Questa
è una delle quattro lettere di licenziamento con cui il “buon padrone
Camozzi” oggi ha comunicato a tre operai (di cui uno delegato) ed ad un’
impiegata, l’avvenuto licenziamento. Con queste pretestuose motivazioni
qualsiasi operaio o lavoratore all’Interno della Innse non è più sicuro
di essere garantito nella propria mansione e nel proprio posto di
lavoro, un clima di terrore che Camozzi sta cercando d’introdurre all’interno della Innse come pratica consueta di ricatto nei
confronti degli operai per tentare di eliminare qualsiasi forma di opposizione sindacale di resistenza ai suoi piani .
confronti degli operai per tentare di eliminare qualsiasi forma di opposizione sindacale di resistenza ai suoi piani .
L’organizzazione
sindacale Fiom, organizzazione a cui tutti i lavoratori della Innse
sono iscritti, pur sapendo benissimo che Camozzi ha licenziato quattro
di noi non ha mosso un dito di fronte a questo attacco.
La Fiom oggi al presidio davanti ai cancelli non ha mandato nemmeno l’ultimo dei funzionari sindacali, non ha mai espresso nessun comunicato di denuncia ne‘ tanto meno a fatto circolare due righe di solidarietà nei nostri confronti. Un livello di sottomissione al padrone inaudito.
Scipioni, segretario della Fiom milanese, ha deciso assieme al gruppo dirigente nazionale della Fiom di sostenere apertamente Camozzi contro gli operai della Innse.
Questo è l’atteggiamento lampante di obbedienza che la fiom sta dimostrando nei confronti degli interessi della Camozzi.
L’atteggiamento che Scipioni e la Fiom nazionale stanno tenendo nei confronti della Camozzi si scontra direttamente contro la lotta di resistenza degli operai e degli impiegati della Innse .
Di
fronte ai licenziamenti ed a questo nuovo sistema di “relazioni
sindacali” di cui la Fiom si fa interprete, invitiamo tutti i solidali
con gli operai della Innse ad essere presenti al presidio di domani 7
marzo, dalle ore 7.00, davanti ai cancelli della Innse. vi aspettiamo numerosi.
C. D. Operaio della INNSE
Innse, otto anni dopo la storica protesta licenziati quattro operai
Finale di partita. Non ci saranno tempi
supplementari nel match che vede contrapposti i lavoratori della Innse
alla proprietà della storica azienda di via Rubattino, i bresciani della
Camozzi. Gli stessi che nel 2009 acquisirono l’impresa destinata al
fallimento. Un salvataggio reso possibile da una protesta estrema e
coraggiosa: quattro lavoratori e un delegato Fiom per torridi giorni e
infinte notti estive aggrappati al carro ponte dell’azienda. Ma la pace è
durata poco. Dopo numerosi ostacoli burocratici, i Camozzi — con la
benedizione della Fiom — sono partiti con la ristrutturazione. Dieci
milioni di investimenti, nuovi macchinari, sette assunzioni («I giovani
selezionati stanno già facendo formazione», dicono a Brescia).
Sul piano di rilancio, però, si è consumata
la rottura tra i vertici delle tute blu Cgil e la rappresentanza
sindacale aziendale. Perché l’accordo prevede anche l’uscita di quattro
lavoratori con un assegno pari alla pensione per il periodo che li
separa dal ritiro definitivo dal lavoro. Ieri, all’arrivo delle lettere
di licenziamento, i lavoratori hanno reagito con lo sciopero e il blocco
dei cancelli. Promettono di resistere. L’azienda, invece, si appella al
sindaco, alla questura, al prefetto: «Milano ci deve dire se qui è
ancora possibile fare impresa. O entro questo mese la situazione si
sblocca, o riconsegneremo simbolicamente le chiavi della fabbrica».
Solidarietà agli operai licenziati all’INNSE di Milano-Lambrate.
I gravissimi fatti avvenuti all’INNSE, storica fabbrica metalmeccanica di Milano-Lambrate, con i licenziamenti dei tre operai Enzo Acerenza, Dario Comotti, Massimo Merlo e della impiegata Pagani Anna, avvenuti con raccomandata, nella giornata di sabato 4 marzo 2017 costituiscono l’ennesimo esempio del vergognoso tentativo di ridurre a schiavi alcuni eroici rappresentanti della classe operaia e rappresentano l’imbarbarimento della lotta sindacale, troppo frequente nelle cronache di questi ultimi anni.
Nel 2009 i tre operai licenziati con tutti i lavoratori della Innse, hanno occupato per un anno lo stabilimento di via Rubattino, evitandone la chiusura dopo essere saliti per una settimana su un carro-ponte all’altezza di 40 metri da terra per ottenere la riassunzione di tutti i 50 dipendenti.
Recentemente la r.s.u. con tutti gli operai e impiegati, hanno denunciato la grave crisi provocata dal gruppo Camozzi, che all’epoca aveva rilevato lo stabilimento. Il Comune di Milano aveva concesso 40 mila metri quadrati di terreno attorno allo stabilimento, al valore simbolico di un euro, a condizione che fosse rilanciata la produzione. Il rilancio dell’INNSE di Lambrate non è mai avvenuto. I dipendenti che nel 2009 erano 50 sono diventati oggi 27.
Oggi i dipendenti dovrebbero accettare il piano industriale imposto da Camozzi (che di fatto prevede la liquidazione dello stabilimento), piano industriale condiviso dalla Fiom nazionale e provinciale ma respinto con un referendum votato all’unanimità da tutti i lavoratori. Gli operai, anche quelli in cassa integrazione, hanno difeso strenuamente il diritto di fare assemblee giornaliere in fabbrica, contro l’opposizione dell’azienda. Dal 1° marzo è finita la cassa integrazione e tutti gli operai sono tornati a lavorare, ma non si sa con quali prospettive. Gli sviluppi imprevedibili della situazione sono sfociati nei fatti attuali.
Sabato 4 marzo Enzo Acerenza, Dario Comotti, Massimo Merlo e Anna Pagani hanno ricevuto la lettera di licenziamento immediato. Il provvedimento preso dal padrone è un pretesto adottato per tentare di eliminare il dissenso nella fabbrica. L’INNSE ha cercato di ottenere con quattro licenziamenti ingiustificati e ignominiosi dei tre capi della resistenza operaia e dell’impiegata, quello che non era riuscita ad ottenere in dieci anni di ostinata negazione dei diritti e di reazione padronale rabbiosa nei confronti delle giuste rivendicazioni, delle plausibili ragioni e della lotta degli operai di una fabbrica diventata famosa.
Per questo, “Il sindacato è un’altra cosa-opposizione Cgil” – biasimando apertamente il fatto che la Fiom, alla quale sono iscritti tutti i dipendenti della fabbrica, non sta tutelandoli come dovrebbe – dà totale solidarietà ed appoggio ai licenziati e a tutti gli operai dell’INNSE di Milano.
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