All'Ilva
si vivono giorni di attesa e preoccupazione tra gli operai e di
decisioni di padroni, governo e Istituzioni. Gli operai vogliono
garanzie sul lavoro, messa a norma dello stabilimento con i fondi di
Riva e dello Stato, bonifiche e risarcimenti sul territorio
inquinato; e, finora, non hanno ottenuto nulla di tutto questo. Anzi,
le preoccupazioni di questi giorni toccano perfino gli stipendi,
mentre la sicurezza sul lavoro è pesantemente peggiorata, le
emissioni tossiche, vedi Acciaieria, continuano e vanno dall'interno
verso l'esterno colpendo operai e cittadini, e siamo sempre nel
regime confuso e truffaldino di contratti dei solidarietà.
Sarebbe
naturale in questa situazione che gli operai si ribellassero e
lottassero. Facessero pesare la loro forza per ottenere ciò che
chiedono e per fermare quello che li colpisce e continuerà a
colpire.
I
padroni, il governo, le Istituzioni questo lo sanno e si preparano
all'unica risposta che sono in realtà in grado di dare: la
militarizzazione della fabbrica e del territorio – una sorta di
occupazione militare dell'Ilva, già vista in opera nei mesi scorsi –
la repressione e l'intimidazione; che più di tante parole annunciano
di fatto prossime notizie e soluzioni negative.
La
Repubblica di domenica nelle pagine locali con un titolo “Ilva:
rischio disordini, Viminale in allerta” parla di note riservate e
indirizzate al Viminale: “... dalla questura jonica è partito un
avviso a “tenersi pronti”, soprattutto ad inviare rinforzi in
caso di necessità... una preoccupazione indispensabile e doverosa
perchè quella che bussa alle porte si annuncia come una settimana
decisiva per il destino del gigante dell'acciaio, da 11 mesi nel
cuore di una tempesta giudiziaria che potrebbe generare uno Tsunami
economico e sociale...”.
Stato,
padroni e governo contano su fedeli alleati per tenere buoni gli
operai e consegnarli come vittime ai loro piani, i sindacati confederali che dicono costantemente
ai lavoratori di aspettare il vertice del governo, le decisioni del
governo, le decisioni del Consiglio di Amministrazione dell'Ilva, il
dibattito parlamentare, il giorno degli stipendi, ecc...
Ma
al loro fianco hanno un alleato principale in fabbrica, il 'Comitato
Liberi e pensanti' che denuncia – ed è bene – come tutti siano
impegnati a salvaguardare essenzialmente gli interessi di Riva e
della produzione, denunciano come la città continui a pagare un
costo in termini di salute alla continuità di questa situazione, ma
a questa denuncia fa corrispondere una pressione ricattatoria,
demagogica verso gli operai, che non dovrebbero scendere in lotta
perchè sarebbe a difesa di Riva, che (non sia mai!) non devono
bloccare la città perchè sarebbe contro i cittadini; e affermando,
comunque, che la soluzione migliore è chiudere la fabbrica per
metterla a norma, quando qualsiasi operaio sa o dovrebbe sapere che
una volta messi fuori i lavoratori non ci sarebbe nessuna messa a
norma, nessun controllo da parte degli operai della stessa, ma solo
ammortizzatori sociali per un po' e rientro totalmente incerto, in un
quadro di desertificazione industriale, disoccupazione di massa,
trionfo della speculazione e della malavita – come è stato ed è a
Bagnoli e ovunque si segua una strada simile in Italia. Invece che
“cozze e calamari”, “cazzi e pallonari” avrebbero gli operai
e la stessa città.
Su
scala nazionale, si confonde la contestazione operaia del 2 agosto
2012, la mobilitazione cittadina del 15 dicembre e il concerto del 1°
maggio – cose giuste e sacrosante – con le idee, i programmi, la
cultura, l'ideologia e la demagogia reazionaria e antioperaia, di
stampo grillino del gruppo che si definisce Comitato Liberi e
pensanti, che sono custodi delle grida sociali sul territorio e della
pace sociale in fabbrica.
In
questa forbice si trovano le avanguardie operaie e i lavoratori che
vogliono lottare.
Gli
operai del Mof sono in lotta, altri operai vogliono il cambio di una
rappresentanza sindacale per poter lottare e intanto denunciano e si
lamentano ogni giorno, ma manca tuttora un'organizzazione operaia in
grado di rispondere alla situazione non con proteste e lamenti ma con
l'azione e la lotta reale, per rovesciare innanzitutto i Tavoli
truccati di padroni, Stato, governo e sindacati confederali e quindi
rovesciare la situazione esistente prendendosi nella proprie mani la
lotta, la fabbrica, la piattaforma, l'unità con le masse popolari di
Taranto, in una battaglia che è decisiva non solo per le sorti
dell'Ilva e di Taranto ma dell'intero movimento operaio del nostro
paese.
Gli
operai dello Slai cobas per il sindacato di classe, minoranza
assediata, e proletari comunisti, riferimento politico organizzato,
stanno combattendo una dura battaglia nella guerra di posizione per
trasformarla in guerra di movimento, che deve allargarsi tra gli
operai ed essere sostenuta a livello nazionale.
Proletari
comunisti – 2.6.13 – pcro.red@gmail.com
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