Il tavolo tematico su “Sicilia frontiera e fortezza dell’Europa
dell’esclusione” è stato aperto da un lungo intervento di Antonio Mazzeo sulla
militarizzazione della Sicilia, come sempre interessante per le informazioni
puntuali sugli sviluppi e la pervasività di questa militarizzazione, e da un
altro altrettanto lungo intervento di un’attivista che si occupa di migranti
attraverso l’associazione “Clinica legale per i diritti umani” di Palermo. Anche
questa relazione è stata interessante per i passaggi legati a tutto l’aspetto “legale”,
appunto, legato ai diritti dei migranti che di fatto non vengono assolutamente
rispettati dal governo italiano, per esempio.
Il nostro breve intervento si è concentrato sul significato
del fenomeno migrazione e sul modo in cui la nostra organizzazione considera
(fratelli di classe) i migranti e opera concretamente tra e con essi.
“La nostra posizione generale è stata espressa nel nostro
intervento di ieri… oggi parlando di questo aspetto “particolare” diciamo che i
migranti sono l’effetto orrendo e visibile della prima contraddizione che si
presenta nel mondo attuale, quella tra imperialismo e popoli oppressi,
l’imperialismo per sfruttare questi popoli deve fare le guerre sempre e questo
provoca naturalmente emigrazione…
“Come affrontiamo noi questo settore della lotta? Siccome
abbiamo fatto cose concrete parliamo di cose concrete. Laddove possiamo,
organizziamo concretamente i migranti come a Taranto e a
Bergamo. Questo perché secondo noi non si può avere una concezione assistenzialista che non può davvero risolvere il problema, a questo ci pensano già tante associazioni ecc., non è “rappresentandoli” che aiutiamo davvero. Noi facciamo diventare protagonisti gli stessi immigrati e questo cambia il modo in cui le lotte si fanno e come ci si organizza. A Taranto un gruppo di migranti ospitati in un centro (Bel Sit) si è rivolto a noi, li abbiamo organizzati e hanno lottato, manifestato ripetutamente davanti alla Prefettura e al Comune e ottenuto un risultato concreto, hanno ottenuto il documento di riconoscimento (qui c’è stata l’interruzione di una esperta che non capiva che tipo di documento si era ottenuto, e abbiamo spiegato che il migrante con questo documento diventa un po’ meno ricattabile e un tantino meno perseguitato, suscitando un po’ di “meraviglia” da parte di tutti); così si ottengono risultati concreti: si rafforza la coscienza degli stessi migranti e si acuiscono le contraddizioni tra le stesse istituzioni che spesso davanti a queste reazioni vanno nel pallone; contraddizioni tra chi (le associazioni, le cooperative che sui migranti ci campano e non vogliono, quindi, che se ne vadano) e chi è costretto (le istituzioni locali soprattutto) a riconoscere che certi diritti non si possono disconoscere… ma le istituzioni “imparano” e si attrezzano per dare risposte diverse… in questo momento per esempio, in cui è in corso una lotta simile con un altro gruppo di migranti, pongono più ostacoli al rilascio del documento di riconoscimento.
Bergamo. Questo perché secondo noi non si può avere una concezione assistenzialista che non può davvero risolvere il problema, a questo ci pensano già tante associazioni ecc., non è “rappresentandoli” che aiutiamo davvero. Noi facciamo diventare protagonisti gli stessi immigrati e questo cambia il modo in cui le lotte si fanno e come ci si organizza. A Taranto un gruppo di migranti ospitati in un centro (Bel Sit) si è rivolto a noi, li abbiamo organizzati e hanno lottato, manifestato ripetutamente davanti alla Prefettura e al Comune e ottenuto un risultato concreto, hanno ottenuto il documento di riconoscimento (qui c’è stata l’interruzione di una esperta che non capiva che tipo di documento si era ottenuto, e abbiamo spiegato che il migrante con questo documento diventa un po’ meno ricattabile e un tantino meno perseguitato, suscitando un po’ di “meraviglia” da parte di tutti); così si ottengono risultati concreti: si rafforza la coscienza degli stessi migranti e si acuiscono le contraddizioni tra le stesse istituzioni che spesso davanti a queste reazioni vanno nel pallone; contraddizioni tra chi (le associazioni, le cooperative che sui migranti ci campano e non vogliono, quindi, che se ne vadano) e chi è costretto (le istituzioni locali soprattutto) a riconoscere che certi diritti non si possono disconoscere… ma le istituzioni “imparano” e si attrezzano per dare risposte diverse… in questo momento per esempio, in cui è in corso una lotta simile con un altro gruppo di migranti, pongono più ostacoli al rilascio del documento di riconoscimento.
“A Bergamo invece organizziamo i lavoratori della logistica
che sono quasi tutti migranti… una vera babele di lingue… e quando queste lotte
si fanno sentire cambia certo il modo in cui istituzioni e padroni danno
risposte. Questa lotta ne racchiude diverse: quella di tipo sindacale per il
salario e le condizioni di lavoro; quella legata alla condizione di migrante
per il permesso di soggiorno (e qui c’è stata una specifica lotta contro un
sindaco leghista che aveva aumentato la tassa a 500 euro – una battaglia che
con la lotta è stata vinta); a queste si aggiunge quella contro la repressione
e la delinquenza dei padroni che diventano più spietati, assumono mazzieri (tra
l’altro, ricordiamo il lavoratore ucciso dal camion) o cercano di intimidire con
altri mezzi molto pesanti… e quindi non si deve solo difendere il posto di
lavoro, ma battersi anche per altri diritti … siamo d’accordo con il corteo
contro i Cie, hotspot…”
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