Editoriale del n 147 di A Nova
Democracia,
Le manifestazioni del 13 e 15 marzo
hanno polarizzato il dibattito politico dei giorni successivi e
mostrato alcune verità scomode per l’opportunismo e preoccupanti
per i veri democratici e rivoluzionari del nostro paese.
Le manifestazioni a sostegno del
governo del 13, indette dalle centrali sindacali ed altri movimenti
sociali istituzionali, CUT in testa, hanno dimostrato quello che già
sappiamo da più di dieci anni.
L’opportunismo elettorale ha perso
ogni legame con le masse e non è più capace di mobilitarle.
Hanno
radunato principalmente attivisti e funzionari dei movimenti e
partiti della “sinistra” opportunista ed elettorale. Quel poco di
masse che hanno partecipato erano quelle mobilitate nei giorni
precedenti su rivendicazioni specifiche. Eppure, anche i movimenti
sociali che sono stati cooptati e hanno partecipato hanno dovuto
criticare, garbatamente, il “governo” per le più eclatanti
misure antipopolari
Le manifestazioni contro il governo del
15, convocate via Internet da un fronte di individui, gruppi e
movimenti che si qualificano come “apolitici”, nazionalisti e,
alcuni, segnatamente reazionari, della destra tradizionalmente
anticomunista viscerale, orfana del regime militare e truppa da
caserma, hanno avuto invece una partecipazione di massa.
Hanno
riunito centinaia di migliaia di persone in tutto il paese,
mobilitando soprattutto masse di piccola e media borghesia, numerose
quanto influenti nella formazione dell’opinione pubblica. Oltre a
tanti che non hanno votato Dilma, sicuramente vi hanno partecipato
elettori PT pentiti e delusi dalla frode elettorale.
Tutti gli strilli isterici diffusi con
gli occhi sbarrati e il freddo in pancia tramite la “blogosfera
progressista” del PT e dalla guerriglia virtuale dei suoi militanti sui social network sul “golpe di destra”, “il fascismo che avanza” ecc., sono solo un tentativo di nascondere la sua ampia e profonda deriva fascista.
progressista” del PT e dalla guerriglia virtuale dei suoi militanti sui social network sul “golpe di destra”, “il fascismo che avanza” ecc., sono solo un tentativo di nascondere la sua ampia e profonda deriva fascista.
La vergogna e discredito di chi invia
l’esercito a occupare le favelas, militarizza la società, istiga
l’assassinio di dirigenti contadini, perseguita i movimenti
popolari non allineati, compresi quelli dei giovani che lottano, per
coprire la loro vile azione di tradimento e svendita del paese che ha
spinto all’estremo la denazionalizzazione e deindustrializzazione
dell’economia, la sua completa privatizzazione, i tagli e lo
smantellamento della sanità e dell’istruzione pubblica.
La reazione di Dilma e soci alla
manifestazione del 15 ha avuto lo stesso tono blando delle misure
promesse durante le proteste di giugno, compresa la “riforma
politica”. Questa irrealizzabile e abortita “riforma politica”
è il sacro mantra con cui il PT e tutta la “sinistra”
opportunista ed elettorale, compresa quella all’opposizione, cerca
ora di ipnotizzare gli ingenui. E, detto per inciso, in Brasile,
sotto tutti i vari governi della grande borghesia e proprietari
terrieri al servizio dell’imperialismo, “riforma politica” e
“assemblea costituente” non sono che nuove versioni della farsa
elettorale.
Con tutta la sua impudenza e viltà, e
cercando di mantenere una calma olimpica mentre la nave affonda,
Dilma, per indorare la pillola di questa marcia democrazia, ha avuto
l’insolenza di dire che oggi in Brasile nessuno viene perseguitato
per la partecipazione a manifestazioni, proteste e scioperi. Proprio
mentre la repressione del vecchio stato arresta, incrimina e condanna
i giovani che si ribellano contro questo stato di cose.
Le due manifestazioni, per i loro
contenuti, bandiere e rivendicazioni, non difendono gli interessi
delle grandi masse lavoratrici, delle città e delle campagne. E
neppure l’indipendenza e la sovranità nazionale. L’una, quella
governativa, non è andata al di là dei lamenti contro quello che
considerano un “rovesciamento” del “pacchetto Dilma”. L’altra
si illude che la soluzione sia un cambio di partito al governo.
L’una ha ripetuto la cantilena di
sempre della “sinistra” riformista elettorale, che non ha più
nulla di sinistra: riformismo di facciata e opportunismo senza fine,
completamente impantanata nella sua burocratizzazione. L’altra è
stata più che altro una fiera di tipo civico-patriottica, in cui si
è ascoltato decine di volte il canto l’inno nazionale e una
condanna meramente moralistica della corruzione dilagante. Entrambe
sono state elogiate in quanto manifestazioni pacifiche e ordinate.
Facciamo modestamente notare che, a
differenza di queste, le manifestazioni del giugno 2013, combattive
fin dall’inizio, si articolarono su obiettivi che unificarono e
esplosero la rabbia popolare contro banche, multinazionali e,
naturalmente, gli edifici che ospitano le marce istituzioni che
governano il paese: il parlamento nazionale, le assemblee
legislative, i governi Municipali, palazzi governativi e prefetture,
oltre che sedi della magistratura e delle forze repressive del
vecchio Stato. Nei quartieri popolari, con blocchi stradali, come
nelle campane, con la chiusura di autostrade. Ovviamente, quanto più
fallirono i tentativi di manipolarle, tanto più i cartelli dei media
le bollarono come violente, meritevoli della più brutale repressione
e di una crociata mediatico-giudiziaria di criminalizzazione.
Se volessimo fermare il tempo e
fissassimo queste manifestazioni, diremmo che quelle giornate del
giugno 2013 hanno scosso tutto il vecchio e marcio che c’è nel
paese e terrorizzato i ‘potenti’.
Quelle di oggi scivolano nel
pantano e rassicurano e i sacerdoti della falsa democrazia vigente.
Apparentemente, le due recenti manifestazioni sono state l’una a
favore e l’altra contro il governo in carica. Ma, guardandole più
a fondo, accrescono la crisi e instabilità politica e rappresentano
un processo di salto nella politicizzazione generale della società,
sintomi di una situazione rivoluzionaria che si sta sviluppando nel
paese, che non cesseranno tanto presto.
Così come non c’è nulla da
difendere dell’amministrazione del PT e di ciò che resta delle
bandiere ormai logore e della “Bolsa Familia” e delle
meravigliose promesse sulle “Pré-Sal” [le riserve petrolifere
scoperte in Brasile], lasciarsi incantare delle sirene del giudizio
politico, anche sulle suggestioni golpiste, non cambierà di nulla la
situazione delle classi lavoratrici e della dipendenza del paese.
Anzi, questo è ciò che ha prodotto il “Fora Collor” [le
mobilitazioni politiche del 1992 contro il presidente Fernando Collor
de Mello]: il rafforzamento delle illusioni sul sistema vigente, che
oggi affondano il paese. Per non dire degli oltre 21 anni di
dittatura militare che hanno funestato il paese.
Le forze politiche del paese saranno
sempre più messe alla prova dalle crescenti manifestazioni di massa.
Indicazioni degli esempi da seguire
vengono dagli insegnanti del Parana, dai netturbini e lavoratori Comperj di Rio de Janeiro e da diverse altre categorie che hanno deciso scioperi combattivi e indipendenti dalle direzioni sindacali gialle e dai partiti elettorali
Cominciano a farsi sentire gli
appelli per uno sciopero generale. Una nuova strada sarà aperta
promuovendo le occupazioni di terre, sostenendo con forza il
movimento contadino militante che si batte per la rivoluzione agraria
e rafforzando l’alleanza operai-contadini.
Compito dei rivoluzionari e dei veri
democratici e patrioti è elevare la loro attività politica di
organizzazione e propaganda per fondersi con le masse nelle
mobilitazioni, sollevando il loro programma di trasformazioni
democratiche per rovesciare il dominio della borghesia, dei grandi
latifondisti e dell’imperialismo sul nostro eroico popolo e sul
nostro paese, per smascherare tutti gli opportunisti della falsa
“sinistra” e della destra dichiarata che si adopereranno sempre
più, e con l’aiuto del monopolio dell’informazione, per deviare
il popolo dall’unica via per realizzare storicamente necessarie ma
mai realizzate: la rivoluzione democratica agraria antimperialista.
La rivoluzione popolare per mettere
fine al latifondo e dare la terra ai contadini poveri senza o con
poca terra, per confiscare tutto il grande capitale e proteggere le
piccole e medie proprietà, per spezzare le relazioni di dominio e
dipendenza dall’imperialismo e difendere la sovranità e
l’indipendenza del paese, per promuovere la cultura nazionale,
scientifica e di massa, per destinare tutte le risorse al benessere
generale del popolo e alla prosperità della nazione e, infine, per
liquidare il vecchio Stato burocratico e genocida e costruire un
nuovo Stato democratico-popolare per realizzare la Nuova Democrazia.
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