoratori subordinati.
Ed è proprio qui che alle trattative è seguito un nulla di fatto.
Se chiedi al padrone di rinunciare ai privilegi che ti rendono schiavo, egli dirà di no, e manderà a monte la trattativa, tanto l'assenza di disciplina e contratto va a suo favore. Intanto continua la situazione di sfruttamento e deregulation precedente.
Ad oggi, i riders restano nella medesima situazione.

La storia del nuovo dicastero del lavoro è zeppa di  promesse non mantenute: dalla mancata vigilanza in merito agli accordi per Whirlpool, Mercatone Uno, Ilva, alla questione sempre rimandata dei riders.
In questi processi di illusione e delusione, le vite dei lavoratori vengono sfruttate per procurare visibilità, consenso e simpatia ai vari personaggi politici, autori di una "politica degli annunci", sparsi a piene mani con selfies, post sui social network, annunci televisivi.
Il principio è sempre il medesimo: gli annunci impressionano tanti. I traditi sono un numero minore che in qualche modo può venir silenziato nel rumore comunicativo.
Le rimostranze verso le promesse da marinaio possono annegare nell'assordante mare di propaganda su TV e social media che non mette quasi mai alle corde il politico traditore.

Il caso dei cinquestelle è poi emblematico, non tanto perché esiste un vero e proprio corposo elenco delle promesse tradite nei confronti dei movimenti che hanno cavalcato per ragioni elettorali (caso ILVA, NOTAP, NOTRIV, NO TERZOVALICO), ma anche perché le promesse sono state elargite con semplicità e superficialità, da vero imbonitore di televendita.
Le gravi crisi occupazionali che hanno colpito il mondo del lavoro italiano negli ultimi giorni seguono ad una serie di precedenti annunci del Ministro Di Maio, propalati nel momento in cui si era intestato il merito degli accordi con la controparte padronale.
Anche in questo caso, mentre l'annuncio è stato curato nei minimi particolari, completamente assente è stata la vigilanza necessaria del Ministero del Lavoro sul rispetto degli accordi o sull'andamento della politica d'impresa. La vicenda della cassa integrazione all'Ilva ha seguito dinamiche similari. Ai nuovi padroni dell'Ilva, nel nome di una asserita tutela occupazionale, era stato concesso tanto: dall'immunità penale alla salute dei lavoratori e dei cittadini di Taranto. La stessa ed identica dinamica dei precedenti governi. Ecco perché l'annuncio della Cassa Integrazione Guadagni è stato percepito come l'ennesima beffa.

Le vite dei lavoratori sono state dunque utilizzate come mero strumento di propaganda elettorale, finalizzate a vincolarli al guinzaglio dell'ennesimo soggetto politico, di fatto subordinato agli interessi delle classi dominanti......

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