da infoaut
a pochi giorni dalla prima applicazione del cosiddetto Daspo urbano.
«Libertà
è sicurezza», questa la chiosa con cui l'attuale ministro dell'interno
Marco Minniti dava avvio ad un convegno in tema di sicurezza tenutosi
nel 2014 a Perugia. Due semplici parole che tuttavia, nel loro
concatenarsi, tracciano alla perfezione il profilo dell'“uomo dei
servizi” Minniti. Profilo ex PCI, da quasi 20 anni colleziona incarichi,
come sottosegretario, tra la presidenza del consiglio dei ministri e i
ministeri di interni e difesa.
Laureato in fliosofia e assistente universitario, la sua è stata una carriera notevole. Cresciuto nelle sezioni della FGCI della Piana di Gioia Tauro, diventa poi segretario calabrese dei DS. Fedelissimo di D'Alema prima, del Partito Democratico a trazione Renziana poi, è uno dei pochi membri del PD ad aver superato indenne - anzi è stato premiato con la poltrona di ministro - la parabola funesta del partito della nazione, iniziata con Letta, continuata con Renzi e ora con Gentiloni.
Laureato in fliosofia e assistente universitario, la sua è stata una carriera notevole. Cresciuto nelle sezioni della FGCI della Piana di Gioia Tauro, diventa poi segretario calabrese dei DS. Fedelissimo di D'Alema prima, del Partito Democratico a trazione Renziana poi, è uno dei pochi membri del PD ad aver superato indenne - anzi è stato premiato con la poltrona di ministro - la parabola funesta del partito della nazione, iniziata con Letta, continuata con Renzi e ora con Gentiloni.
Forse
per la propria storia politica, forse per biografia personale, sembra
scorgersi dietro la sua idea di «sfatare il tabù che le politiche di
sicurezza siano “par excellence” di destra
» e alla convinzione «che la
sicurezza sia pane per i denti della sinistra» , una sorta di concezione
hegeliana sull'oggettivizzazione della libertà garantita dallo Stato.
Malgrado
questo “nobile” (ma per noi sciagurato) riferimento culturale, è
tuttavia possibile rintracciare altrove la ratio che muove l'ultimo
pacchetto sicurezza (DL. n°14/2017 ). Un'attività di normazione che si
inserisce in una tradizione, quantomeno occidentale, di attacco alla
povertà, di gestione della marginalità sociale, di tolleranza zero nei
confronti di tutti ciò che non è disciplinato e conforme. Una tradizione
che almeno in Italia, tra sindaci sceriffi e ministri reazionari,
abbiamo fin dalla seconda metà degli anni '90, e che è diventata più
evidente con il contributo dell'allora ministro Maroni (autore di due
decreti sicurezza nel 2008 e nel 2009).
Una
securitarizzazione dello spazio e un contrasto all'alterità che ha
radici molto profonde, tanto da far assurgere la sicurezza a tema
centrale non solo per campagne elettorali, ma anche per veri e propri
modi per stabilizzare e accelerare le espropriazioni capitalistiche in
atto nelle metropoli (dai processi di gentrification e riqualificazione,
alla creazione di tavoli concertativi tra diversi soggetti pubblici e
privati, alla proliferazione di dispositivi di sicurezza privati).
Principali novità del decreto legge recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città».
Affrescato il ritratto dell'autore del nuovo testo sulla sicuezza, è interessante vedere quali siano le novità introdotte, sia per la loro attitudine ad incidere sul “livello basso” della composizione sociale (poveri e marginalizzati in genere) sia per la volontà, espressa più volte nel testo, di combattere i fenomeni di occupazione illecita di spazi e di immobili pubblici e privati, nonché «qualsiasi atto che comunque comporti una turbativa del libero utilizzo degli spazi pubblici».
Affrescato il ritratto dell'autore del nuovo testo sulla sicuezza, è interessante vedere quali siano le novità introdotte, sia per la loro attitudine ad incidere sul “livello basso” della composizione sociale (poveri e marginalizzati in genere) sia per la volontà, espressa più volte nel testo, di combattere i fenomeni di occupazione illecita di spazi e di immobili pubblici e privati, nonché «qualsiasi atto che comunque comporti una turbativa del libero utilizzo degli spazi pubblici».
Primo
elemento di novità è di natura definitoria, all'art.4 infatti, la
sicurezza urbana è definita come il «bene pubblico» collegato, in modo
nettamente più esplicito rispetto al passato, al “decoro” e alla
“vivibilità” della città. È evidente quindi che siamo di fronte ad un
decreto che da un lato pensa di poter intervenire su comportamenti
lesivi della persona o del patrimonio, dall'altro si connota per un
carattere moralizzante e paternalistico, puntando il dito su
comportamenti, attitudini e stili di vita incompatibili.
Conseguentemente è normale che, all'interno dello stesso articolo,
vengano individuate come soluzioni la «riqualificazione di aree e siti
più degradati» e «promozione del rispetto della legalità».
Proprio
sotto quest'ultimo profilo l'art. 5, che disciplina i «Patti per la
sicurezza urbana»,dispone che prefetto e sindaco, nel rispetto di alcune
linee decise dal ministero degli interni, possano prevedere qualsiasi
iniziativa di «dissuasione di ogni forma di condotta illecita […] nonché
la prevenzione di altri fenomeni che comunque turbano il libero
utilizzo degli spazi pubblici». Particolare accento poi è posto, sempre
nell'ambito dei «Patti per la sicurezza urbana», sull'individuazione di
aree e zone da sottoporre a maggiore tutela.
Altro
elemento chiave nel testo, a cui è dedicata la I° sezione del decreto, è
la sicurezza integrata (art.1 ). Quello che emerge in questo caso è, se
pur all'interno di un meccanismo che vede comunque il ministero degli
interni definire le linee generali delle politiche pubbliche in materia,
un allargamento della gestione securitaria: perché da un lato gli enti
locali, i sindaci e le città metropolitane (è istituito anche il
comitato metropolitano per la sicurezza) vedono aumentare le proprie
responsabilità e i propri poteri; dall'altro è favorito l'ingresso di
enti non economici e soggetti privati (art. 7), soggetti non statali che
si vanno ad aggiungere alle centinaia di istituti di vigilanza privata
che popolano le nostre metropoli.
Le modifiche degli artt. 50 e 54 del TUEL (Testo unico sugli enti locali) invece, garantiscono maggiore potere ai sindaci in termini di ordinanze. Quello che anche qui emerge rispetto alle fumose previsioni del passato (che parlavano genericamente la salute e sicurezza pubblica/ordine pubblico) è la specificazione di soggetti e comportamenti. Infatti, oltre a parlalre genericamente di «degrado» e «incuria» i provvedimenti presi in esame dall'art.8 del DL. n°14/2017 sono diretti a prevenire e contrastare prostituzione, accattonaggi, spaccio/tossicodipendenza, abusivismo, occupazione illecita di spazi pubblici. La ragione che muove tale norma è quella di creare, attraverso il sistema delle ordinanze (a cui sono poi collegate delle sanzioni amministrative), un'asettica città vetrina fatta solo di presenze desiderabili. Gli altri, gli indesiderabili, la racaille, sono individuati, etichettati, sanzionati e espulsi dallo spazio pubblico (o per lo meno da alcune aree di esso).
Proprio all'espulsione dallo spazio pubblico sono dedicati gli artt. 9 e 10. Questi prevedono un rafforzamento del sistema sanzionatorio introducendo una nuova sanzione amministrativa pecuniaria , il cui focus è palesemente l'attivismo politico. A tale sanzione è collegata l'introduzione dell'ordine di allontanamento e del divieto di accesso da determinate aree o luoghi della città: questo vuol dire che vi è una possibilità, in capo al sindaco (con l'ordine di allontanamento) e al questore (con entrambi) di allontanare un determinato soggetto da alcune aree o edifici della città e di proibirgli l'accesso per un periodo che va, in caso di reiterazione della condotta illecita, da 6 mesi a 2 anni. Il decreto prevede inoltre degli effetti anche da un punto di vista processuale, ora la concessione della sospensione condizionale della pena può essere subordinata all'imposizione del divieto di accedere a luoghi o aree specificamente individuati.
Le modifiche degli artt. 50 e 54 del TUEL (Testo unico sugli enti locali) invece, garantiscono maggiore potere ai sindaci in termini di ordinanze. Quello che anche qui emerge rispetto alle fumose previsioni del passato (che parlavano genericamente la salute e sicurezza pubblica/ordine pubblico) è la specificazione di soggetti e comportamenti. Infatti, oltre a parlalre genericamente di «degrado» e «incuria» i provvedimenti presi in esame dall'art.8 del DL. n°14/2017 sono diretti a prevenire e contrastare prostituzione, accattonaggi, spaccio/tossicodipendenza, abusivismo, occupazione illecita di spazi pubblici. La ragione che muove tale norma è quella di creare, attraverso il sistema delle ordinanze (a cui sono poi collegate delle sanzioni amministrative), un'asettica città vetrina fatta solo di presenze desiderabili. Gli altri, gli indesiderabili, la racaille, sono individuati, etichettati, sanzionati e espulsi dallo spazio pubblico (o per lo meno da alcune aree di esso).
Proprio all'espulsione dallo spazio pubblico sono dedicati gli artt. 9 e 10. Questi prevedono un rafforzamento del sistema sanzionatorio introducendo una nuova sanzione amministrativa pecuniaria , il cui focus è palesemente l'attivismo politico. A tale sanzione è collegata l'introduzione dell'ordine di allontanamento e del divieto di accesso da determinate aree o luoghi della città: questo vuol dire che vi è una possibilità, in capo al sindaco (con l'ordine di allontanamento) e al questore (con entrambi) di allontanare un determinato soggetto da alcune aree o edifici della città e di proibirgli l'accesso per un periodo che va, in caso di reiterazione della condotta illecita, da 6 mesi a 2 anni. Il decreto prevede inoltre degli effetti anche da un punto di vista processuale, ora la concessione della sospensione condizionale della pena può essere subordinata all'imposizione del divieto di accedere a luoghi o aree specificamente individuati.
Tra
gli ultimi elementi che possono interessare, soprattutto una
soggettività come la nostra, sono sicuramente quelli previsti
dall'art.11 («Disposizioni in materia di occupazioni arbitrarie di
immobili»). Il “decreto Minniti” attribuisce al Prefetto il compito
scegliere modalità, tempi e priorità degli sgomberi, infatti sarà egli a
«impartire, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza
pubblica, disposizioni per prevenire [...] il pericolo di possibili
turbative per l'ordine e la sicurezza pubblica e per assicurare il
concorso della Forza pubblica all'esecuzione di provvedimenti
dell'autorità giudiziaria concernenti i medesimi immobili». La
motivazione, secondo il decreto sta nel fatto che il Prefetto si faccia
garante dei diversi interessi e conflitti in gioco, tuttavia chi ha
esperienza con le lotte sindacali e operaie comprende come questo crei
un ulteriore livello di scontro, oltre che un collegamento diretto con
il Governo e con Minniti stesso.
Sicurezza tra populismo e attacco classista alla povertà.
Tra
le righe del testo vi è quindi una risposta del neoliberismo in salsa
italiana, alle ventate di populismo che devono molto del proprio
successo alla paura e alla percezione di insicurezza. Tuttavia in questo
caso la strategia è più fine – non punta solamente ad un tornaconto
elettorale facendo “ammalare di terrore” e pompando odio sociale – ma
individua e colpisce precisi soggetti. Ovvero tutti coloro che per l'uno
o per l'altro motivo rappresentano sono presenze disarmoniche e
incompatibili con lo spazio sociale. Ma a ben vedere, dietro non vi è
solo una questione estetica, moralizzante e paternalistica puntata sul
decoro. Vi è piuttosto una strategia ben precisa di attacco repressivo
contro tutta una grande fascia di composizione sociale a cui non possono
essere garantiti diritti, reddito e assistenza. Una volta individuate
le classi laboriose a cui possono essere elargite elemosine (sia sul
piano dei diritti che del reddito) senza inceppare la “legge del
valore”, per tutti gli altri la feccia non c'è più posto, per questo
bisogna attivare dei violenti meccanismi di espulsione e
neutralizzazione.
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