Sono
una militante antifascista dai tempi delle scuole medie (all’epoca
ci si politicizzava presto erano gli anni in cui i fascisti mettevano
le bombe nelle piazze e sui treni, nelle banche e, a Trieste, persino
nelle scuole elementari della minoranza slovena - e qui
fortunatamente senza vittime). Ho sempre visto la Resistenza ed i
militanti di essa come dei modelli cui tendere, per il coraggio e la
forza che avevano dimostrato schierandosi dalla parte “sbagliata”
per chi stava loro intorno ma “giusta” in senso assoluto. Uno dei
primi libri a segnare la mia crescita politica nell’adolescenza è
stato “Senza tregua” di Giovanni Pesce, la cui colonna sonora
erano “Un biglietto del tram degli Stormy six”, e “la Gap” di
Dario Fo, che ne condividevano le vicende e i contenuti.
A
Trieste la Resistenza era anche internazionalista, partigiani
italiani e sloveni che avevano combattuto assieme, e la memoria di
questa epopea è stata trasmessa negli anni dalle canzoni del Coro
Partigiano Triestino Pinko Tomažič. In più di quarant’anni di
lotta politiche i punti fermi che mai mi hanno abbandonato sono stati
la contrarietà alle guerre, la solidarietà internazionale,
l’antifascismo ed il rispetto della memoria della Resistenza.
A
metà degli anni ‘90, dopo la “caduta” del muro di Berlino e la
dissoluzione della Jugoslavia scattò l’offensiva contro la
Resistenza, offensiva che (prima di scagliarsi contro la Resistenza
italiana, vedi i libri di Pansa) iniziò con un attacco ai militanti
che operarono al confine orientale, con la montatura del “processo
per le foibe”, partito da denunce di una sorta di task-force che
comprendeva leghisti con un passato nel neofascismo filogolpista come
il sedicente ricercatore storico Marco Pirina, indicato come
consulente dall’avvocato piduista Augusto Sinagra che si attivò,
assieme ad esponenti delle associazioni degli esuli e dell’ormai
disciolto MSI per denunciare una serie di comandanti partigiani
(italiani sloveni e croati), accusati in base a prove inesistenti di
avere commesso una serie di nefandezze ed addirittura un “genocidio”
(come pretese il PM che condusse l’inchiesta, il simpatizzante di
Alleanza Nazionale Giuseppe Pititto). Fu in quel momento che decisi
di mettermi a studiare le “foibe”, perché trovavo inaccettabile
che compagni partigiani, ormai di una certa età, dovessero finire
sotto giudizio (ma soprattutto trattati come
“mostri in prima pagina” da una certa stampa) per fatti non avvenuti, almeno non nei termini di cui parlava l’accusa di Pititto.
“mostri in prima pagina” da una certa stampa) per fatti non avvenuti, almeno non nei termini di cui parlava l’accusa di Pititto.
Il
primo atto d’accusa contro questa montatura fu “Operazione foibe
a Trieste”, pubblicato nel 1997, che valse a me e alla casa
editrice una richiesta di danni milionaria (350 dell’epoca) da
parte del giudice Pititto (il Tribunale civile poi gli diede torto,
ma per poter continuare a richiederci il risarcimento Pititto
rinunciò a continuare la causa che aveva iniziato, ed alla quale
sembrava tenere tanto; comunque anche il “processo per le foibe”
si concluse con un nulla di fatto, grazie soprattutto al lavoro di
ricostruzione storica che conducemmo come consulenti della difesa), e
mi valse inoltre una serie di querele (tutte archiviate) e, dulcis in
fundo, anche qualche minaccia di morte ed intimidazioni varie.
Per
la difesa dei partigiani accusati di essere degli “infoibatori”
si costituì un gruppo di persone (tra cui cito Alessandra Kersevan e
Sandi Volk, in quanto sotto tiro in questi giorni per la conferenza
di Parma su cui tornerò più avanti), gruppo cui anni dopo Kersevan
volle dare il nome di “Resistenza storica”, perché il nostro
lavoro era, ed è tuttora, quello di fare ricerca storica resistendo
alle manipolazioni ed agli stravolgimenti di coloro che usano la
storia a scopi politici, per denigrare l’antifascismo e riabilitare
la zona grigia se non addirittura il nazifascismo. Abbiamo lavorato
per anni, consultando archivi, leggendo testi, intervistando
testimoni, confrontandoci tra noi ed il lavoro che abbiamo fatto è
visionabile online nella pagina http://www.diecifebbraio.info/
e nel catalogo della collana Resistenza Storica della Kappa Vu
http://shop.kappavu.it/categoria-prodotto/storia-it-it-it/resistenza-storica/.
Su
questi argomenti, dopo “Operazione foibe a Trieste”, nel 2005 ho
pubblicato “Operazione foibe tra storia e mito” e nel 2019
“Operazione Plutone. Le inchieste sulle foibe triestine”. Nel
frattempo, nel 2013 ho pubblicato uno studio sull’Ispettorato
Speciale di PS “La Banda Collotti. Storia di un corpo di
repressione al confine orientale”. Ho anche dato alle stampe, in
autoproduzione, una serie di dossier dedicati alla storia del confine
orientale a cavallo della Seconda guerra mondiale (tra i molti
segnalo “La foiba di Basovizza”; “Il caso Norma Cossetto”,
“In difesa di Ivan Motika” e “Dossier Maria Pasquinelli”
sulle foibe istriane; ed ancora, sulla Resistenza locale “Partigiani
di Guardiella” e “Le due resistenze di Trieste”; “Alla
ricerca di Nemo”, sul lavoro dei servizi italiani e britannici e
“Le violenze per Trieste italiana”, sul dopoguerra a Trieste)
quasi tutti disponibili nella pagina http://www.diecifebbraio.info/.
Mi
sono dilungata su tutto questo per una serie di motivi. Il primo è
che sono francamente stufa di essere tacciata come incompetente da
gente che non ha né arte né parte per valutare la mia preparazione
storica; il secondo è che sono stufa che il mio lavoro non venga
riconosciuto neppure in alcune sedi culturali para-istituzionali,
come nell’ultimo “vademecum” sul Giorno del Ricordo pubblicato
a cura dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di
Liberazione di Trieste, nel quale non solo non si tengono nel minimo
conto le mie ricerche ma i miei libri non compaiono neppure in
bibliografia.
La
cosa più grave, però è stata per me leggere il comunicato della
presidente dell’Anpi Carla Nespolo, che si è “dissociata”
dall’iniziativa sul Giorno del Ricordo che avrà luogo a Parma il
10 febbraio prossimo. E’ dal 2006 che il Comitato Antifascista
Antimperialista e per la Memoria Storica (con l’appoggio dell’Anpi
e dell’Anppia) organizza per questa ricorrenza un evento ricco di
interventi storici e culturali, filmati, musica, sempre con relatori
di spessore. Quest’anno tutto ciò non va più bene: i soliti
vigilantes della storia, quelli che “la storia deve essere di
regime”, quindi ha diritto di parola solo chi si adegua, hanno
lanciato l’ennesima polemica contro l’iniziativa, accusando i
relatori e gli organizzatori di fare “negazionismo” delle foibe,
in base al programma che riporto:
CONFERENZA
di Sandi Volk, storico, “I morti delle foibe riconosciuti dalla
legge: 354, quasi tutti delle forze armate dell’Italia fascista”
LETTURA DI TESTIMONIANZE di antifascisti e partigiani VIDEO “La
foiba di Basovizza: un falso storico” di Alessandra Kersevan,
storica e editrice VIDEO “Norma Cossetto: un caso tutt’altro che
chiaro” di Claudia Cernigoi, giornalista e ricercatrice storica
In
risposta ai feroci attacchi di stampo squadristico, Carla Nespolo,
lungi dall’esprimere la solidarietà dell’associazione nazionale
agli antifascisti messi alla berlina, ha invece inviato un comunicato
nel quale afferma che “la frase sulla pagina Facebook dell’ANPI
di Rovigo (ne abbiamo parlato qui
https://www.facebook.com/notes/la-nuova-alabarda/cosa-c%C3%A8-di-sbagliato-nel-post-apparso-sulla-pagina-fb-dellanpi-di-rovigo/857888964381671/che
n.d.r.) e l’iniziativa di Parma non sono condivisibili e offrono
uno straordinario pretesto di polemica a chi è più amico di
Casapound che dell’Anpi”.
Cosa
non c’è di condivisibile nell’iniziativa di Parma, presidente
Nespolo? Ha letto gli studi precisi, approfonditi, circostanziati di
Sandi Volk, che ha raccolto quanti più dati possibile sulle persone
che sono state “premiate” ai sensi della legge sul Ricordo,
dimostrando che la maggior parte dei “premiati” erano combattenti
fascisti, collaborazionisti del Reich? (qui il risultato delle
ricerche di Volk:
http://www.diecifebbraio.info/elenco-dei-premiati-per-il-giorno-del-ricordo/questo
). Ha letto quanto abbiamo scritto (ormai sono vent’anni) sulla
“foiba” di Basovizza, che E’ UN FALSO STORICO, in quanto non vi
è alcuna prova che vi si siano svolte esecuzioni di massa da parte
degli Jugoslavi, ma in compenso vi è sufficiente documentazione (da
noi pubblicata) che dimostra che il pozzo è stato svuotato più
volte e si sono trovati resti umani per un totale di 10/15 persone,
alcuni dei quali in divisa tedesca? (è tutto spiegato qui:
http://www.diecifebbraio.info/2012/01/la-foiba-di-basovizza-5/letto
). Ha letto il mio studio sul caso Norma Cossetto (può anche
visionare il video, si trova su Youtube), nel quale dimostro non solo
che le cosiddette testimonianze (anonime) non sono attendibili ma che
anche la sorella ed il cugino di Norma hanno dichiarato in più volte
cose diverse e contraddittorie tra loro? (il dossier è scaricabile
qui: http://www.diecifebbraio.info/2012/01/il-caso-norma-cossetto/).
L’iniziativa
di Parma, scrive la presidente Nespolo, offre pretesto per le
polemiche. E noi non vogliamo polemiche, ovviamente. Per non dare
adito a polemiche, accettiamo che ci si dica che i partigiani erano
tutti criminali, che ammazzavano rubavano e violentavano civili; che
quando c’era LVI i treni andavano in orario e se abbiamo le
pensioni e la tredicesima è per merito del fascismo. Accettiamo che
il ministro Selfini chiuda i porti e faccia il braccio di ferro con
l’Europa usando vite umane come ostaggi sequestrati su una nave per
settimane: mica vogliamo fare polemiche, vero?
Ma
non hanno forse scatenato polemiche gli antifascisti, quando si sono
messi contro il regime di Mussolini? quando hanno continuato a
pubblicare i propri giornali, fino a finire in galera? e non era
polemico, Gramsci, nel suo insistere nello scrivere contro il
fascismo? e Matteotti, nel suo intervento alla Camera, l’ultimo
prima di essere assassinato, quante polemiche avrà scatenato? e non
parliamo delle polemiche contro i partigiani armati, cui si
addebitavano le responsabilità delle rappresaglie dopo le azioni
armate (vedi via Rasella e le Fosse Ardeatine): altro che polemiche,
hanno suscitato i partigiani durante la Resistenza. Si fossero
conformati a quello che voleva il regime, non ci sarebbero state
polemiche, vero Presidente Nespolo?
Ma
noi non ci conformiamo. Siamo stanchi di veder offendere la lotta di
liberazione ed i suoi militanti, che hanno sacrificato le proprie
vita per un mondo libero. Siamo stanchi di essere discriminati,
offesi, calunniati, minacciati, per le cose che scriviamo. Ma è la
mancanza di solidarietà da parte di chi dovrebbe, in teoria, stare
dalla nostra parte, che è la parte della verità e della giustizia,
dell’antifascismo e della democrazia, quello che più ci fa star
male. Non ce l’aspettavamo davvero, questa censura da parte
dell’Anpi nazionale, ma ne prendiamo atto. Noi continueremo la
nostra lotta di resistenza storica e culturale, non vogliamo finire
in quella “zona grigia” che mette sullo stesso piano i crimini
nazifascisti e le azioni partigiane e che sembra la nuova frontiera
dell’Anpi nazionale, preoccupata di fronte alle “polemiche”
scatenate dalla ricerca storica e non dallo squadrismo che vuole
impedire agli antifascisti di parlare.
Poi
ciascuno si prenderà le proprie responsabilità. Noi restiamo qui.
Claudia
Cernigoi, 6 febbraio 2019.
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