di F.R.
Ieri mattina presto la Digos si è presentata nella casa della diciannovenne Maya Bosser Peverelli per sequestrare degli oggetti personali in relazione alla sua vicenda.
Su quanto avvenuto, l’Osservatorio contro la Repressione scrive:
Tutti ci ricordiamo
più o meno com’era andata: una sera mentre Maya tornava a casa, assiste a
un controllo di polizia su due ragazzi e decide di avvicinarsi. È
bastato questo perché la polizia decidesse di chiamare dei rinforzi e di
portarla in commissariato. Durante il viaggio Maya subisce varie
violenze e insulti da parte dei poliziotti, in
particolare all’interno del commissariato le viene tirato un pugno in un occhio. Viene rilasciata con un verbale molto poco chiaro in cui le veniva contestato l’oltraggio e il possesso di alcuni chiodini da muro nel marsupio.
particolare all’interno del commissariato le viene tirato un pugno in un occhio. Viene rilasciata con un verbale molto poco chiaro in cui le veniva contestato l’oltraggio e il possesso di alcuni chiodini da muro nel marsupio.
La mattina dopo Maya decide di farsi refertare gli evidenti segni di violenza, e sporgere denuncia.
Numerose sono state le iniziative in solidarietà a Maya da parte di persone a lei vicine e ancor di più da parte di chi non l’aveva mai conosciuta prima.
Numerose sono state le iniziative in solidarietà a Maya da parte di persone a lei vicine e ancor di più da parte di chi non l’aveva mai conosciuta prima.
Circa un mese fa c’è stato il primo interrogatorio
riguardante la denuncia sporta da Maya come parte offesa,
interrogatorio difficile in cui il pubblico ministero, che è la stessa
che fra l’altro segue la denuncia sporta invece nei confronti di Maya,
non faceva altro che soffermarsi sui dettagli e cercare di farla
apparire come una bugiarda. Conosciamo questi teatrini nei tribunali, in
cui la donna offesa diventa l’imputata e si dubita di lei.
Non non ne avevamo
bisogno per sapere che Maya dice la verità, ma durante il processo si è
venuti a conoscenza anche di un video all’interno del commissariato in
cui si vede perfettamente il poliziotto che le tira un pugno. Dopo il
processo infatti la denuncia contro ignoti diventa denuncia contro noto,
della cui identità però né Maya né le persone a lei vicine sono state
messe a conoscenza.
Lo hanno fatto quando l’hanno successivamente
incontrata alle iniziative, insultandola e cercando di umiliarla, e lo
hanno fatto anche stamattina, quando sono piombati in casa sua per
sequestrarle il cellulare con un mandato poco chiaro.
La motivazione con
cui giustificano ciò che è accaduto oggi è che nel telefono di Maya
sarebbero presenti delle richieste di aiuto mandate per sms ai suoi
amici durante la notte di tensione e per il pubblico ministero quello
sarebbe un materiale necessario ai fini del processo. Ma non pensino di
prenderci in giro, perché è sotto gli occhi di tutti che questi sono
gesti intimidatori: non hanno nemmeno rispettato la procedura che
prevedeva, in quanto il materiale era in possesso della parte offesa, la
richiesta al suo avvocato per entrare in possesso del “necessario”.
La vicenda è
emblematica di come ancora una volta si cerca di nascondere il lavoro
sporco della polizia e di come una donna che subisce violenze ha sempre
qualche motivo per “meritarsele”.
La loro coda di
paglia si vede anche se cercano di camuffarla sotto una divisa, la loro
vigliaccheria è è visibile sulle loro facce come il pugno che avevano
dato a Maya.
Maya non è sola. Non lo è mai stata e non lo sarà nemmeno stavolta!
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