Arundhati Roy e i ricchi di Mumbai
nella gabbia dorata
In un paese di un miliardo e
duecentomila persone, i cento Paperoni dell'India sono proprietari di
beni che equivalgono a un quarto del Pil. Lo scrive nel suo nuovo
libro Arundhati Roy, la straordinaria autrice di un unico romanzo (Il
dio delle piccole cose) che, dismessi i panni della romanziera, da
tempo ha assunto quelli di “guru antiglobalizzazione”. Guanda
pubblica in maggio I fantasmi del capitale, tagliente pamphlet
sugli abusi perpetrati dall'élite politica ed economica che detiene
il monopolio della ricchezza. Il loro simbolo è la dimora più
fastosa del paese costruita a Mumbai: ventisette piani, tre
piattaforme per elicotteri, nove ascensori, giardini pensili, sale da
ballo, stanze dove si può cambiare clima, seicento addetti alla
manutenzione. Ma il suo proprietario pare abbia preferito altre case.
La gente mormora di spettri e malasorte ma forse – suggerisce
Arundhati – si tratta delle “potenze degli inferi” evocate da
Marx a proposito del capitalismo.” Sono i fantasmi dei
duecentocinquantamila agricoltori che si sono tolti la vita perché
oberati dai debiti”. È il lato oscuro di un'economia che ha i
tassi di crescita tra i più alti al mondo. La scrittrice ne ha per
tutti, anche per il “banchiere dei poveri” Muhammed Yunus
criticato “per gli esiti disastrosi” del suo microcredito. “Si
può fare un bel mucchio di soldi con la povertà”, annota la Roy,
“e perfino aggiudicarsi qualche premio Nobel”. Affilata e
devastante, la polemista Roy.
La Repubblica
22 marzo 2015
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