giovedì 9 maggio 2019

pc 9 maggio - Imperialismo USA ora - un articolo interessante su cui tornare

Una valutazione sugli USA come potenza globale nell'era Trump

James Petras | petras.lahaine.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

01/05/2019

Introduzione
La potenza mondiale degli Stati Uniti nell'era Trump si riflette nelle continuità e nei mutamenti che si dipanano con rapidità e profondità nel mondo e che influenzano la posizione di Washington. Valutare le dinamiche del potere globale degli Stati Uniti è un problema complesso che richiede un esame multidimensionale.
Procederemo con:
1) Ponderare i principi che dettano la costruzione dell'impero, specificamente le basi del potere e i cambiamenti dinamici nelle relazioni e nelle strutture che determinano la posizione attuale e futura degli Stati Uniti;
2) Identificare le sfere di influenza e di potere e la loro crescita e declino;
3) Esaminare le regioni teatro di conflitto e contesa;
4) le rivalità principali e secondarie;
5) le relazioni stabili e dinamiche tra centri di potere esistenti ed emergenti;
6) le dinamiche interne che formano la forza relativa dei centri concorrenti del potere globale;
7) l'Instabilità dei regimi e degli stati che cercano di mantenere ed espandere il potere globale.

Ponderazione della potenza globale
La potenza globale degli Stati Uniti è stata costruita su diversi fatti significativi, che includono: la

vittoria degli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale, con la conseguente avanzata economica e la posizione militare dominante sui cinque continenti.

Gli Stati Uniti hanno accresciuto il loro dominio attraverso una serie di alleanze in Europa attraverso la NATO; in Asia attraverso una relazione egemonica con Giappone, Corea del Sud, Filippine e Taiwan, come in Australia e Nuova Zelanda in Oceania; in America Latina attraverso i regimi tradizionali clientelari; in Africa con governi neo-coloniali imposti a seguito dell'indipendenza.



Il potere globale degli Stati Uniti è stato costruito attorno l'accerchiamento di URSS e Cina, minando le loro economie e sconfiggendo militarmente i loro alleati attraverso guerre regionali.

La superiorità economica e militare creata nel secondo dopoguerra, subordinò gli alleati e stabilì il potere globale degli Stati Uniti, ma creò le basi per graduali cambiamenti nei rapporti di dominazione. Il potere globale degli Stati Uniti era formidabile ma soggetto a cambiamenti economici e militari nel tempo e nello spazio.

Le sfere di potere USA: passato e presente
Il potere globale degli Stati Uniti sfruttò delle opportunità, ma patì anche battute d'arresto militari, in particolare in Corea, Indocina e Cuba. Le sfere di potere USA erano manifestamente operative in Europa occidentale e in America Latina, ma erano contestate nell'Europa dell'Est e in Asia.

Il progresso più significativo del potere globale degli Stati Uniti avvenne con la scomparsa e la disintegrazione dell'URSS e dei paesi dell'Europa dell'Est, nonché con la trasformazione in senso capitalista di Cina e Indocina negli anni '80.

Gli ideologi statunitensi dichiararono la venuta dell'impero unipolare libero da restrizioni e dalle sfide al suo potere globale e regionale. Gli Stati Uniti si dedicarono alla conquista degli avversari periferici. Washington distrusse la Yugoslavia e poi l'Iraq: frantumandoli in mini-stati. Wall Street promosse una moltitudine di multinazionali per invadere la Cina e l'Indocina che raccolsero miliardi di profitti sfruttando manodopera a basso costo.

I sostenitori dell'intramontabilità del potere globale degli Stati Uniti presagirono un secolo di dominio imperiale degli USA. In realtà questa era una visione miope e di breve durata.

La fine dell'unipolarismo. Nuove rivalità e centri di potere globali e regionali: una panoramica
Il potere globale degli Stati Uniti ha portato Washington a "sovra-espandersi" in diverse aree cruciali: ha lanciato una serie di guerre costose e prolungate, in particolare in Iraq e Afghanistan, con tre conseguenze negative: la distruzione delle forze armate e dell'economia irachena con l'ascesa dello Stato islamico che prese il controllo di quasi tutto il paese; l'occupazione in Afghanistan che ha portato alla rinascita dei talibani e a una guerra ventennale in corso che costa centinaia di miliardi di dollari e parecchie migliaia di feriti e morti tra i soldati statunitensi; quale risultato la maggioranza dell'opinione pubblica USA è contraria alle guerre e alla costruzione dell'impero.

Il saccheggio e il dominio USA sulla Russia finirono quando il Presidente Putin subentrò allo stato vassallo di Eltsin. La Russia ricostruì l'industria, la scienza, la tecnologia e la potenza militare. La popolazione russa recuperò i suoi standard di vita.

Con il ritorno dell'indipendenza e delle armi avanzate russe, gli Stati Uniti persero il primato di potenza militare unipolare. Tuttavia, Washington ha finanziato un colpo di Stato che ha di fatto annesso due terzi dell'Ucraina. Gli Stati Uniti hanno integrato nella NATO i frammentati "staterelli" yugoslavi. La Russia si è contrapposta con l'annessione della Crimea e assicurando il mini-stato adiacente alla Georgia.

La Cina ha convertito l'invasione economica delle multinazionali statunitensi in esperienze formative per costruire una sua propria economia nazionale e piattaforme per l'esportazione che hanno contribuito a fare della Cina un concorrente economico e rivale degli Stati Uniti.

La costruzione dell'impero globale USA in America Latina subiva importanti sconfitte a seguito del cosiddetto Washington Consensus. L'imposizione di politiche neo-liberiste determinò la privatizzazione e depredazione delle loro economie, impoverì le classi medie e operaie, provocò una serie di sollevazioni popolari e la nascita di movimenti sociali radicali e di governi di centro-sinistra.

L'impero statunitense perse sfere d'influenza in alcune regioni (Cina, Russia, America Latina, Medio Oriente) sebbene mantenesse il controllo tra le élite nelle regioni contese e lanciò anche nuove guerre imperiali nei territori contesi. Di particolare rilievo, gli Stati Uniti attaccarono governi indipendenti in Libia, Siria, Venezuela, Somalia e Sudan "per procura".

Il passaggio dal mondo unipolare al mondo multipolare e l'emergere graduale di rivali regionali portavano gli strateghi globali statunitensi a ripensare la strategia. Le politiche aggressive del regime di Trump gettano le basi per la divisione politica al suo interno e tra gli alleati.

Convergenze e differenze tra Obama e Trump sulla costruzione dell'impero
Nel secondo decennio del 21° secolo emersero diversi nuovi fronti nel potere globale: la Cina era diventata il principale concorrente economico della potenza mondiale e la Russia era il principale sfidante militare della supremazia militare statunitense a livello regionale. Gli Stati Uniti presero il posto degli imperi coloniali europei in Africa. La sfera d'influenza di Washington si estese soprattutto nell'Africa settentrionale e sub-sahariana: Kenya, Libia, Somalia ed Etiopia. Trump trovò appoggio in Medio Oriente, vale a dire in Egitto, Arabia Saudita, Emirati e Giordania. Israele mantenne un ruolo peculiare, convertendo gli Stati Uniti a sua sfera d'influenza. Ma così gli Stati Uniti affrontavano i rivali regionali della sfera d'influenza in Libano, Siria, Iran, Iraq e Algeria. Nell'Asia meridionale gli Stati Uniti affrontavano la competizione per le sfere di influenza da Cina, India, Afghanistan e Pakistan. In America Latina i cambiamenti bruschi nelle sfere di influenza erano la norma. L'influenza degli Stati Uniti diminuì tra il 2000 e il 2015 e si riprese dal 2015.

Alleanze della potenza imperiale sotto il presidente Trump
Il presidente Trump ha affrontato diverse complesse sfide politiche ed economiche globali, regionali e locali. Trump ha dato seguito e approfondito molte politiche lanciate da Obama-Hillary Clinton nei confronti di altri Paesi e regioni. Ma spesso Trump ha radicalizzato e/o invertito le politiche dei predecessori, unendo lusinghe ed aggressività allo stesso tempo.

Trump non ha mai posto limiti al potere globale degli Stati Uniti. Come i precedenti tre presidenti, persisteva nella convinzione che il periodo transitorio di un impero globale unipolare potesse essere reimpostato. Verso la Russia, concorrente globale, Trump ha adottato la politica del "rollback". Trump ha imposto sanzioni economiche, con la "speranza" strategica che impoverendo la Russia, degradandone i settori finanziari ed industriali, avrebbe potuto imporre un cambio di regime che avrebbe trasformato Mosca in uno Stato vassallo.

All'inizio della campagna presidenziale Trump flirtava con l'intento di giungere ad un accomodamento con Putin. Tuttavia, le avventure ultra-bellicose di Trump e l'opposizione interna lo convinsero ben presto a una strategia molto aggressiva, rifiutando gli accordi militari, compresi nucleari, in favore dell'escalation militare.

Verso la Cina, Trump affronta un concorrente tecnologico dinamico ed avanzato. Trump ha fatto ricorso a una "guerra commerciale" che andava ben oltre il "commercio" includendo la guerra alla struttura economica e alle relazioni sociali di Pechino. Il regime di Trump ha imposto sanzioni e minacciato il totale boicottaggio delle esportazioni cinesi. Trump e il suo staff economico hanno chiesto alla Cina di privatizzare e denazionalizzare l'intera industria sostenuta dallo Stato. Chiedevano di poter decidere unilateralmente in caso di violazioni delle norme statunitensi e di poter reintrodurre sanzioni senza consultazioni.

Trump pretese che tutti gli accordi tecnologici cinesi, i settori economici e le innovazioni fossero soggetti e aperti agli interessi commerciali degli Stati Uniti. In altre parole, Trump chiese la fine della sovranità cinese e di capovolgere la base strutturale per il suo potere globale. Gli Stati Uniti non erano interessati al "commercio", volevano il ritorno al dominio imperiale su una Cina colonizzata. Il regime di Trump ha respinto nei negoziati il riconoscimento di una relazione di potere condivisa: considerava i rivali globali come potenziali vassalli. Inevitabilmente, la strategia del regime di Trump non ha raggiunto mai accordi seri su questioni sostanziali.

Per il potere globale la Cina segue con successo una strategia costruita su una politica di sviluppo delle comunicazioni - "iniziativa della zona e della via" - da 6 bilioni di dollari che collega 60 Paesi e regioni. La BRI costruisce porti, ferrovie e aeroporti per collegare le industrie finanziate dalle banche di sviluppo. Al contrario, le banche statunitensi sfruttano l'industria, speculano e operano su circuiti finanziari chiusi. Gli Stati Uniti spendono bilioni per guerre, colpi di Stato, sanzioni e altre attività parassitarie che non hanno nulla a che fare con la competitività economica.

Gli "alleati" del regime di Trump in Medio Oriente, cioè Arabia Saudita ed Israele, sono parassiti che acquistano protezione e provocano guerre costose. L'Europa lamenta l'ascesa della Cina nelle esportazioni industriali e trascura le importazioni di beni di consumo. Eppure l'Unione europea intende resistere alle sanzioni di Trump che portano al vicolo cieco della stagnazione!

Conclusioni
L'ultimo periodo della massima ascesa della potenza mondiale degli Stati Uniti, il decennio 1989-1999, conteneva i semi del declino e dell'attuale ricorso a guerre commerciali, sanzioni e minacce nucleari. La struttura del potere globale degli Stati Uniti è cambiata negli ultimi sette decenni. La costruzione dell'impero globale statunitense iniziò col comando USA nella ricostruzione delle economie dell'Europa occidentale e sostituendo Regno Unito, Francia, Portogallo e Belgio in Asia ed Africa.

L'Impero si diffuse e penetrò nel Sud America attraverso società multinazionali statunitensi. Tuttavia, la costruzione dell'impero USA non fu un processo lineare come testimonia l'infruttuoso confronto coi movimenti di liberazione nazionale in Corea, Indocina, Africa meridionale (Angola, Congo, ecc.) e Caraibi (Cuba).

All'inizio degli anni '60, gli Stati Uniti soppiantarono i rivali europei e integrandoli con successo come alleati subordinati. I principali rivali di Washington per le sfere di influenza erano la Cina comunista e l'Unione Sovietica coi loro alleati tra Stati clienti e rivoluzionari all'estero. I successi dei costruttori dell'impero nordamericano trasformarono i rivali comunisti e nazionalisti in emergenti concorrenti capitalisti.

Quindi, la dominazione degli Stati Uniti stava portando alla costruzione dei rivali capitalisti, in particolare Cina e Russia. Successivamente, in seguito alle sconfitte militari e alle guerre prolungate degli Stati Uniti, le potenze regionali proliferarono in Medio Oriente, Nord Africa, Asia meridionale e America Latina. I blocchi regionali sono entrati in gara per il potere con i protetti degli statunitensi.

La diversificazione dei centri di potere ha portato a nuove e costose guerre. Washington ha perso il controllo esclusivo di mercati, risorse ed alleanze. La competizione ha ridotto gli ambiti del potere nordamericano. Di fronte a questi nuvi vincoli al potere globale degli Stati Uniti, il regime di Trump ha concepito una strategia per recuperare il dominio degli Stati Uniti, ignorando la limitata capacità e la struttura delle relazioni politiche, economiche e di classe statunitensi.

La Cina ha assimilato la tecnologia statunitense e proseguito con nuovi progressi senza ripercorrere ogni fase precedente. La Russia si è ripresa da perdite e sanzioni e si è assicurata relazioni commerciali alternative per contrastare le nuove sfide dell'impero globale degli Stati Uniti. Il regime di Trump ha lanciato una "guerra commerciale permanente" senza alleati stabili. Inoltre, non è riuscito a minare la rete di infrastrutture globali della Cina; l'Europa ha chiesto ed ottenuto l'autonomia per avviare accordi commerciali con Cina, Iran e Russia.

Trump ha fatto forti pressioni su molte potenze regionali che però hanno ignorato le minacce. Gli Stati Uniti rimangono ancora una potenza globale. Ma a differenza del passato, non hanno la base industriale per "rendere forte l'America". L'industria è subordinata alla finanza; le innovazioni tecnologiche non sono legate a manodopera qualificata per aumentare la produttività.

Trump fa affidamento sulle sanzioni ma non riusce a minare le influenze regionali. Le sanzioni possono ridurre temporaneamente l'accesso ai mercati degli Stati Uniti ma abbiamo visto che nuovi partner commerciali ne prendono il posto. Trump è riuscito ad avere in America Latina dei regimi deferenti, ma i vantaggi sono provvisori e soggetti ad inversione.

Sotto il regime di Trump, grandi affaristi e banchieri hanno aumentato i guadagni nel mercato azionario e persino il tasso di crescita del PIL, ma si scontrano con la grave instabilità politica interna e gravi turbolenze tra i rami del governo. Nel perseguire la lealtà piuttosto che la competenza, le nomine fattr da Trump hanno portato all'ascesa di funzionari che vorrebbero esercitare quel potere unilaterale che gli Stati Uniti non possiedono più.

Elliott Abrams può massacrare impunemente un quarto di milione di centroamericani, ma ha fallito nell'imporre il potere degli Stati Uniti su Venezuela e Cuba. Pompeo può minacciare Corea, Iran e Cina, ma questi Paesi rafforzano le alleanze con concorrenti e rivali degli statunitensi. Bolton può far avanzare gli interessi d'Israele ma le loro conversazioni avvengono in una cabina telefonica, manca l'assonanza con le maggiori potenze.

Trump ha vinto le elezioni presidenziali, ottenuto concessioni da alcuni paesi ma si è alienato alleati regionali e diplomatici. Trump afferma di rendere l'America forte, ma ne mina gli accordi commerciali multilaterali strategici.

La potenza mondiale degli Stati Uniti non si sviluppa con il bullismo. Le rappresentazioni del potere sono fallite, esse richiedono il riconoscimento dei reali limiti economici e delle perdite nelle guerre regionali.

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