Va
affermato che c'è una sola soluzione a Taranto, l’unità operai e
masse popolari dei quartieri inquinati, per imporre la radicale
ambientalizzazione dello stabilimento, attraverso il blocco di
esso con la lotta comune e un piano per tappe che salvaguardi
realmente lavoro, sicurezza e salute, ponendo un freno alle fonti
inquinanti. Questa unità per affermarsi deve battere le
posizioni aziendaliste e neo corporative dei sindacati firmatari
dell'accordo del 6 dicembre e i piani: meno operai, più
sfruttamento e più produzione, più inquinamento dei nuovi
padroni indiani. Così come sul territorio bisogna imporre una
bonifica e misure d'emergenza sanitarie contro i piani del governo
attuale, come di ogni governo dei padroni.
Nella
costruzione di questa mobilitazione bisogna separare le posizioni di
classe da quelle della piccola e media borghesia ambientalista,
riformista e antioperaia che ha un ruolo influente nella lotta a
Taranto e nella visione nazionale della questione Ilva.
Un
ruolo centrale in questa mobilitazione assolve la denuncia
anticapitalista che riafferma il principio che “nocivo è il
capitale non la fabbrica”, e che solo col potere e le fabbriche
nelle mani degli operai la questione è risolvibile nell'interesse
della classe e delle masse popolari.
Un
terreno importante è quello del maxi processo “Ambiente
svenduto” che vede coinvolti padroni assassini e i loro
complici, paradigma di tutti i processi per morti sul lavoro,
inquinamento, devastazione ambientale. La battaglia per giustizia e
risarcimenti condotta a Taranto, dalle parti civili autorganizzate
dallo Slai cobas per il sindacato di classe è una battaglia che
va sostenuta a livello nazionale e portata in tutti i processi
analoghi che si svolgono nel paese.
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