Una considerazione di proletari comunisti
Quando si nazionalizzano le banche si è bravi a dire: "nazionalizzano per socializzare le perdite e salvare i profitti passati, presenti e futuri..."; quando si parla di "nazionalizzare l'Ilva" costoro, invece, lo dimenticano e propagandano questa strada tra i lavoratori come soluzione di tutti i mali.
Sempre le nazionalizzazioni in regime capitalistico, con Stato dei padroni, governi dei padroni, sindacalisti dei padroni, servono a nazionalizzare le perdite e a permettere alle aziende dei padroni di tornare a fare profitti sulla pelle degli operai e delle masse popolari
da Contropiano
MontePaschi “nazionalizzata”, per socializzare le perdite
E che Stato sia… Alla fine
MontePaschi viene ripresa sotto il controllo pubblico, come sempre
avviene quando “il mercato” fallisce. Nessuno – neanche l'Unione Euroea,
che ha autorizzato l'operazione – mostra neanche un briciolo di
stupore. Essì che viviamo in un mondo dominato dall'ossessione per la
privatizzazione di tutto ciò che è pubblico, dall'astio scandalizzato
verso qualsiasi ruolo dello Stato nell'economia.
Facciamo un breve elenco?
“Lo Stato non deve occuparsi della sanità, ma lasciarla gestire dai privati, che lo sanno fare meglio”.
“Lo Stato non deve occuparsi dell'istruzione, ma lasciarla gestire dai privati, che lo sanno fare meglio”
“Lo Stato non deve occuparsi delle pensioni, ma lasciarle gestire dai privati, che lo sanno fare
meglio”
meglio”
“Lo Stato non deve occuparsi del trasporto – locale e nazionale -, ma lasciarlo gestire dai privati, che lo sanno fare meglio”.
Eccetera. Scusate la
ripetitività, ma il “pensiero unico” che domina sui media e nelle frasi
degli “opinionisti” difetta di fantasia.
Naturalmente, tantomeno “lo
Stato non deve occuparsi delle banche”, perché non ci dovrebbe essere
attività economica che i privati sappiamo fare meglio. Ma quando una banca fallisce, viva l'intervento dello Stato!!
Purché sia temporaneo,
naturalmente… Giusto il tempo di risanare, tappare i buchi con soldi
pubblici, fare un nuovo piano industriale, e poi via!, lo Stato si tolga
nuovamente dai piedi “perché i privati sanno fare meglio”.
In sintesi, il piano del governo
Gentiloni-Renzi per MontePaschi è proprio questo, con qualche dettaglio
tecnico in più. Non solo. Questo piano configura un format con cui
affrontare altre crisi bancarie alle porte, perché il sistema creditizio
italiano sarà pure “messo meglio di altri” – come blaterava Renzi fino a
qualche settimana fa – ma comunque mostra falle paurose.
In dettaglio. Il piano di
salvataggio è concordato passo passo con l'Unione Europea, che
sorveglierà anche le modalità e l'entità degli eventuali rimborsi per
gli “obbligazionisti subordinati”, ovvero quei correntisti inesperti che
erano stati dalla banca a mettere i propri soldi sui bond fuori mercato
emessi dalla banca stessa. Un meccanismo truffaldino utilizzato da
tutte le banche – basta ricordare i suicidi e le manifestazioni dei
correntisti truffati da Banca Etruria – per rastrellare liquidità da
investire in operazioni finanziarie di tipo speculativo.
La prima mossa riguarda proprio
la garanzia (pubblica) della liquidità necessaria a MontePaschi per
continuare ad operare. Nelle ultime settimane infatti, oltre alle
perdite accumulate e alle “sofferenze” (oltre 27 miliardi…), l'istituto
di Siena ha ovviamente registrato una fuga dei depositi, soprattutto
quelli superiori ai 100.000 euro, per paura del fallimento o dell'inizio
della procedura chiamata bail in (che per l'appunto chiama in
causa, oltre ad azionisti e obbligazionisti, anche i normali correntisti
al di sopra di quella cifra).
Per garantire la liquidità il
governo aveva preparato un decreto che mette a disposizione 150 miliardi
(quasi il 10% del Pil!) per affrontare tutte le crisi bancarie.
Ovviamente sperano di non doverli utilizzare, se non in minima parte, ma
non esiste alcuna certezza che non possa accadere.
L'ingresso dello Stato avviene
con l'acquisto del “pacchetto di riferimento” delle azioni Mps, oggi a
un livello molto basso, ed è previsto dall’articolo 32 della direttiva
europea sul sistema bancario «Brrd». L'impegno deve però essere
temporaneo; poi le quote del MontePaschi, una volta risanato, dovranno
essere rimesse sul mercato.
Ma la spesa più grande è la
ricapitalizzazione dell'istituto, ovvero – come minimo – quei 5 miliardi
che “il mercato” ha ritenuto di non dover impegnare nel salvataggio.
Dal punto di vista contabile,
per lo Stato, si tratta di aumentare il debito pubblico, già
particolarmente alto. Ma secondo le regole europee questa operazione non
finirebbe per gravare sul deficit (il che avrebbe richiesto una maxi
manovra correttiva sulla legge di stabilità). Per questo motivo il
ministro dell'economia Pier Carlo Padoan può dire che “l’operazione è
una tantum e non strutturale”.
L'ingresso dello Stato azzera
tutte le mosse preparatorie fatte fin qui nel tentativo di fare un
“salvataggio di mercato”, compressa la “conversione” delle obbligazioni
in azioni, cui avevano aderito un po' di clienti retail. Stesso
discorso per il “piano industriale” fin qui messo a punto (chiusura di
sportelli, licenziamenti, ecc). Sarà il ministero del Tesoro a redigerne
uno. E idem anche per lo smaltimento dei non performig loans (i crediti inesigibili o “sofferenze”), di cui verranno determinati nuovi criteri.
Il principale resterà comunque la «condivisione dei costi» (burden sharing) a carico degli obbligazionisti subordinati, che subiranno la conversione forzata a prezzi molto più bassi rispetto a quelli ipotizzati dal meccanismo volontario. Messa così, sarebbe una fregatura in stile Banca Etruria, ma il governo asserisce di aver ricevuto l'autorizzazione della Commissione Europea per rimborsare quasi completamente («minimizzare o rendere inesistenti» le perdite) gli sventurati obbligazionisti. Vedremo.
Anche perché l'Unione Europea, come detto, sorveglierà da vicinissimo ogni passaggio dell'operazione Per esempio, sarà la Commissione a dare il via libera al prezzo di conversione dei bond subordinati, così come le modalità di rimborso per i piccoli investitori.
Per reperire i fondi necessari –
fino a 20 miliardi, a breve termine (non solo per Mps) – lo Stato
italiano emetterà nuovi titoli di debito, che avranno impatto appunto
sulla contabilità del 2017 e produrranno un costo per il pagamento degli
interessi.
Nelle pieghe del decreto varato
nella notte ci sono molte altre decisioni riguardanti il sistema
bancario, come gli sgravi fiscali per le imposte differite (Dta), il
rinvio della trasformazione in spa di alcune banche popolari, interventi
sulla banche di credito cooperativo, ecc.
Dunque, c'è stata una prima
nazionalizzazione di una banca. La cosa sarebbe addirittura da salutare
con favore, se fosse duratura e dunque strutturale. Ma così non è. Il
capitale finanziario multinazionale non tollera intrusioni durature del
“pubblico” nella più privata delle attività economiche. Lo Stato viene
invocato perciò come “crocerossina” dei privati, e per il tempo
strettamente necessario alle cure.
Non è una novità Si chiama
“socializzazione delle perdite” – tutti i debiti vanno a carico nostro
-, mentre i profitti (quando ci saranno di nuovo, anche per Mps) debbono
restare strettamente privati. Ci mancherebbe….
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