Venerdì diciotto gennaio viene presentato il "Manifesto per la costituzione di una lista unica delle forze politiche e civiche europeiste alle elezioni europee", la creatura di Carlo Calenda, l'ex ministro dello Sviluppo economico del governo guidato da Matteo Renzi.
I contenuti dello scritto, ispirato dal pensiero dell’Enrico Bottini nello sceneggiato televisivo del 1984 tratto dal libro “Cuore” di Edmondo De Amicis, sono esattamente quelli che ci si aspetterebbe, e si possono riassumere in poche righe.
Il politicante scrive: «L’obiettivo non è conservare l’Europa che c’è, ma rifondarla per riaffermare i valori dell’umanesimo democratico in un mondo profondamente diverso rispetto a quello che abbiamo vissuto negli ultimi trent’anni».
Per questo «le forze da mobilitare per la costruzione della nuova Europa sono quelle del
progresso, delle competenze, della cultura, della scienza, del volontariato, del lavoro e della produzione».
Nello specifico, ecco a chi si rivolge il Calenda: «i cittadini, le associazioni, le liste civiche, il mondo del lavoro, della produzione, delle professioni, del volontariato, della cultura e della scienza».
Le priorità dichiarate nel documento – consultabile nella sua interezza, alla pagina http://www.siamoeuropei.it – sono sei, e riguardano un completo ripensamento delle politiche continentali.
Ecco i temi, che qui per semplicità elenchiamo per punti: gestire le trasformazioni: investire e proteggere; insieme più forti nel mondo; meno deficit più bilancio europeo; dal capitale economico al capitale sociale; conseguire una leadership scientifica europea; un “gruppo di Roma” per rifondare l’Europa.
L’impressione è che, al di là delle belle parole con le quali è condito, questo manifesto rappresenti soltanto l’ennesimo tentativo di regalare ai padroni maggiore libertà di azione in campo europeo, tentando di ingannare ancora una volta gli elettori.
Senza contare che viene ribadita la necessità di un esercito europeo, la cui funzione, checché ne dicano i suoi fautori, sarà sempre quella di difendere i privilegi dei padroni e dei ricchi a discapito dei diritti dei lavoratori e dei proletari in genere.
D’altra parte, basta leggere l’intervista rilasciata dal Calenda a Maria Teresa Meli del Corriere della Sera, che la pubblica sull’edizione telematica di domenica tre febbraio del quotidiano milanese, per rendersi conto di chi dovrebbe far parte del raggruppamento.
Il politicante cita, quale una delle possibili aderenti, la formazione apertamente reazionaria +Europa, la creatura della assai poco “signora” Emma Bonino, notoriamente da sempre schierata dall parte dei poteri forti contro le masse popolari.
Per convincere la ex ministra braidese degli Affari esteri ad entrare nella sua formazione, il “Bottini” sostiene che «se facciamo una cosa credibile e innovativa, e molto dipenderà dalla qualità delle liste, possiamo prendere più del 30%».
Non pago di questa enormità, aggiunge: «peraltro il rischio che +Europa e Italia in Comune – l’altro soggetto politico che dovrebbe entrare a far parte del carrozzone calendiano – non prendano il quorum è altissimo».
A chi scrive piacerebbe sapere con quale faccia il fu protagonista dello sceneggiato Cuore possa sostenere che l’area che fa capo a lui valga più del ventisei per cento: il dichiarato ottantadue per cento di gradimento da parte degli elettori del Partito Democratico equivale a meno del quindici per cento dei suffragi.
Anche dando per buoni i dati squadernati, e assumendo che i due soggetti sopra citati non raggiungano il quorum per un soffio, fermandosi al 3,99% ciascuno, ci piacerebbe sapere dove pensa, l’assai poco “signor” Calenda, di andare a prendere quel sette per cento circa che, secondo le sue parole, mancherebbe per raggiungere la quota consensi auspicata.
Non arriverebbe a tanto neppure se riuscisse nell'impresa di assorbire tutta l'area congressuale del Partito Democratico che fa capo a Maurizio Martina, che rappresenta poco più di un terzo degli iscritti – il trentasei per cento, per la precisione – e che quindi aggiungerebbe il sei e mezzo per cento.
Al di là dei sogni "bottiniani", segnaliamo un articolo di Pietro Spataro apparso su Strisciarossa di lunedì quattro febbraio; qui si afferma che sarebbe meglio una separazione consensuale tra le due diverse, ed incompatibili, anime della formazione con sede a Roma in via Sant'Andrea delle Fratte 16.
Un ragionamento interessante quello che conclude: «non ci vedo niente di male se alla destra del Pd dovesse nascere una forza di centro moderato con la quale dialogare e con la quale allearsi»: se così fosse si metterebbe fine alla faida interna, e si permetterebbe al segretario eletto di lavorare senza essere impallinato continuamente.
Bosio (Al), 06 febbraio 2019
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Alessandria/Genova
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