Si tratta innanzitutto di supportare e dare
voce a chi, tra enormi difficoltà, trova il coraggio e
la forza di opporsi da dentro a questo regime, a quanti
osano ribellarsi agli abusi quotidiani pur consapevoli
delle conseguenze cui vanno incontro: pensiamo alle mobilitazioni
tramite scioperi della fame e battiture
effettuate nella sezione maschile del 41bis a L’Aquila
contro le vessatorie limitazioni sull’uso della tv, così
come lo sciopero della fame da parte degli internati al
41bis di Tolmezzo (carcere in cui era stata da poco
trasferita in blocco – e qui non funzionante – la “casa
lavoro” dal carcere de L’Aquila), per il ripristino
del minimo di attività lavorative necessarie alla
cessazione della misura di sicurezza cui sono sottoposti
pur avendo terminato di scontare la pena. Abbiamo
sostenuto e seguito da vicino la protesta della compagna
Nadia Lioce, processata (e assolta…) per una serie di
battiture motivate dalla sottrazione di alcune carte
processuali; di fatto le sue dichiarazioni rese al
processo e le memorie difensive, oltre a dimostrarsi un
boomerang nei confronti dell’amministrazione
penitenziaria, hanno contribuito a squarciare il velo
rispetto alle angherie e ai soprusi di chi è recluso
nelle sezioni 41bis, in questo caso del carcere de
L’Aquila.
La sezione 41bis di Cuneo,
riaperta di recente, è una delle “peggiori” come conferma
Alessio Attanasio, sepolto nelle sezioni 41bis
ininterrottamente dal 2002, nelle pagine del suo libro,
“L’inferno dei regimi differenziati”. Frutto di una serie
di corrispondenze, dopo anni di sforzi e difficoltà, è
riuscito a essere pubblicato. Il testo, una preziosa
testimonianza dell’inferno del 41bis e dei regimi
differenziati, ci ha sollecitato, come Campagna, a
supportare la sua lotta attraverso presentazioni del libro
in diverse città.
Ci sembra utile riportare degli
estratti dal “Rapporto tematico sul regime detentivo
speciale ex art 41bis dell’O.P. (2016-2018)” che danno una
descrizione della sezione 41bis del carcere di Cuneo.
“(…) Gravemente critiche le condizioni
strutturali della sezione 41-bis o.p. della Casa
circondariale di Cuneo, riaperta a marzo del 2018 a
seguito della chiusura della sezione della Casa
circondariale di Ascoli Piceno con il trasferimento di
tutti i detenuti provenienti da tale Istituto. La
precedente generale situazione di degrado dei locali,
che aveva portato alla chiusura del reparto due anni
prima, a maggio 2016, per necessarie ristrutturazioni al
fine di renderlo adeguato ai parametri
internazionalmente stabiliti, non ha trovato una
soluzione accettabile nei lavori realizzati per
permetterne la riapertura. (…) Sulle condizioni
generali degli ambienti, la visita all’Istituto di Cuneo
ha confermato le molte criticità segnalate al Garante
nazionale in decine di reclami ex articolo 35 o.p.:
infissi delle finestre che non chiudono, con grande
dispersione di calore in inverno, in una città a clima
rigido come Cuneo; bagni privi di acqua calda e senza
porta e dotati di uno spioncino sul corridoio di circa
15 x 40 cm e inevitabile mancanza di privacy; lavandini
molto piccoli (25 x 40 cm) da usare anche per lavare i
vestiti; docce comuni in numero ridotto (una per
sezione) con attivazione a tempo (7 minuti per ogni
doccia); acqua calda insufficiente rispetto alle
esigenze; interruttori della luce delle stanze detentive
esterni alla stanza stessa; materassi con data di
scadenza il 2015. A questo si aggiunge la scarsa qualità
del materiale utilizzato per dipingere le pareti che
‘sfarinandosi’ determina un persistente pulviscolo che
viene respirato da personale e ristretti. (…)
Un discorso a parte meritano poi
le sale colloqui: nell’Istituto di Cuneo, contrariamente a
quanto previsto dalla più volte citata circolare
(Circolare DAP n. 3676/6126 del 2 ottobre 2017, articolo
16, capoverso 4), sono cabine di 1x 1,5 m, chiuse fino al
soffitto, con una fascia di vetro alta 50 cm che costringe
le persone che fanno il colloquio a stare piegate per
vedere in volto, seppure oltre il vetro, i propri
familiari. Le pareti divisorie delle cabine non isolano
dai rumori, lasciando passare le voci (…)”.
Questo presidio
s’inserisce in un contesto di duro attacco a chi tenta
di resistere – e a volte anche solo di “rivendicare la
propria esistenza” – all’interno delle carceri, come
dimostrano i sempre più numerosi “suicidi”. Censura
della posta sempre più frequente, pestaggi,
trasferimenti punitivi a centinaia di chilometri di
distanza dai luoghi di origine o di residenza, ricorso
alla sorveglianza particolare (14 bis) e in genere
all’isolamento sono solo alcuni degli strumenti
utilizzati per continuare a punire, mantenere “esterno”,
lontano dagli occhi e isolato, questo pezzo di società che nonostante tutto si
oppone, in alcuni casi anche con pratiche
radicali come avvenuto nel carcere di Trento dove neanche un
anno fa i detenuti hanno distrutto un’intera sezione.
Un duro attacco che si estende
anche a chiunque porti avanti la propria opposizione
contro lo stato di cose attuali, lottando contro
devastazioni ambientali, sgomberi di spazi e case
occupate, licenziamenti sul lavoro, opposizione alle
espulsioni di immigrate e immigrati e la loro reclusione
nei campi d’internamento.
Sta diventando infatti sempre più frequente,
per chi si espone nelle lotte, l’accusa di associazione
sovversiva e quindi la carcerazione in sezioni di alta
sicurezza (AS2) – sezioni “dedicate”, per come previsto
dalla circolare del DAP (n. 6069 del 2009), a chi è
accusato di 270, 270-bis, 270-ter, 270-quater,
270-quinquies, 280, 280-bis, 289-bis, 306 c.p. Sezioni
in qualche modo “sperimentali”, in cui, come in 41bis, e
subito dopo rispetto al 41bis, vengono testati
meccanismi di controllo e/o di carcerazione che poi a
cascata vengono imposti alle altre sezioni,
così come accaduto per l’applicazione del processo in
video-conferenza. Prima sistema applicato solo ai
detenuti in 41bis, ora diffuso anche ai prigionieri in Alta Sicurezza e già esteso agli
immigrati nei processi per la richiesta di asilo.
E certamente il recente trasferimento di tre
compagne nella sezione AS2 del carcere de L’Aquila così
come la carcerazione di altri tre compagni nel carcere
di Tolmezzo, due carceri con sezioni a 41bis, può
rendere più facile il “passaggio” delle sperimentazioni
verso una consuetudine.
I
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