Alla notizia che Mario
Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, avrebbe “comprato” 60 miliardi
di titoli al mese fino al 2016 per far ripartire l’economia, Renzi ha
applaudito e si è compiaciuto, come se ne capisse qualcosa di economia. Che sia
un ciarlatano, e con lui il ministro Padoan, lo dimostrano ogni giorno che
passa i fatti, dato che non c’è verso, la crisi economica mondiale è talmente
acuta che come abbiamo già detto non basta stampare soldi e gettarli negli “ingranaggi
del mercato” per vedere la ripresa. E infatti gli stessi “economisti”, per
esempio in un articolo di Affari&Finanza di ieri dal titolo “Credito in
calo, dove sono finiti i miliardi della Bce?” continuano a mettere seriamente
in dubbio tutta la manovra chiedendosi: “Ma perché il credito non riprende?” e
facendo un quadro piuttosto nero della situazione attuale.
“I dati Bankitalia di febbraio sono un salto
all’indietro. Prestiti alle imprese
calati del 2% su base annua, peggio
del -1,8% di gennaio. Si arretra con dinamica positiva sulle famiglie
(-0,4%, era -0,5%), grazie ai mutui casa che ormai costano un 3,01% medio (ma
molte sono surroghe di vecchi mutui). Le imprese, invece, hanno avuto il 3% in
meno (da -2,7%). Non c’è Aqr [il controllo sulla solidità finanziaria delle
banche. ndr] che tenga, né annesse ricapitalizzazioni bancarie per 15 miliardi.
Non funziona il Tltro, denaro quasi
gratis della Bce che finora sembra più confluire in Bot e Btp (saliti al
record di 423 miliardi) che nel sistema. Non
c’è traccia del Qe, al via il 22 febbraio ma anticipato da settimane sui mercati.
Anzi, il Qe sta disintermediando dalle banche le grandi imprese, tornate a emettere
bond a tassi bassi lasciando i clienti peggiori (le Pmi) agli istituti. Se una
cosa affermano tante smentite è che i vizi del rapporto banca-impresa sono
antichi e profondi. Aziende iperbancarizzate, banche oppresse da vecchi crediti
in malora; tutti sottocapitalizzati. E un governo restio a tagliare i nodi
gordiani, come fecero Spagna e Irlanda con vere bad bank che hanno rianimato
gli istituti. L’ad di Unicredit Federico Ghizzoni e l’analista del Cer Carlo
Milani sono convinti che verso giugno i prestiti italiani usciranno dai numeri
rossi. Ma la crescita resterà flaccida,
come quella del Pil che del resto ne
deriva. Serve di più.”
Tutto questo sfogo preoccupato
significa che i soldi stampati dalla Banca Centrale Europea e che vanno alle
banche in cambio dei titoli che queste non riescono più a vendere (oramai
considerati “spazzatura”) poi però non vengono usati dalle stesse per darli alle aziende
in crisi o alle famiglie indebitate, ma li tengono “fermi” per paura di perdere
ancora di più o “investiti” per fare profitti, comprando altri titoli che
potrebbero dare qualche punto o qualche zero virgola di percentuale in più di
interessi… insomma un cane che si morde la coda, un girotondo che conferma l’inutilità
degli sforzi per “uscire dalla crisi”…
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