Care studentesse e cari studenti,
vi chiedo un attimo di attenzione. Un attimo di attenzione per ciò che è accaduto, o meglio che accadrà, all’istruzione pubblica brasiliana. Forse non tutti sono al corrente delle intenzioni del presidente brasiliano Jair Bolsonaro: per questi una rapida sintesi è d’obbligo.
Il presidente brasiliano è intenzionato a tagliare i fondi universitari per le facoltà di sociologia e di filosofia, in quanto «l’obbiettivo è concentrarsi su materie che generano un ritorno immediato per il contribuente».
Tralasciando, almeno momentaneamente, l’immoralità di questa decisione, prendiamo un
attimo in considerazione un altro fattore. Vi è una grande ambivalenza di significato nel termine “utile”, un’ambivalenza che, in questo contesto, è decisiva. Utile, in senso lato è, per definizione, “[ciò] che apporta un vantaggio, un profitto”.
L’interpretazione di questa definizione è assai soggettiva, in quanto potrebbero sorgere le seguenti domande: vantaggioso per chi? A chi crea profitto? E ciò è vero, ma solo se non prendiamo in considerazione un altro significato di questo termine; contrapponiamo ora a questa definizione in senso lato di utile, quella di utile in senso economico, sempre per definizione: “differenza positiva tra ricavi e costi derivanti da un’attività economica”.
Qual è il punto? Il punto è che qui viene valutato l’insegnamento di quelle discipline prettamente su di un piano economico, e l’università considerata come un’azienda.
Bolsonaro, affermando l’inutilità di tali facoltà, le riduce ad una differenza negativa tra ricavi e costi. Tra costi dell’università inutile che sono superiori ai suoi ricavi, almeno in tempi immediatamente successivi alla laurea.
Valutare l’università tramite semplici calcoli opportunistici non solo appiattisce il contenuto dell’insegnamento, inevitabilmente messo a repentaglio da tagli economici, ma trasforma un istituto che dovrebbe formare la nuova classe lavoratrice, il nuovo adulto, in un semplice prodotto aziendale. Un prodotto aziendale privo di basi teoriche e pratiche necessarie, a causa di una politica del risparmio e del finanziamento mirato.
E’ fondamentale capire l’enorme sfregio alla cultura, al pensiero critico, e alla conoscenza che i brasiliani saranno costretti a subire.
Chi scrive è pronto a scommettere, sfacciatamente, su quali saranno le prossime facoltà a subire tagli di finanziamenti. Sicuramente quelle umanistiche, quelle che, nel pensiero comune, sono inutili e prive di fornire un’adeguata preparazione per il futuro.
La verità è che queste facoltà intimoriscono gli individui come Bolsonaro. Urge qui una presa di posizione anticipatoria, “mettere le mani avanti”, si direbbe.
Chi scrive non intende infatti affermare che le facoltà non umanistiche, quelle “più utili”, siano incapaci di fornire all’individuo una capacità critica adeguata; ma che la sopravvivenza e il tramandarsi della cultura, una capacità analitica multiforme e una consapevolezza del proprio ruolo sociale e in quanto essere umano siano una prerogativa delle discipline umanistiche è tutto tranne che una novità; con le dovute eccezioni del caso.
Cosa si vuole insinuare? Che, forse, minare gli istituti preparatori per sviluppare negli individui tali capacità ed interessi è l’obbiettivo più tacitamente perseguito da quelli come lui, i grandi “sovranisti”.
Non è un caso infatti che, tutti i più grandi fautori di una politica utilitaristica (in senso economico, ricordiamolo!) e anti-universitaria siano grandi “sovranisti” e nazionalisti.
Ma c’è di più. Bolsonaro infatti si sta facendo paladino di una strategia educativa anti-marxista, affermando che «lo Stato deve smetterla di alimentare il marxismo all’interno delle aule universitarie». Egli infatti ha intenzione di ridurre i contributi federali all’istruzione superiore statale, per aumentare invece gli aiuti economici agli enti didattici privati, gestiti in grande maggioranza dalla Chiesa cattolica e dalle forze armate.
Non solo Bolsonaro usa pretesti politici per incoraggiare i propri ideali nazionalisti, ma tramuta le proprie convinzioni politiche in atti legislativi concreti atti in primo luogo a minare un certo tipo di elettorato e la sua formazione e ad incentivare la privatizzazione e, di conseguenza, le disuguaglianze civili.
Noi, come studenti, seppure materialmente lontani dal Brasile, non possiamo che sentirci obbligati a prendere in considerazione l’eventualità di una simile azione anche nel nostro paese, ed è necessario quindi imparare da ciò che sta avvenendo in altre parti del mondo in modo tale da essere quanto più possibile preparati alla difesa dei nostri diritti come studenti, futuri lavoratori, futuri esseri umani.
vi chiedo un attimo di attenzione. Un attimo di attenzione per ciò che è accaduto, o meglio che accadrà, all’istruzione pubblica brasiliana. Forse non tutti sono al corrente delle intenzioni del presidente brasiliano Jair Bolsonaro: per questi una rapida sintesi è d’obbligo.
Il presidente brasiliano è intenzionato a tagliare i fondi universitari per le facoltà di sociologia e di filosofia, in quanto «l’obbiettivo è concentrarsi su materie che generano un ritorno immediato per il contribuente».
Tralasciando, almeno momentaneamente, l’immoralità di questa decisione, prendiamo un
attimo in considerazione un altro fattore. Vi è una grande ambivalenza di significato nel termine “utile”, un’ambivalenza che, in questo contesto, è decisiva. Utile, in senso lato è, per definizione, “[ciò] che apporta un vantaggio, un profitto”.
L’interpretazione di questa definizione è assai soggettiva, in quanto potrebbero sorgere le seguenti domande: vantaggioso per chi? A chi crea profitto? E ciò è vero, ma solo se non prendiamo in considerazione un altro significato di questo termine; contrapponiamo ora a questa definizione in senso lato di utile, quella di utile in senso economico, sempre per definizione: “differenza positiva tra ricavi e costi derivanti da un’attività economica”.
Qual è il punto? Il punto è che qui viene valutato l’insegnamento di quelle discipline prettamente su di un piano economico, e l’università considerata come un’azienda.
Bolsonaro, affermando l’inutilità di tali facoltà, le riduce ad una differenza negativa tra ricavi e costi. Tra costi dell’università inutile che sono superiori ai suoi ricavi, almeno in tempi immediatamente successivi alla laurea.
Valutare l’università tramite semplici calcoli opportunistici non solo appiattisce il contenuto dell’insegnamento, inevitabilmente messo a repentaglio da tagli economici, ma trasforma un istituto che dovrebbe formare la nuova classe lavoratrice, il nuovo adulto, in un semplice prodotto aziendale. Un prodotto aziendale privo di basi teoriche e pratiche necessarie, a causa di una politica del risparmio e del finanziamento mirato.
E’ fondamentale capire l’enorme sfregio alla cultura, al pensiero critico, e alla conoscenza che i brasiliani saranno costretti a subire.
Chi scrive è pronto a scommettere, sfacciatamente, su quali saranno le prossime facoltà a subire tagli di finanziamenti. Sicuramente quelle umanistiche, quelle che, nel pensiero comune, sono inutili e prive di fornire un’adeguata preparazione per il futuro.
La verità è che queste facoltà intimoriscono gli individui come Bolsonaro. Urge qui una presa di posizione anticipatoria, “mettere le mani avanti”, si direbbe.
Chi scrive non intende infatti affermare che le facoltà non umanistiche, quelle “più utili”, siano incapaci di fornire all’individuo una capacità critica adeguata; ma che la sopravvivenza e il tramandarsi della cultura, una capacità analitica multiforme e una consapevolezza del proprio ruolo sociale e in quanto essere umano siano una prerogativa delle discipline umanistiche è tutto tranne che una novità; con le dovute eccezioni del caso.
Cosa si vuole insinuare? Che, forse, minare gli istituti preparatori per sviluppare negli individui tali capacità ed interessi è l’obbiettivo più tacitamente perseguito da quelli come lui, i grandi “sovranisti”.
Non è un caso infatti che, tutti i più grandi fautori di una politica utilitaristica (in senso economico, ricordiamolo!) e anti-universitaria siano grandi “sovranisti” e nazionalisti.
Ma c’è di più. Bolsonaro infatti si sta facendo paladino di una strategia educativa anti-marxista, affermando che «lo Stato deve smetterla di alimentare il marxismo all’interno delle aule universitarie». Egli infatti ha intenzione di ridurre i contributi federali all’istruzione superiore statale, per aumentare invece gli aiuti economici agli enti didattici privati, gestiti in grande maggioranza dalla Chiesa cattolica e dalle forze armate.
Non solo Bolsonaro usa pretesti politici per incoraggiare i propri ideali nazionalisti, ma tramuta le proprie convinzioni politiche in atti legislativi concreti atti in primo luogo a minare un certo tipo di elettorato e la sua formazione e ad incentivare la privatizzazione e, di conseguenza, le disuguaglianze civili.
Noi, come studenti, seppure materialmente lontani dal Brasile, non possiamo che sentirci obbligati a prendere in considerazione l’eventualità di una simile azione anche nel nostro paese, ed è necessario quindi imparare da ciò che sta avvenendo in altre parti del mondo in modo tale da essere quanto più possibile preparati alla difesa dei nostri diritti come studenti, futuri lavoratori, futuri esseri umani.
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