Sempre più il salario dei lavoratori viene ridotto, attaccato da ogni parte. I padroni usano vari strumenti: l'allungamento della giornata lavorativa e/o aumento della produttività – per cui gli operai lavorano di più o più intensamente ma il salario non aumenta, anzi relativamente si impoverisce; il blocco da anni della contrattazione nazionale, sostituendo al massimo, soprattutto a livello aziendale, aumenti salariali con forme di pacchetto di welfare (in parte scaricato sullo Stato), miserie di buoni, ticket, o con indennità/premi che hanno soprattutto lo scopo di dividere/discriminare gli operai - una sorta di “gabbia salariale aziendale” - e legare come dei servi elemosinanti ai propri piani di profitto una minoranza di essi. Tutto questo, in generale, con l'accordo o il silenzio-assenso di buona parte dei sindacati confederali.
A tenere bassi i salari contribuisce poi la pressione usata dai padroni della massa sempre più grande di lavoratori tenuti con contratti atipici, a bassissimo reddito, considerati dalle aziende piccole, medie, o grandissime, come Amazon, non dipendenti, benchè di fatto lavorino come e peggio dei lavoratori dipendenti; la pressione dei disoccupati, dei lavoratori espulsi dal ciclo produttivo. Per non parlare del salario tagliato per la cassa integrazione che ormai sta diventando il reddito stabile di decine di migliaia di lavoratori.
Il governo e lo Stato da parte loro attaccano il salario, anch'essi in vari modi, con l'aumento astronomico delle bollette, con il carovita, caro sanità, caro scuola, ecc. ecc.
Il fatto di dare ormai come assodato e immodificabile “l'esistenza della povertà”, che una parte della popolazione è costituita da “poveri” come una sorta di marchio naturale di vita – ci sono i ricchi, ci sono i lavoratori e ci sono i “poveri”, che diventano sempre di più perchè diventano “poveri” una parte consistente dei lavoratori; il fatto di adottare miseri provvedimenti a questo scopo – i cui effetti
per come vengono fatti sono peggiori del male (vedi Reddito di cittadinanza legato a controlli, repressione, imposizioni ricattatorie di subordinazione a corsi, lavori impossibili, ecc. ecc.), è una esplicita attestazione della volontà di questo sistema borghese di perseguire nella sua strada.
Come scrive “Oxervator”. “i salari sono fermi da 17 anni, i salari reali sono diminuiti del 4,3% tra il 2010 e il 2017. Il salario medio orario lordo in Italia è di 12,49 euro, addirittura sotto la media europea dei 28 paesi che è di 13,14 euro. Sotto a quelli di Danimarca (25,5), Irlanda (20,16), Svezia (18,46), Lussemburgo (18,38), Belgio (17,32), Finlandia (17,24), (fonte Eurostat); ma si scende ad un salario netto medio, di poco più di 8 euro orarie. Anche meno per gli operai, perché questa è la media delle retribuzioni di tutti i lavoratori dipendenti (esclusi gli apprendisti), compresi anche gli alti stipendi di capi, capetti e impiegati dei livelli alti.
In ciascuno dei 28 paesi dell’Eu, vi è inoltre una fascia di salari più bassi, pari o inferiori di due terzi della media lorda dei salari orari nazionali. La percentuale di questi salari più bassi, è del 9,4% in Italia, mentre nei paesi che abbiamo visto in cima ai salari, la percentuale degli operai e lavoratori meno pagati è più bassa: 2,6% in Svezia, 3,8% in Belgio, 5,3 in Finlandia”.
Le retribuzioni minime nel settore industriale arrivano a malapena a 7,92 euro l’ora al lordo della tassazione e delle ritenute sociali; per non parlare delle retribuzioni minime per gli operai agricoli, tra le più basse in assoluto, che stabiliscono una paga oraria minima di 6,08 euro ora lorde.
E' naturale, giusto, inevitabile che a fronte di questa riduzione/taglio dei salari, si ponga il problema centrale di una lotta per l'aumento del salario, a livello nazionale e per tutti i lavoratori.
Un sindacato che si dica tale è normale che lo metterebbe come priorità nella battaglia nazionale, in ogni fabbrica e posto di lavoro, nella contrattazione.
Saremmo alla “normale contrattazione tra forza-lavoro e capitale”. Se tu capitale aumenti l'utilizzo della mia forza-lavoro, se, grazie a questo, aumenti la produttività e anche i profitti, è legittimo che paghi di più la mia forza-lavoro. Non che addirittura tu riduca il mio salario.
Il salario è il prezzo dei mezzi di sostentamento necessari a riprodurre la forza-lavoro dell'operaio, in questo per il capitalista la forza-lavoro è come una qualsiasi altra merce il cui prezzo è stabilito sulla base del tempo medio/sociale necessario alla sua produzione. Ma l'operaio è una merce speciale che dopo aver lavorato per un tempo x per riprodursi (lavoro necessario) continua a lavorare gratis per il padrone e quindi a produrre plusvalore, e il capitalista cerca con ogni mezzo di aumentare la parte di lavoro gratis e diminuire la parte di lavoro necessario che deve pagare.
Ma – dice l'operaio – se il salario è il pagamento del tempo che mi serve per riprodurmi come merce forza-lavoro, stando alle tue stesse leggi capitalistiche, mi devi "almeno" pagare il salario corrispondente al tempo necessario per la produzione dei beni, in condizioni sociali date, che servono a me operaio per tornare il giorno dopo, il mese dopo a lavorare.
Quindi, se, come da tempo, i padroni non pagano questo salario, è come rubare sul pagamento di una merce, ed è quindi legittimo che l'operaio dica forte: mi devi aumentare il salario!
Non esiste un prezzo minimo per le patate o il taglio dei capelli o il biglietto del cinema. Perchè allora esiste questa norma per la forza-lavoro?...".
Il "libero mercato" vale, in questo sistema, solo per il capitale che punta a trovare sul mercato mondiale, il costo della forza lavoro alle condizioni salariali e normative a lui più favorevoli, sia dettando e utilizzando le leggi dei suoi governi, sia, soprattutto nella fasi di crisi, utilizzando l'arma dei licenziamenti e l'aumento della massa dei disoccupati.
Per gli operai, invece, non c'è un "libero mercato" ma solo la legge dello sfruttamento.
Per tutto questo è pienamente legittimo porre all'OdG oggi la lotta per l'aumento del salario!
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