NoG20 Hamburg: Iniziato il processo a
Fabio Vettore
La dichiarazione resa in Tribunale da Fabio
Osservatorio Repressione novembre
07, 2017
Iniziato, al Tribunale di Altona ad
Amburgo, il processo a Fabio Vettorel, l’attivista italiano
da 4 mesi in carcere. Nell’udienza di oggi Fabio ha rilasciato una
dichiarazione che riportiamo. Nuova udienza il 14 novembre
“Signora giudice, signori giudici
popolari, signora procuratrice, signor assistente del tribunale per i
minori,
Voi oggi siete chiamati a giudicare un
uomo. Lo avete chiamato “aggressivo criminale” e “irrispettoso
della dignità umana”. Personalmente non mi curo degli appellativi
che mi attribuite. Io sono solo un ragazzo di buona volontà.
Prima di tutto vorrei dire che
probabilmente i signori politicanti, i signori commissari di polizia
e i signori magistrati pensano che incarcerando e arrestando qualche
ragazzetto si possa fermare il dissenso nelle strade. Probabilmente
lor signori pensano che le prigioni bastino a spegnere le voci
ribelli che dovunque si alzano. Probabilmente lor signori pensano che
la repressione fermerà la nostra
sete di libertà. La nostra volontà di costruire un mondo migliore.
sete di libertà. La nostra volontà di costruire un mondo migliore.
Ebbene, essi si illudono. Ed è la
storia che dà loro torto.
Perché innumerevoli ragazzi e ragazze
come me sono passati per un tribunale come questo.
Infatti oggi è Amburgo, ieri era
Genova, prima ancora era Seattle.
Voi cercate di arginare le voci di
rivolta che ovunque si alzano con ogni mezzo “legale”, con ogni
mezzo “procedurale”.
Comunque sia, qualunque sarà la
decisione di questo tribunale, essa non inciderà sulla nostra
protesta. Ancora tanti ragazzi e tante ragazze, mossi dai medesimi
ideali, scenderanno nelle strade d’Europa. Incuranti delle prigioni
che con tanto affanno vi sforzate di riempire di detenuti politici.
Ma veniamo al dunque, signora giudice,
signori giudici popolari, signora procuratrice, signor assistente del
tribunale per i minori.
Veniamo al dunque.
Come potrete immaginare io oggi voglio
avvalermi del mio diritto di non rilasciare dichiarazioni in merito
allo specifico fatto di cui sono imputato. Tuttavia vorrei porre
l’attenzione su quali siano le motivazioni che spingono un giovane
operaio originario di una remota cittadina delle Prealpi orientali a
venire ad Amburgo.
Per manifestare il proprio dissenso
contro il vertice del G-20.
G-20. Solo il nome ha in sé qualcosa
di perverso.
Venti tra uomini e donne esponenti dei
venti paesi più ricchi e industrializzati del globo si siedono
attorno a un tavolo. Si siedono tutti insieme per decidere il nostro
futuro. Sì, ho detto bene: il nostro. Il mio, come quello di tutte
le persone sedute in questa stanza oggi, come quello di altre 7
miliardi di persone che abitano questa bella Terra. Venti uomini decidono della nostra vita
e della nostra morte.
Ovviamente a questo grazioso banchetto
la popolazione non è invitata. Noi non siamo che lo stupido gregge
dei potenti della Terra. Succubi spettatori di questo teatro dove un
pugno di uomini tengono in mano un’umanità intera.
Io, signora giudice, ho pensato molto
prima di venire ad Amburgo. Ho pensato al signor Trump e ai suoi
Stati Uniti d’America che sotto la bandiera della democrazia e
della libertà si ergono poliziotti del mondo intero. Ho pensato ai
tanti conflitti accesi dal gigante americano in ogni angolo del
pianeta. Dal Medio Oriente all’Africa. Tutti per accaparrarsi il
controllo di questa o quella risorsa energetica. Poco importa se poi
a morire siano sempre i soliti: civili, donne e bambini.
Ho pensato anche al signor Putin. Nuovo
zar di Russia. Che nel suo paese viola sistematicamente i diritti
umani e si fa beffe di qualunque opposizione.
Ho pensato ai Sauditi e ai loro regimi
fondati sul terrore, con cui noi occidentali facciamo affari d’oro.
Ho pensato a Erdogan che tortura,
uccide, imprigiona i suoi oppositori.
Ho pensato anche al mio paese, dove a
colpi di decreti legge ogni governo cancella senza tregua i diritti
di studenti e lavoratori.
Insomma, eccoli qui i protagonisti del
sontuoso banchetto che si è tenuto ad Amburgo lo scorso luglio. I
più grandi guerrafondai e assassini che il mondo contemporaneo
conosca.
Prima di venire ad Amburgo ho pensato
anche all’iniquità che flagella oggi il pianeta. Mi sembra quasi
scontato infatti ribadire che l’1 % della popolazione più ricca
del mondo detiene la stessa ricchezza del 99% più povero. Mi sembra
quasi scontato ribadire che gli 85 uomini più ricchi del mondo
detengono la stessa ricchezza del 50% della popolazione mondiale più
povera. 85 uomini contro 3 miliardi e mezzo. Queste poche cifre bastano a rendere
l’idea.
E poi, signora giudice, signori giudici
popolari, signora procuratrice, signor assistente del tribunale per i
minori, prima di venire ad Amburgo ho pensato alla mia terra: a
Feltre. Il luogo dove sono nato, dove sono cresciuto e dove voglio
vivere. La cittadella medioevale è incastonata come una gemma nelle
Prealpi orientali. Ho pensato alle montagne che al tramonto si
tingono di rosa. Ai bellissimi paesaggi che ho la fortuna di vedere
dalla finestra di casa. Alla bellezza che travolge questo luogo.
Poi ho pensato ai fiumi della mia bella
valle violentati dai tanti imprenditori che vogliono le concessioni
per costruire centrali idroelettriche. Incuranti dei danni alla
popolazione e all’ecosistema.
Ho pensato alle montagne colpite dal
turismo di massa o diventate luogo di lugubri esercitazioni militari.
Ho pensato al bellissimo posto dove
vivo che sta venendo svenduto ad affaristi senza scrupoli.
Esattamente come tante altre valli in ogni angolo del pianeta. Dove
la bellezza viene distrutta nel nome del progresso.
Sulla scia di tutti questi pensieri ho
deciso dunque di venire ad Amburgo a manifestare. Per me venire qui è
stato prima un dovere che un diritto.
Ho ritenuto giusto oppormi a queste
scellerate politiche che stanno spingendo il mondo verso il baratro.
Ho ritenuto giusto battermi perché
qualcosa sia almeno un po’ più umano, dignitoso, equo.
Ho ritenuto giusto scendere in piazza
per ribadire che la popolazione non è un gregge, e nelle scelte essa
deve essere interpellata.
La scelta di venire ad Amburgo è stata
una scelta di parte. La scelta di stare dalla parte di chi chiede
diritti e contro chi li vuole togliere. La scelta di stare dalla
parte di tutti gli oppressi del mondo e contro gli oppressori. La
scelta di combattere i potenti grandi e piccoli che usano il mondo
come fosse un loro gioco. Incuranti che poi a farne le spese sia
sempre la popolazione.
Ho fatto la mia scelta e non ho paura
se ci sarà un prezzo da pagare ingiustamente.
Tuttavia c’è anche un’altra cosa
che voglio dirvi, che voi mi crediate o meno: a me la violenza non
piace. Però ho degli ideali e per questi ho deciso di battermi.
Non ho finito.
In un’epoca storica in cui dovunque
nel mondo si alzano nuove frontiere, si stende nuovo filo spinato, si
alzano nuovi muri dalle Alpi al Mediterraneo, trovo meraviglioso che
migliaia di ragazzi da ogni parte d’Europa siano disposti a
scendere insieme nelle strade di un’unica città, per il proprio
futuro. Contro ogni confine. Con l’unico comune intento di rendere
il mondo un posto migliore di come l’abbiamo trovato.
Perché signora giudice, signori
giudici popolari, signora procuratrice, signor assistente del
tribunale per i minori, perché noi non siamo il gregge di venti
signorotti. Siamo donne e uomini che vogliono avere il diritto di
disporre delle proprie vite.
E per questo combattiamo e
combatteremo.“
(Dichiarazione resa da Fabio Vettorel.
all’udienza del 7 novembre 2017 al Tribunale di Altona ad Amburgo).
*****
E’ entrato questa mattina nel vivo,
nell’aula dell’Amtsgericht di Altona, il processo a Fabio
Vettorel, proprio nel giorno in cui si compie il quarto mese di
carcerazione per il diciannovenne studente di Feltre (Belluno). Fabio
rimane l’unico italiano ancora detenuto ad Amburgo per la
partecipazione alle giornate di protesta del luglio scorso contro il
vertice del G20.
La sua condizione è tanto più
paradossale, considerato il fatto che si tratta del più giovane tra
gli attivisti arrestati in quell’occasione, addirittura giudicato
come «minorenne» secondo il diritto penale tedesco. Lo studente è
imputato di reati di modesta entità, quali il «disturbo alla quiete
pubblica», il «tentativo di causare danni mediante mezzi
pericolosi» (lancio di oggetti) e la «resistenza a pubblico
ufficiale». Maggiorenni con simili imputazioni sono stati condannati
con la condizionale e subito rilasciati. Da questo punto di vista la
sua detenzione preventiva ha assunto il carattere di una vendetta
punitiva e, per molti aspetti, di un trattamento discriminatorio.
Il processo, dopo un primo tentativo di
ricusare il magistrato giudicante che già aveva negato il rilascio
di Vettorel, inizierà oggi con la testimonianza di sei poliziotti
presenti al suo arresto. Secondo la sua avvocata, Gabriele Heinecke,
finora le autorità tedesche non sono riuscite a produrre alcuna
prova specifica sul coinvolgimento del giovane nelle «azioni
criminali» di cui è accusato. Fabio starebbe pagando la semplice
presenza a Rondenbarg, là dove la polizia ha caricato senza
giustificazione un gruppo di manifestanti che si stava dirigendo ai
blocchi intorno alla «zona rossa» del Summit.
Sul caso è intervenuta anche Amnesty
International che ha severamente criticato, come contrario alle
stesse raccomandazioni del Consiglio d’Europa, l’uso della
detenzione preventiva, ritenuta «non strettamente necessaria» di
fronte all’assenza del rischio di fuga e alle caratteristiche
personali dell’imputato, a cominciare dalla giovane età. Per
questo Amnesty ha chiesto, fin dall’ottobre scorso, il «rilascio
di Fabio Vettorel in attesa del processo» e, quanto meno, di
valutare l’applicazione di misure alternative al carcere nei suoi
confronti, così come per gli altri detenuti del G20.
Domenica pomeriggio, nel quadro della
campagna UnitedWeStand, oltre duecento persone hanno dato vita ad
Amburgo a un rumoroso presidio davanti al carcere di Billwerder. Al
termine centinaia di pallocini, rossi e neri, sono volati in aria
oltre le mura della prigione. Un benaugurante messaggio di libertà,
in attesa che il castello delle accuse crolli e che anche l’incubo
di Fabio, insieme agli altri ancora ostaggi dei «Venti Grandi»,
finisca. (Beppe Caccia da il manifesto)
fabio vettorelG20hamburg
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