Questa vicenda dei dossier costruiti contro magistrati, colpevoli di aver applicato le leggi anche se in contrasto con i diktat di Salvini, rende bene l’idea che ha della democrazia il Ministro della propaganda.
Per giunta si tratta di tre donne magistrate e possiamo immaginare che al
machismo di stampo leghista questo sarà apparso come un affronto
insopportabile. Di qui l’attacco personale, anche sul piano della vita
privata.
La nota diffusa ieri dal Viminale testualmente, dice: «Il Viminale intende rivolgersi all’Avvocatura dello Stato anche per valutare se i magistrati che hanno emesso le sentenze avrebbero dovuto astenersi, lasciando il fascicolo ad altri, per l’assunzione di posizioni in contrasto con le politiche del governo in materia di sicurezza, accoglienza e difesa dei confini. Idee espresse pubblicamente o
attraverso rapporti di collaborazione o vicinanza con riviste sensibili al tema degli stranieri come Diritto, immigrazione e cittadinanza o con avvocati dell’Asgi».
Sulla vita e le opinioni personali delle tre magistrate – a cui va tutta la nostra solidarietà – è stato evidentemente disposto che si indagasse, essendosi macchiate, secondo Salvini, della grave colpa di amministrare la giustizia pur avendo idee diverse dalle sue. «Se vogliono opporsi alle politiche del governo – ha ribadito più volte il leader leghista – devono candidarsi». Un’idea già espressa per altri magistrati, ad esempio per quelli della procura di Agrigento che hanno dissequestrato la Mare Jonio, e che chiarisce, se ce ne fosse bisogno che, nonostante il ruolo istituzionale rilevante che ricopre, Salvini della Costituzione e dei principi in essa contenuti, dell’indipendenza della magistratura e della separazione dei poteri se ne fa un baffo. Non sappiamo se oltre alle informazioni usate per la nota diramata ieri, ne siano state raccolte altre, magari su altri magistrati, per continuare ed estendere quest’opera di dossieraggio.
Esteso o meno che sia il file nel computer di un qualche ufficio del Viminale dove sono state raccolte le informazioni usate per intimidire, perché di questo si tratta, chi fa onestamente il proprio lavoro applicando e interpretando le leggi e la Costituzione, che è proprio del ruolo di un giudice, siamo sicuri che continuerà serenamente il suo lavoro.
Quindi, per quanto il titolare dell’Interno e quello della Giustizia si affannino a dire che non c’è stata alcuna attività di dossieraggio, i fatti ormai noti li sconfessano apertamente.
Pensate se ai magistrati, e sono tanti – e ricordiamo anche coloro che di mafia sono morti – che andavano e vanno nelle scuole o ai convegni a «parlare male» di mafia, a esprimere pareri sui fatti e sulle leggi, o a parlare di giustizia e del principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, del coraggio di schierarsi, fosse stato contestato, dai difensori dei mafiosi, una loro non imparzialità nei giudizi e gli fosse stato chiesto di astenersi.
Oppure se un giudice del lavoro, impegnato in procedimenti contro lo sfruttamento di lavoratori da parte di un’azienda, venisse ritenuto non imparziale, e quindi venisse ricusato per aver partecipato ad un convegno sui diritti dei lavoratori e sulla necessità della loro tutela. Questa attività di dossieraggio, al di là degli effetti sui ricorsi annunciati dal Viminale e affidati all’avvocatura di Stato, oltre all’intimidazione, puntano a creare nell’opinione pubblica sospetto e acredine, a delegittimare chi ricopre un ruolo fondamentale per la salvaguardia dello stato di diritto. Basta leggersi le migliaia di reazioni violente e aggressive dei ‘leoni da tastiera’.
La macchina della propaganda salviniana, forte ed estesa ,sta davvero superando ogni limite per un sistema democratico che tale voglia rimanere.
Coltiviamo la speranza che il nostro Paese si svegli dal torpore nel quale sembra essere piombato, immerso nella nebbia del razzismo, e riprenda finalmente coscienza di quel che davvero sta succedendo, di quanto sia pericoloso tutto ciò per la tenuta della democrazia. Ma, per uscire dall’incubo, è necessario costruire il dissenso, renderlo visibile l’Italia che non si arrende, costruire una larga opposizione civile.
* Responsabile Immigrazione Arci Nazionale Presidente Arcs Arci Culture Solidali
La nota diffusa ieri dal Viminale testualmente, dice: «Il Viminale intende rivolgersi all’Avvocatura dello Stato anche per valutare se i magistrati che hanno emesso le sentenze avrebbero dovuto astenersi, lasciando il fascicolo ad altri, per l’assunzione di posizioni in contrasto con le politiche del governo in materia di sicurezza, accoglienza e difesa dei confini. Idee espresse pubblicamente o
attraverso rapporti di collaborazione o vicinanza con riviste sensibili al tema degli stranieri come Diritto, immigrazione e cittadinanza o con avvocati dell’Asgi».
Sulla vita e le opinioni personali delle tre magistrate – a cui va tutta la nostra solidarietà – è stato evidentemente disposto che si indagasse, essendosi macchiate, secondo Salvini, della grave colpa di amministrare la giustizia pur avendo idee diverse dalle sue. «Se vogliono opporsi alle politiche del governo – ha ribadito più volte il leader leghista – devono candidarsi». Un’idea già espressa per altri magistrati, ad esempio per quelli della procura di Agrigento che hanno dissequestrato la Mare Jonio, e che chiarisce, se ce ne fosse bisogno che, nonostante il ruolo istituzionale rilevante che ricopre, Salvini della Costituzione e dei principi in essa contenuti, dell’indipendenza della magistratura e della separazione dei poteri se ne fa un baffo. Non sappiamo se oltre alle informazioni usate per la nota diramata ieri, ne siano state raccolte altre, magari su altri magistrati, per continuare ed estendere quest’opera di dossieraggio.
Esteso o meno che sia il file nel computer di un qualche ufficio del Viminale dove sono state raccolte le informazioni usate per intimidire, perché di questo si tratta, chi fa onestamente il proprio lavoro applicando e interpretando le leggi e la Costituzione, che è proprio del ruolo di un giudice, siamo sicuri che continuerà serenamente il suo lavoro.
Quindi, per quanto il titolare dell’Interno e quello della Giustizia si affannino a dire che non c’è stata alcuna attività di dossieraggio, i fatti ormai noti li sconfessano apertamente.
Pensate se ai magistrati, e sono tanti – e ricordiamo anche coloro che di mafia sono morti – che andavano e vanno nelle scuole o ai convegni a «parlare male» di mafia, a esprimere pareri sui fatti e sulle leggi, o a parlare di giustizia e del principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, del coraggio di schierarsi, fosse stato contestato, dai difensori dei mafiosi, una loro non imparzialità nei giudizi e gli fosse stato chiesto di astenersi.
Oppure se un giudice del lavoro, impegnato in procedimenti contro lo sfruttamento di lavoratori da parte di un’azienda, venisse ritenuto non imparziale, e quindi venisse ricusato per aver partecipato ad un convegno sui diritti dei lavoratori e sulla necessità della loro tutela. Questa attività di dossieraggio, al di là degli effetti sui ricorsi annunciati dal Viminale e affidati all’avvocatura di Stato, oltre all’intimidazione, puntano a creare nell’opinione pubblica sospetto e acredine, a delegittimare chi ricopre un ruolo fondamentale per la salvaguardia dello stato di diritto. Basta leggersi le migliaia di reazioni violente e aggressive dei ‘leoni da tastiera’.
La macchina della propaganda salviniana, forte ed estesa ,sta davvero superando ogni limite per un sistema democratico che tale voglia rimanere.
Coltiviamo la speranza che il nostro Paese si svegli dal torpore nel quale sembra essere piombato, immerso nella nebbia del razzismo, e riprenda finalmente coscienza di quel che davvero sta succedendo, di quanto sia pericoloso tutto ciò per la tenuta della democrazia. Ma, per uscire dall’incubo, è necessario costruire il dissenso, renderlo visibile l’Italia che non si arrende, costruire una larga opposizione civile.
* Responsabile Immigrazione Arci Nazionale Presidente Arcs Arci Culture Solidali
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