Mai più Cona! La vittoria della dignità
Quella
che già alcuni giornali chiamano “la più importante marcia per i
diritti umani degli ultimi anni” ha raggiunto un esito vittorioso.
A
seguito della trattativa tenuta sulla riva del Brenta con Prefetto e
Questore di Venezia tutti i rifugiati in marcia sono stati ospitati per
la scorsa notte da strutture di proprietà del Patriarcato di Venezia e
già da stamattina sono cominciati i trasferimenti in strutture
dignitose, su tutto il territorio regionale, in base a una decisione
ministeriale.
Questi
trasferimenti in nuclei più piccoli son funzionali anche a rompere la
dinamica ghettizzante del maxi campo, favorendo l’integrazione invece
dello scontro con la
popolazione locale, soprattutto nei piccoli paesi.
popolazione locale, soprattutto nei piccoli paesi.
La “marcia della dignità”, come gli stessi migranti l’hanno definita, ha centrato quindi un doppio obiettivo.
Il
primo era quello di dimostrare nei fatti che nessun essere umano può o
deve vivere nelle condizioni disumane dei campi come quello di Cona.
Dopo due anni di proteste, sia da parte dei migranti appoggiati fin
dall’inizio da USB, che di alcuni cittadini locali, che hanno raggiunto
l’apice dopo la morte nel campo di Sandrine Bakayoko, nulla di sensibile
era cambiato.
L’unica
soluzione era quella di uscire coraggiosamente, a viso aperto, non più
per rivendicare miglioramenti nel campo ma la sua chiusura definitiva,
di cui il risultato ottenuto oggi è l’inizio.
Il
secondo è stato proprio quello di denunciare con forza l’intero sistema
dell’accoglienza, e il conseguente sfruttamento della popolazione
migrante. A partire dalle istituzioni pubbliche che colpevolmente
appaltano anche questo settore a soggetti privati, e dunque per
definizione a scopo di lucro: dalle Cooperative, che grazie ad appalti
fuori da ogni norma e spesso truccati percepiscono grossi finanziamenti
sulla pelle degli “utenti”, fino agli imprenditori che, razzisti di
giorno, di notte fanno lavorare i migranti in nero con paghe da fame.
Niente di ciò che riguarda la tutela dei diritti umani può essere appaltato al settore privato.
Cona
dunque non è solo un luogo, ma un simbolo: l’immagine di un inferno che
si vive dal Veneto fino a Lampedusa, passando per le condizioni di vita
dei braccianti agricoli in Puglia e Calabria.
In
questo inferno nessun essere umano può vivere, per questo nonostante
ogni ostacolo la voce dei 300 migranti in marcia è sempre stata una
sola: Basta Cona, indietro non si torna!
E
in questo dobbiamo ricercare un grande insegnamento: chi decide di
lottare per una vita degna di questo nome fa una scelta innanzitutto di
coraggio.
La
destinazione può essere incerta ma non ci si piega a minacce e ricatti
se è chiaro l’obiettivo: i diritti basilari che sono uguali per tutti,
italiani e migranti.
-
Un luogo in cui vivere e poter trovare riparo anche nei momenti più duri, che noi chiamiamo CASA;
-
Un mezzo di sostentamento economico ai bisogni della vita quotidiana, ma anche di mantenimento dei figli e degli affetti, che chiamiamo LAVORO
-
E infine il libero accesso a ISTRUZIONE e SANITA’, perchè la prima è strumento di conoscenza e integrazione, dunque indipendenza e libertà del pensiero, la seconda condizione imprescindibile per la salute.
Nell’insieme
di questi diritti, che devono essere garantiti dall’amministrazione
pubblica, e non certo appaltati ad un settore privato come fa il PD al
governo, riconosciamo la base per la DIGNITA’ della vita umana, e in
questo ambito non esiste distinzione in base a colore della pelle o
paese d’origine.....
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