sabato 18 aprile 2015

pc 18 aprile - ILVA/RIVA: L'ARROGANZA, IL DISPREZZO, LA TRUFFA... MA ANCHE LA REALTA' "E' IL CAPITALISMO, SIGNORI..."

L’ultima indagine dei magistrati milanesi è venuta a galla in questi giorni con la perquisizione delle fiamme gialle che hanno visitato gli uffici di società riconducibili ai Riva a caccia di documenti sui passaggi dalla capogruppo «Fire» (tra le tre società imputata a Taranto nel procedimento Ambiente svenduto), alle controllate e tra le stesse controllate. Il fascicolo riguarda una presunta truffa ai danni dello Stato per cento milioni di euro... Gli inquirenti milanesi sospettano l’avvenuta distrazioni di risorse che negli anni ha portato al dissesto della società siderurgica.Un’attività investigativa, insomma, direttamente collegata alla dichiarazione di insolvenza dell’Ilva da parte del Tribunale fallimentare di Milano che il 30 gennaio scorso avrebbe certificato a carico della società un indebitamento complessivo di quasi tre miliardi di euro.
A fine gennaio scorso il Tribunale fallimentare di Milano aveva dichiarato lo stato di insolvenza della società della famiglia Riva... Gli stessi giudici hanno rilevato inoltre che l’impresa fallita ha i requisiti previsti dalla legge Marzano che consentono di accedere all’amministrazione straordinaria... Ora la Procura della Repubblica milanese vuole capire se il forte indebitamento del gruppo sia dipeso da contingenze di mercato o da indebite distrazioni di denaro operati nel tempo responsabili dello stato di crisi sfociato poi nel fallimento.
(da Nazareno Dinoi sul Corriere del Mezzogiorno – Corriere della Sera del 17.4.15)

Riportiamo lo stralcio dal Dossier "L'impero economico della famiglia Riva", che parla di questa truffa.

"Alla fine del 2012, in piena bufera giudiziaria, le società lussemburghesi dei Riva sono state oggetto di alcune operazioni che hanno modificato l’assetto del controllo dell’Ilva...
Il 26 luglio ‘12 - l’acciaieria di Taranto viene sequestrata e il fondatore del gruppo, l’ottantaseienne Emilio, finisce agli arresti domiciliari. Lo stesso provvedimento tocca al figlio Nicola e a sei dirigenti… 
Proprio quel giorno, il 26 luglio, nelle stanze ovattate di uno studio notarile lussemburghese, prende il via il progetto di fusione fra la StahlbeteiliGungen Holding e la Parfinex, una società lussemburghese dei Riva...
Il 5 ottobre 2012 in Lussemburgo, prende il via lo scorporo dalla Stahlbeteili Gungen Holding del 25,38% dell’Ilva che viene conferito alla Siderlux, l’altra società controllata al 100% da Riva fire. Mentre nella Stahlbeteili Gungen restano soprattutto le attività estere dei Riva.
Il 17 ottobre 2012 - l’assemblea di Riva Fire sancisce la cessione del ramo di azienda che produce e commercializza i prodotti lunghi a favore della controllata Riva Forni Elettrici, a cui peraltro passano anche riserve per 320,6 milioni di euro di Riva Fire. A quest’ultima resta, quindi, il business dei laminati piani a freddo e a caldo. Ma nella Parfinex c’erano soldi dell’Ilva!
Infatti tra il 1996 e il 1997 600 milioni di dollari sono spostati dall’Ilva alla controllata lussemburghese Parfinex. Nel 1996 Parfinex viene ricapitalizzata con 98 milioni di dollari provenienti dall’Ilva International Spa e l’anno successivo altri quattro aumenti di capitale
a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro trasferiscono ulteriori 500 milioni dall’Ilva...
Inoltre. Le società lussemburghesi del gruppo (Ilva International SA, Stahlbeteiligungen Holding, Utia e Parfinex) non hanno dipendenti e da alcuni primi indizi risulterebbero gestite dall’Italia: si tratta quindi di società fasulle, esterovestite, utili solo per le conseguenze fiscali...
...(e) a nascondere i veri profitti fatti sullo sfruttamento degli operai dell’Ilva!...
...Dunque, l’Ilva è controllata per l’87% del capitale dalla Riva Fire, la quale, risalendo negli intrecci delle società, è posseduta per il 39,9% dalla Luxpack di Curaçao attraverso le società lussemburghesi e la holding olandese. Ma a chi è intestato il restante pacchetto del 60,1% della Riva Fire? Dietro c’è sempre la famiglia milanese, ma la proprietà è stata schermata da una società fiduciaria...". 

Udienza Ilva del 15: l'arroganza e il disprezzo, ma anche la realtà: "E' il capitalismo, signori..."

20130122_c1_fabio_rivaLa stampa di Taranto ha generalmente riportato le "arringhe" degli avvocati del Direttore Buffo dell'Ilva, di Archinà. Ma queste persone nel processo e nella realtà dello scontro di classe sono comunque delle comparse più o meno principali e sicuramente tutte colpevoli colpevoli. 
Ma l'"attore" è uno.
E la scena al processo del 15 aprile se l'è presa Riva!

Riportiamo in larga parte l'arringa dell'avocato di Riva Fabio, perchè questo intervento in un certo senso esprime tutta l'arroganza, il disprezzo del capitalismo, ma esprime anche una realtà che chiaramente non può essere rovesciata nelle aule di un Tribunale.

Commenteremo in seguito questo intervento.

L'avvocato di Fabio Riva ha fatto un aperto attacco all'approccio intollerabile, liquidatorio, ideologico di questo processo. "Viene fatta - ha detto - una rilettura demagogica di una storia industriale, rappresentata tutta come storia criminale e non come "normale" storia industriale che è stata anche esaltante: non dimentichiamo che l'Ilva ha portato benessere, i figli potevano essere mandati all'Università..., ha portato anche una coscienza industriale che ha rimosso una coscienza di soggezione. 
Taranto era stata scelta a metà degli anni '60, 1) perchè era posta in area pianeggiante vicino al mare; 2) perchè la localizzazione nel mezzogiorno rispondeva ad una necessità di lavoro e permetteva una serie di agevolazioni contributive e fiscali; 3) la disponibilità di manodopera; dai potenti democristiani dell'epoca, i contadini facevano la fila per andare a lavorare all'Italsider.
L'Italsider è stato un grande "ammortizzatore sociale".
Qui - ha continuato - non si dice che se vuoi mettere una fabbrica siderurgica, le cozze, le pecore non ci possono stare, una produzione di mitili, casearia non può rimanere con una fabbrica siderurgica la più grande a livello europeo. Le istituzioni non si sono attivate per risolvere questa contraddizione. Ma è lo Stato che piazza l'Ilva lì dove sta. E' lo Stato che introduce "il mostro" a Taranto. 
Certo, andare a lavorare in un'acciaieria non è mai esaltante... ma di questo ci si accorge vent'anni dopo. Si parla di "associazione a delinquere" che avrebbe agito per 15 anni, e come mai per 15 anni nessuno se n'è accorto?
Nessuno comunque poteva pensare che una tale siderurgia a ridosso della città non creasse un contrasto con la popolazione. Lo Stato avrebbe dovuto creare aree di rispetto, di divieto di zone produttive abitative vicino la fabbrica. Ora, con una storia che data dal 1965, si pretende di sostenere che gli inquinatori sono i Riva...
Quindi l'avvocato ha fatto l'elogio" di Riva: Riva acquista l'Ilva che passa da 3 milioni di tonnellate a 12 milioni di tonnellate. Dal 1995 al 2010 gli investimenti sono stati di 4,4 miliardi di euro, di cui 2 per la tutela ambientale. Accusare l'Ilva di aver scelto il barrieramento piuttosto che la copertura dei parchi minerali, è un assioma demagogico, in mancanza di indicazioni normative e di dati dell'esperienza mondiale...

Sui rapporti con la politica - In maniera sprezzante l'avvocato ha chiesto: quali? quelli tra Riva e l'ultimo politicanticchio di turno? E' comico! Riva piuttosto ha dovuto subire continue richiesta dalla politica. Sull'AIA, i rapporti "inconfessabili, scandalistici" con i personaggi istituzionali e politici che vengono descritti come "faccendieri" sono avvenuti alla luce del sole. Non esiste una lobby (i Riva non agiscono per un proprio tornaconto - come invece per es. la Fiat che faceva costruire le autostrade per vendere le sue macchine), l'Ilva si rivolge alla politica per ottenerne l'attenzione visto che da anni l'Aia non viene data... 

Infine, l'avvocato, riprendendo in parte le motivazioni che furono poste alla base della richiesta di trasferimento del processo da Taranto, ha detto che questo processo porterà ad una lacerazione sociale. I giudici popolari sono anch'essi tutti potenzialmente danneggiati, questo amplierà un pathos inutile, si vedranno trasportare "carriole piene di diossina...". L'ampiezza del numero degli imputati è solo funzionale alla tesi dell'Associazione a delinquere per la ricerca del massimo profitto"... ma - come ha detto un altro avvocato - fare l'acciaio non è reato; il nostro codice non prevede che fare l'acciaio sia reato...

Nessun commento:

Posta un commento