Il processo Ambiente Svenduto è
piuttosto “strano”, difficile da interpretare. Faccio l’esempio
dell’udienza di oggi. Abbiamo formalmente iniziato intorno alle 10
e subito è iniziato il “lavoro” degli avvocati difensori degli
imputati: una richiesta di rinvio dell’udienza perché l'avvocato
dei Riva, Annicchiarico, stava male ed era assente, poi altre
richieste di rivedere tutta una serie di decisioni che la Corte aveva
già preso, e così via. A questo punto la Corte si ritira per due
volte in Camera di Consiglio e passano ore. L'udienza inizia
effettivamente dopo le 15,30. Poco dopo le 17 i testi dovevano andar
via e quindi alla fine abbiamo fatto un’ora e mezza di processo.
L’udienza è durata dalle 10 alle 17, ma il processo è
effettivamente andato avanti solo per un’ora e mezza.
Perchè questo? Perché l’obiettivo
sempre più evidente dei difensori degli imputati non è difendersi
sui fatti, contestare dati e responsabilità, ma allungare il più
possibile i tempi. E ci stanno riuscendo. Per motivi che sono in
parte processuali, ma anche non processuali.
Corte se ne va, si
ritira in camera di consiglio per un’ora e più, alla fine gli dà
torto ma nel frattempo è passata un’ora. Finora saranno state
fatte 20, forse 30 udienze ma al netto delle eccezioni e relative
decisioni, i tempi effettivi di processo equivalgono forse a 3 o 4
udienze; senza contare il fatto che il processo è iniziato dopo un
anno e mezzo, poi si è nuovamente interrotto ed è stato fatto
ripartire da zero.
Non processuali perché non c’è
nessun tipo di pressione reale, forte su questo processo. In effetti
anche i giudici, non sentendosi addosso questa pressione, se la
prendono comoda, non hanno un’urgenza.
Adesso siamo entrati in una fase
processuale leggermente diversa, dove stiamo ascoltando chi riferisce
fatti, ma pur sempre cose già accertate: quali sono gli agenti
inquinanti, quali sono le fonti, i parchi minerali, i funi, le canne
fumarie, ecc.
Tra un po’ toccherà a noi, che
dovremo tentare sia di accelerare il processo, sia di dimostrare
qualcosa che finora non è stato dimostrato: dalle condizioni dei
lavoratori cimiteriali, ad alcune cose che accadevano in Ilva, a
Tamburi, tutte cose che solo in parte sono già state affrontate
processualmente e che noi dobbiamo cercare di sottolineare,
evidenziare ancora di più.
Anche noi dovremo difenderci dagli
attacchi, dai tentativi di perdere tempo che dall’altra parte
sicuramente continueranno, non perché sono particolarmente “cattivi”
ma perché è il loro “lavoro”, un lavoro per cui sono pagati
abbastanza bene e hanno il “diritto”, in questo sistema, di fare.
Però, continuo a penare che tanto più
forte è la pressione, anche sul processo, tanto più difficile
diventa per loro ottenere il loro scopo. Perché forse una Corte
d’Assise che si sente spinta, quasi assediata dai lavoratori e
dalla cittadinanza, potrebbe pensare di dover fare in fretta, di
dover portare avanti il processo e chiuderlo con una sentenza per
dare una risposta a cittadini e lavoratori che hanno ogni giorno
davanti e chiedono giustizia.
Va tenuto conto di una cosa, che è
assolutamente tipica di questo genere di processi, connaturata. ll
fatto che viviamo in uno Stato capitalista, dove la Giustizia fa
parte dell’apparato dello Stato e corrisponde alle leggi di
funzionamento del sistema; e secondo questo funzionamento,la realtà
viene rovesciata: siamo noi, chi sta intorno al processo e vuole
giustizia, i veri imputati. Quando ci avviciniamo a quell’aula, la
polizia guarda male noi, non gli avvocati di Riva e soci, che fino a
prova contraria sono gli imputati. Guardano male gli avvocati di
parte civile, sono preoccupati del pubblico che viene ad assistere.
Questo perché, ripeto siamo sotto uno Stato, in cui i padroni sono
interni del sistema, fanno parte del meccanismo di questo Stato e
società capitalisti. Certo, sfruttano la situazione, inquinano,
fanno qualcosa che anche in uno Stato capitalista non è del tutto
lecito e per questo vanno processati, ma sono comunque all’interno
del sistema.
Noi invece siamo antagonisti, siamo
quelli che vogliono fare la rivoluzione contro lo Stato capitalista e
quindo siamo molto più pericolosi. Magari non nell’ottica dei
giudici della Corte d’Assise ma sicuramente nell’ottica della
polizia, che è quella che controlla anche il processo. Per loro gli
operai e i cittadini che si incazzano sono molto più pericolosi di
un imprenditore che facendo il suo lavoro inquina, ammazza la gente.
Lui sta facendo il suo lavoro, “normale” per il sistema, gli
altri rischiano di metterlo in discussione. Per questo, “guardano
male” le poche persone, le parti civili presenti e me che le
rappresento quando faccio i miei interventi contestando l’azione
dei difensori di Riva.
Ma se fossimo in tanti, sia noi
avvocati di parte civile sia lavoratori e cittadini tra il pubblico,
le cose in parte andrebbero diversamente.
Questo vale anche per noi avvocati,
effettivamente questa è una nostra mancanza, non siamo riusciti a
essere significativamente presenti in ogni udienza. Per me
personalmente e per gli altri colleghi di Torino ovviamente non è
semplice venire qui ad ogni udienza, ma anche altri colleghi del
posto che per cui sarebbe molto più facile essere più presenti,
spesso non partecipano alle udienze, non per cattiva disposizione ma
anche perché il processo ancora non è decollato, non ha ancora
avuto quella rilevanza che un processo del genere dovrebbe avere.
Questo è il processo per reati
ambientali più grosso che sia mai stato celebrato in Italia, il più
grosso processo al sistema capitalista fabbrica, inquinamento, eppure
se ne parla molto meno del processo Thyssen, molto meno del processo
Eternit e di molti alti processi per reati ambientali celebrati in
Italia. Anche per questo possiamo dire che gli imputati e i loro
difensori stanno “lavorando bene”, la loro tattica sta
funzionando.
Se invece fossimo tanti ogni volta, sia
noi avvocati sia i cittadini, lavoratori che vanno lì e rivendicano
giustizia, questo potrebbe cambiare la situazione. Lo so che per chi
non lo fa per lavoro non è facile presentarsi in aula alle 9,
aspettare fino alle 10 e mezzo che si concluda l’appello, stare a
guardare fino alle 16 che non succede niente, se non assistere agli
avvocati che si parlano da una parte all’altra, ai giudici che ogni
tanto vanno su retro e dopo un’ora tornano e leggono un'ennesima
ordinanza, e in tutta quella giornata si sente, e solo in parte, uno
solo dei testi convocati, ma ogni tanto occorre fare questo sforzo di
essere al processo.
Il presidente della Corte, che regola
tempi e modi del processo, tanto meno si sente pressato, tanto meno
si impone perché il processo vada avanti spedito.
Se in un processo di questa dimensione
ci sono solo 10 persone tra il pubblico, vene da pensare: ma allora
non interessa a nessuno, allora non è successo nulla, non è vero
che ci sono stati tanti morti e disastri, perché se fosse vero ci
andrebbero in tanti!
Loro, gli avvocati degli imputati, si
sentono così tranquilli, padroni della situazione che anche un
semplice interventi di opposizione alle loro eccezioni, li fa molto
arrabbiare ma anche li mette in difficoltà. Stamattina hanno reagito
in modo anche offensivo quando io ho contestato l'intervento di uno
di loro, si sono rivoltati in massa e mi hanno inveito contro, e la
cosa è continuata per un pò. Sono convinto che se fossimo stati di
più dalla nostra parte e ci fossimo anche solo avvicinati, non
avrebbero sbraitato tanto.
Io non mi scandalizzo per questo.
Ripeto, loro stanno facendo il loro lavoro, per cui sono pagati,
anche abbastanza profumatamente, e non discuto che lo possano e
debbano tentare fare tutto e il contrario di tutto; ma noi siamo
dall’altra parte e dobbiamo tentare di lavorare diversamente,
cercare di tenere in carreggiata il processo. Il presidente della
Corte d’Assise oggi forse perché ha sentito, per la prima volta da
qualche udienza in qua, qualcuno che dalle parti civili si è alzato
e ha detto che non era d’accordo, per la prima volta ha scritto
nero su bianco che venivano fatte delle richieste da parte degli
avvocati degli imputati solo per perdere tempo! Ha scritto che si
trattava di richieste pretestuose e di un abuso
del diritto alla difesa. Se questo fosse stato già fatto una, due
tre volte, se ci fossero stati i giornalisti, le cose andrebbero
differentemente.
I
giornalisti, credo, non vengono perché già sanno che succede poco o
niente in termini processuali e soprattutto perché non vedono che
c’è interesse, vedono poca gente.
Non
credo sia necessario che succeda qualcosa di eclatante, basta che
sentono che c’è una pressione, che ci si sta arrabbiando e ci si
sta arrabbiando anche perché in un anno finora il processo ancora
non è affatto decollato.
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