78 indagati, 22 misure cautelari, nello specifico 5 arresti domiciliari e 17 obblighi di firma. È questo il prodotto della retata realizzata il 4 maggio a Firenze. Gli attori sono Digos, Ucigos e AISI, vale a dire tutti gli apparati statali dediti più nello specifico alla repressione. I capi d’imputazione sono diversi e svariati. Il più assurdo è sicuramente quello di “associazione a delinquere”: sminuire il conflitto politico al grado di delinquenza comune è il chiaro segno della volontà delle forze della repressione.
Al centro dell’attacco c’è proprio il conflitto. In una società che si vorrebbe pacificata, in cui tutti i soggetti istituzionali ed affini parlano di pace e armonia sociale – quasi come se credessero alla storia di quel lettore che recitando passi di brani li fa diventare realtà –, mentre al contempo viviamo un periodo di durissimo attacco ai diritti, alle condizioni di vita e alle prospettive future, bisogna cercare di mettere a tacere le voci e fermare i corpi di chi parla e pratica il conflitto. Ed allora colpire in primis il movimento studentesco, che è stato capace di mettere in campo durante lo scorso autunno una determinazione ed una radicalità che hanno sorpreso molti in tutta la penisola, ponendosi anche come interlocutore per lotte che trascendono gli angusti confini dei nostri atenei, può diventare una priorità.
Per essere più efficaci e per essere sicuri di riuscire ad isolare hanno preferito agitare lo spauracchio degli anarchici, messo in scena dagli organi di stampa, secondo l’ormai noto canovaccio di “Sbatti il mostro in prima pagina”. Sarebbe ben più difficile suscitare un sentimento di condanna se si parlasse di giovani e giovanissimi, per lo più studenti, e se si esponessero le ragioni, le motivazioni profonde, che hanno fatto sì che per mesi, giorno dopo giorno, fossimo nelle strade e nelle piazze per contrastare la “riforma Gelmini”, il paradigma del “piano Marchionne”, la privatizzazione dell’acqua, la distruzione del welfare. In quei mesi, nelle aule universitarie e in qualunque luogo ci siamo incontrati, abbiamo provato ad immaginare traiettorie diverse, un futuro che fosse altro da quello che ci vorrebbero cucire addosso. E abbiamo provato a mettere in pratica ciò che ci dicevamo, ciò che veniva fuori dai tanti momenti di confronto e anche di scontro che abbiamo avuto l’intelligenza e la fortuna di coltivare. Con quest’operazione repressiva si vorrebbe negare la più intima essenza di tutto ciò. Si colpisce a Firenze, ma lo schiaffo ognuno di noi lo sente sulla propria guancia.
E, per quanto oggi sia più evidente che allora che a qualcuno non piaccia, indietro non torniamo.
Solidarietà alle compagne e ai compagni di Firenze!
No alla criminalizzazione delle lotte studentesche e dei movimenti sociali!
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