sabato 11 maggio 2019

pc 11 maggio - IL 1969 OPERAIO - NEL 50° DELLA GRANDE STAGIONE DI LOTTA OPERAIA, CON IL CUORE NELL' "AUTUNNO CALDO"

Cominciamo da questo mese, e proseguiremo negli altri mesi fino a fine anno, una cronistoria del 1969 operaio - anno in cui continua e si intreccia sempre più con gli scioperi e lotte operaie il grande movimento degli studenti che ebbe il suo cuore nel '68 ma che proseguì fino a tutti gli anni 70.
Chiaramente anche per gli operai la grande lotta non inizia solo nel 69, nè si conclude nel 69, ma è quest'anno che mette in mostra tutta la forza, potenzialità degli operai come classe, non solo sindacale ma politica, potenziale avanguardia di tutti i settori sfruttati e oppressi e che può e deve conquistare il nuovo potere proletario.
Questa cronistoria entusiasmante, preannuncia un'importante iniziativa - un Convegno sul 68/69 - che organizzeremo a fine anno.

AVVIAMO DA DOMANI, 12 MAGGIO QUESTA CRONACA.
Oggi invece riportiamo alcune note contenute nella rivista "LA NUOVA BANDIERA": "Il 1968  - il vento rivoluzionario che fece tremare la borghesia"

"300 milioni di ore di sciopero di cui oltre 230 milioni dell’industria: questo  il bilancio dell”’autunno caldo”, delle lotte operaie del 1969. Secondo lo storico inglese Robert Lumley si tratta del “terzo movimento della storia quanto a numero di ore di lavoro perdute (dopo lo sciopero generale del maggio ’68 in Francia e quello generale del 1926 in Gran Bretagna)”.

"Il movimento sindacale assume un’ampiezza e un ruolo senza precedenti nella storia italiana
attaccando frontalmente l’organizzazione capitalistica del lavoro (piattaforme rivendicative), imponendo nuove forme di lotta, ricorrendo a nuovi strumenti organizzativi all’interno della fabbrica (assemblee, delegati, consigli).
Si attuano forme nuove di lotta, decise nelle assemblee: scioperi “selvaggi”, “a scacchiera”, “a singhiozzo”, ecc, che provocano il massimo danno ai padroni con il minimo costo per gli operai; cortei interni per stanare i crumiri e collegare i reparti; picchetti ai cancelli per il blocco delle merci. L’inasprimento delle forme di lotta porta a una maggiore repressione in fabbrica: denunce contro gli operai più combattivi, tentativi di serrata, sospensioni dal lavoro, licenziamenti disciplinari. Ma gli operai, consapevoli dì essere al centro dello scontro sociale, rispondono colpo su colpo: la loro vittoria è quella di tutto il movimento.
Per questo è quasi automatico che in città come Milano o Torino, ad ogni mobilitazione operaia, venga proclamato lo sciopero generale della scuola. Proprio in quegli anni nella sinistra di fabbrica si sviluppa l’autonomia operaia. Assumendo le forme organizzative più diverse - comitati di base, assemblee autonome, collettivi aziendali. Il 68-69, e poi lo sarà negli anni seguenti, nelle fabbriche e nelle lotte proletarie, è caratterizzato dalla critica/denuncia/distacco di operai dai sindacati confederali e organismi sindacali già esistenti, e dalla costruzione delle prime forme sindacali autorganizzate.
Sul modello del Cub (Comitato unitario di base) della Pirelli nascono nelle fabbriche forme di organizzazione autonoma dai partiti e dai sindacati (gruppi operai-impiegati, assemblee operai-studenti, ecc). Se gli studenti si oppongono all’autoritarismo, gli operai puntano all’egualitarismo: aumenti uguali per tutti (abolizione delle “gabbie salariali”), passaggio automatico di categoria degli operai comuni, riduzione delle differenze fra operai e impiegati... avanzano rivendicazioni che non collegano più gli aumenti salariali all’aumento della produttività: il salario è una “variabile indipendente” dai profitti dell’impresa e dalla situazione economica.
Si esprime anche una critica allo strumento del contratto: “Noi sappiamo che cosa sono i contratti per i padroni e per i sindacati. Sono accordi che durano tre anni e che riguardano il salario base, l’orario, le categorie e altri punti importanti della nostra condizione. In questo modo i padroni vogliono assicurarsi che gli operai lottino per ottenere aumenti sulla busta paga, riduzioni di orario eccetera solo una volta ogni tre anni, quando decidono capitalisti e sindacati, e poi se ne stiano buoni e zitti. Il contratto  cio una specie di gabbia dentro cui viene chiusa a chiave la lotta operaia, coi sindacati incaricati di sorvegliare che la gabbia resti chiusa. Ma la lotta operaia non si fa comandare n dai padroni n dai sindacati”. Da un documento degli operai della Fiat.

Altro aspetto centrale per la lotta di classe è l’unità delle fabbriche che normalmente si realizza. E’ normale per gli operai, quando soprattutto ci sono fatti di repressione, andare alle altre fabbriche per coinvolgerle nella lotta.

Tutte le conquiste sindacali sono frutto di questa lunga stagione di lotta che arriva ai primi anni 70: l’assemblea dentro la fabbrica, i delegati, il Consiglio di fabbrica, la scala mobile, l’egualitarismo salariale, i passaggi automatici di categoria, la riforma delle pensioni, l’abolizione delle gabbie salariali, lo Statuto dei lavoratori del ’70.

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