Il ministro
parla dei giovani che espatriano: "Non è che qui sono rimasti 60 milioni
di pistola". E quando le sue parole diventano un caso rilanciato da
agenzie e social, fa dietrofront: "Mi sono espresso male". Critiche
da sinistra. Civati: "Incommentabile". Vendola: "Si tolga dai
piedi lui"
Centomila giovani se ne sono andati dall’Italia?
Sì, ma “non è che qui sono rimasti 60 milioni di pistola. Conosco gente
che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente
questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”. Anzi, no, “mi sono espresso male: penso, semplicemente, che non è giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano i migliori e che, di conseguenza, tutti gli altri che rimangono hanno meno competenze e qualità degli altri”. Se Matteo Renzi aveva bollato più volte la fuga dei cervelli come mera “retorica”, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, cala l’asso e dice di peggio. Salvo poi fare dietrofront una volta che la notizia viene rilanciata sulle agenzie e, immancabilmente, a valanga sui social. Ecco le prime dichiarazioni. Fase uno a ruota libera: Poletti parla con i giornalisti a Fano della fuga dall’Italia di tanti ragazzi in cerca di occupazione, poche ore dopo avere commentato il boom dei voucher. Che hanno gonfiato le file dei precari. Prima saluta con sollievo la fuga di alcuni che il Paese non avrà più “tra i piedi”, poi prosegue: “Intanto bisogna correggere un’opinione secondo cui quelli che se ne vanno sono sempre i migliori. Se ne vanno 100mila, ce ne sono 60 milioni qui, sarebbe a dire che i 100mila bravi e intelligenti se ne sono andati e quelli che sono rimasti qui sono tutti dei ‘pistola‘.
Permettetemi di contestare
questa tesi“. Detto questo, ha concluso il ministro del Lavoro,
“è bene che i nostri giovani abbiano l’opportunità di andare in giro per l’Europa
e per il mondo. E’ un’opportunità di fare la loro esperienza, ma
debbono anche avere la possibilità di tornare nel nostro Paese. Dobbiamo
offrire loro l’opportunità di esprimere qui capacità, competenza, saper fare”. Succede
però che le sue parole rimbalzano ovunque: in agenzia, sui social.
Con commenti durissimi: si va dagli utenti disgustati che chiedono le sue
dimissioni e che a levarsi dai piedi sia lui, fino a chi gli rivolge il
francesismo coniato da Giachetti per Speranza. Arrivano anche gli attacchi dei colleghi
di sinistra. Civati: “Visto che i giovani hanno votato in massa no
al referendum costituzionale, la linea di Poletti è quella di fargliela
pagare con dichiarazioni insulse e rancorose, di bassissimo
profilo trattandosi di un ministro della Repubblica. Incommentabile”.
Poi c’è Vendola, che ricorda al ministro come “la fuga all’estero
di centinaia di migliaia di giovani” sia “un drammatico impoverimento del
Paese”. Non solo: “Il ministro Poletti – continua – dice che va bene se
ce li togliamo dai piedi. Penso che andrebbe bene se ci togliessimo dai piedi
il ministro Poletti“. Allineata alla sinistra anche Barbara
Saltamartini della Lega: “A voler adeguarci al linguaggio del signor
ministro del Lavoro si potrebbe dire che il vero ‘pistola’ è lui,
considerando il tenore delle sue affermazioni. Ora la colpa è dei giovani
che sono andati all’estero per cercare lavoro e non di un governo di ciarlatani“.
Poi, però, Poletti fa dietrofront. “Evidentemente mi sono espresso
male e me ne scuso – dice -. Non mi sono mai sognato di pensare che è un bene
per l’Italia il fatto che dei giovani se ne vadano all’estero. Penso,
semplicemente, che non è giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano
i migliori e che, di conseguenza, tutti gli altri che rimangono hanno
meno competenze e qualità degli altri. Ritengo, invece, che è utile che
i nostri giovani possano fare esperienze all’estero, ma che dobbiamo dare loro
l’opportunità tornare nel nostro paese e di poter esprimere qui le loro
capacità e le loro energie”. Parole tardive, che arrivano dopo
dichiarazioni che per tanti rimangono “incommentabili”. Vale la prima, non le
scuse. E per gli utenti su Twitter la soluzione è una sola: le
dimissioni.
questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”. Anzi, no, “mi sono espresso male: penso, semplicemente, che non è giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano i migliori e che, di conseguenza, tutti gli altri che rimangono hanno meno competenze e qualità degli altri”. Se Matteo Renzi aveva bollato più volte la fuga dei cervelli come mera “retorica”, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, cala l’asso e dice di peggio. Salvo poi fare dietrofront una volta che la notizia viene rilanciata sulle agenzie e, immancabilmente, a valanga sui social. Ecco le prime dichiarazioni. Fase uno a ruota libera: Poletti parla con i giornalisti a Fano della fuga dall’Italia di tanti ragazzi in cerca di occupazione, poche ore dopo avere commentato il boom dei voucher. Che hanno gonfiato le file dei precari. Prima saluta con sollievo la fuga di alcuni che il Paese non avrà più “tra i piedi”, poi prosegue: “Intanto bisogna correggere un’opinione secondo cui quelli che se ne vanno sono sempre i migliori. Se ne vanno 100mila, ce ne sono 60 milioni qui, sarebbe a dire che i 100mila bravi e intelligenti se ne sono andati e quelli che sono rimasti qui sono tutti dei ‘pistola‘.
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