Presidio di lotta a oltranza contro i licenziamenti
"Si
tratta di forze lavoro non compatibili con le attività previste nel
cantiere". La parole di padron Costantino spiegano meglio di dieci
trattati la posta in palio ai Nuovi Cantieri Apuani di Marina di
Carrara, un tempo fiore all'occhiello della nautica e ancora oggi luogo
centrale per l'occupazione nella disastrata provincia di Massa Carrara.
Qui
c'è tutto: l'arroganza padronale e la compiacenza della politica, le
timidezze e gli errori sindacali
e l'apparente sordità di una città che sembra incancrenita nell'accettare passivamente le angherie di chi lucra, con l'apparente motivazione di "offrire lavoro". Poi però arriva come una doccia fredda, come uno schiaffo alle coscienze, lo scatto d'orgoglio di due operai che semplicemente non ci stanno. Non ci stanno ad accettare di essere messi da parte, ferri vecchi umani non più utili all'esigenza del capitale, e allora lottano, con l'unico mezzo che hanno a disposizione, il proprio corpo, incatenato davanti all'entrata. All'immagine il padrone ci tiene particolarmente: nell'atrio dell'azienda sembra di stare in un hotel a 5 stelle, fra opere d'arte e tappeti. A pensarci bene c'è un fermo immagine che più di tutte racconta la faccenda: in primo piano la tuta blu con la catena e sullo sfondo il padrone che se ne va sgommando con la sua Porsche. Ora? Ora la lotta continua. Perché i margini di manovra ci sono, perché qui è in atto un feroce scontro di classe e perché un'organizzazione diffusa sta creandosi attorno agli operai. Ecco infatti l'altro mezzo, oltre al proprio corpo, che hanno trovato in questa lotta: attorno al presidio di solidarietà davanti all'entrata, si stanno coagulando nuove forze, segno di una ricomposizione possibile, di un orizzonte da costruire. Il primo nemico da sconfiggere qui è il pessimismo. Pessimismo nato e radicatosi per decenni di sconfitte e di tradimenti. Su tutto questo la lotta di Piero e Stefano può avere l'effetto di una detonazione. La strada per arrivare alla vittoria e difficile, e ricca di ostacoli. Ma in fondo, "per fare una frittata occorre rompere le uova". Crediamoci.
Casa Rossa Occupata
e l'apparente sordità di una città che sembra incancrenita nell'accettare passivamente le angherie di chi lucra, con l'apparente motivazione di "offrire lavoro". Poi però arriva come una doccia fredda, come uno schiaffo alle coscienze, lo scatto d'orgoglio di due operai che semplicemente non ci stanno. Non ci stanno ad accettare di essere messi da parte, ferri vecchi umani non più utili all'esigenza del capitale, e allora lottano, con l'unico mezzo che hanno a disposizione, il proprio corpo, incatenato davanti all'entrata. All'immagine il padrone ci tiene particolarmente: nell'atrio dell'azienda sembra di stare in un hotel a 5 stelle, fra opere d'arte e tappeti. A pensarci bene c'è un fermo immagine che più di tutte racconta la faccenda: in primo piano la tuta blu con la catena e sullo sfondo il padrone che se ne va sgommando con la sua Porsche. Ora? Ora la lotta continua. Perché i margini di manovra ci sono, perché qui è in atto un feroce scontro di classe e perché un'organizzazione diffusa sta creandosi attorno agli operai. Ecco infatti l'altro mezzo, oltre al proprio corpo, che hanno trovato in questa lotta: attorno al presidio di solidarietà davanti all'entrata, si stanno coagulando nuove forze, segno di una ricomposizione possibile, di un orizzonte da costruire. Il primo nemico da sconfiggere qui è il pessimismo. Pessimismo nato e radicatosi per decenni di sconfitte e di tradimenti. Su tutto questo la lotta di Piero e Stefano può avere l'effetto di una detonazione. La strada per arrivare alla vittoria e difficile, e ricca di ostacoli. Ma in fondo, "per fare una frittata occorre rompere le uova". Crediamoci.
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