Per la raccolta di pomodori tra Spinetta e Pozzolo. Pagati pochissimo e senza tutele, lavoravano 10 ore.
ALESSANDRIA – Ogni cassetta piena di pomodori
veniva pagata al bracciante dai 50 ai 76 centesimi. Per poter portare a casa una
trentina di euro al giorno se ne dovevano completare una quarantina, e solo i
ragazzi con il fisico più prestante ci riuscivano.
Tutti i braccianti sfruttati che al momento dell’operazione dei carabinieri si trovavano sul camion
diretto verso la campagna, sono risultati richiedenti asilo, ospiti di cooperative, ma che pur di guadagnare qualche soldo in più rispetto al pocket money erano disposti a tutto.
È quello che hanno scoperto gli investigatori dell’Ispettorato del Lavoro dopo un’indagine durata mesi
Sotto osservazione era stato messo un autocarro con il telone rosso che spesso si vedeva girare tra gli spalti nella zona stadio, via Gentilini, pazza Divina Provvidenza. All’interno i braccianti venivano caricati giornalmente e portati direttamente in mezzo ai campi. “Si era sparsa la voce tra i migranti che quelle persone reclutassero manodopera”, spiega il luogotenente del NIL (Nucleo Ispettorato del Lavoro) Domenico Cortellino, “si ritrovavano al mattino dalle 8,30 in più punti, proprio per non destare sospetti. Salivano a gruppetti dopo che gli autisti davano il via libera telefonicamente. Il lavoro di raccoglitore di pomodori durava nove-dieci ore al giorno, spesso senza pause per fare di più, o mangiando e lavorando contemporaneamente.
Un vero e proprio colpo di fortuna ha permesso loro di agire e bloccare il camion zeppo di braccianti in partenza per tre aziende agricole tra Spinetta Marengo e Pozzolo Formigaro
I due caporali – italiani 50enni – che acquistavano i pomodori direttamente nei campi, sono stati denunciati per lo sfruttamento del lavoro, mentre per i tre agricoltori dei fondi continuano le indagini per verificare eventuali corresponsabilità: i carabinieri stanno cercando di verificare se fossero a conoscenza delle condizioni inumane (senza tutele, pagati pochissimo e in nero) in cui lavoravano quelle persone.
Tutti i braccianti sfruttati che al momento dell’operazione dei carabinieri si trovavano sul camion
diretto verso la campagna, sono risultati richiedenti asilo, ospiti di cooperative, ma che pur di guadagnare qualche soldo in più rispetto al pocket money erano disposti a tutto.
È quello che hanno scoperto gli investigatori dell’Ispettorato del Lavoro dopo un’indagine durata mesi
Sotto osservazione era stato messo un autocarro con il telone rosso che spesso si vedeva girare tra gli spalti nella zona stadio, via Gentilini, pazza Divina Provvidenza. All’interno i braccianti venivano caricati giornalmente e portati direttamente in mezzo ai campi. “Si era sparsa la voce tra i migranti che quelle persone reclutassero manodopera”, spiega il luogotenente del NIL (Nucleo Ispettorato del Lavoro) Domenico Cortellino, “si ritrovavano al mattino dalle 8,30 in più punti, proprio per non destare sospetti. Salivano a gruppetti dopo che gli autisti davano il via libera telefonicamente. Il lavoro di raccoglitore di pomodori durava nove-dieci ore al giorno, spesso senza pause per fare di più, o mangiando e lavorando contemporaneamente.
Un vero e proprio colpo di fortuna ha permesso loro di agire e bloccare il camion zeppo di braccianti in partenza per tre aziende agricole tra Spinetta Marengo e Pozzolo Formigaro
I due caporali – italiani 50enni – che acquistavano i pomodori direttamente nei campi, sono stati denunciati per lo sfruttamento del lavoro, mentre per i tre agricoltori dei fondi continuano le indagini per verificare eventuali corresponsabilità: i carabinieri stanno cercando di verificare se fossero a conoscenza delle condizioni inumane (senza tutele, pagati pochissimo e in nero) in cui lavoravano quelle persone.
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