Da ieri gli operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese hanno ripreso a lavorare per pochi giorni dopo quasi tre settimane di cassa integrazione, e nemmeno dopo questo rientro trovano notizie buone rispetto al futuro dello stabilimento, anzi.
In queste ultime settimane, infatti, la situazione è peggiorata rispetto a ciò che veniva propagandato alcune mesi fa dopo il famoso accordo di programma tanto strombazzato, perché diversi progetti sono stati ritirati e tutti quanti adesso gridano all’impossibilità di portare avanti un programma che già di per sé richiedeva tre anni per essere applicato.
Le aziende della prima short list che si sono ritirate sono la Ciccolella, perché accusata di truffa e uno dei padroni è stato arrestato e che doveva impiegare 340 operai; e il fondo di private equity Cape di Simone Cimino quello del progetto dell’auto elettrica perché l’azienda è stata commissariata per diversi illeciti e che doveva impiegare più di 1000 operai.
Poi sono in pessima situazione finanziaria la Med Studios e la De Tomaso (1450 operai).
Quindi le aziende che avrebbero dovuto dare più occupazione sono già fuori dal programma! Per tute le altre comunque, anche se andassero a buon fine, il problema, a parte la poca occupazione, diventano i tempi lunghi della burocrazia, tanto che la regione siciliana si era impegnata a fare un apposita leggina per svincolare l’area di termini Imerese dalle “pastoie burocratiche”.
La Fiat nel frattempo sta smantellando portando al nord diversi dirigenti e capi struttura e c’è la convinzione che nella sostanza la chiusura non sarebbe a fine anno ma già alla fine di giugno (praticamente all’inizio delle ferie estive), vista l’aria che tira rispetto alle vendite di auto.
A fronte di tutto questo, fino ad ora il problema più serio è che gli operai non hanno ancora preso l’iniziativa, insignificante è stata anche la partecipazione allo sciopero generale del 6 maggio, e quindi lasciano ancora nelle mani dei sindacati confederali il loro destino.
La funzione dei sindacati è stata fin dall’inizio quella di far finta di agitarsi, prima dando fiducia ai programmi presentati, adesso, alzando la voce tra un convegno e l’altro, ma accompagnando di fatto l’azienda verso la chiusura. Nella sostanza non hanno fatto nulla per accelerare i tempi delle procedure per verificare la bontà dei progetti e soprattutto la messa in pratica del piano.
La Fiom con Landini ha fatto nei giorni scorsi un’altra discesa a Termini ma per ripetere stancamente la solita tiritera che è stata approvata anche al comitato centrale di ieri e cioè: “… ribadisce la contrarietà alla chiusura dello stabilimento di Termini Imerese. A Tal fine anche la Fiat in un ottica di responsabilità sociale deve fornire soluzioni industriali capaci di garantire continuità produttiva e difesa dei livelli occupazionali. Il Governo e le Istituzioni coinvolte devono immediatamente convocare un tavolo per verificare le concrete fattibilità dei progetti presentati.”
Ma visto che governo (Invitalia valuterà la situazione entro il 31 luglio) e istituzioni, per non parlare dei padroni, fanno orecchie da mercante che cosa ci resta da fare per avere almeno notizie certe sul futuro? E visto che le poche manifestazioni di piazza sono servite solo a portare per alcuni momenti il problema degli operai alla ribalta della cronaca e la via dell’attesa non ha dato risultati? Per impedire che la Fiat porti via le attrezzature con la scusa che nessuno è stato in grado di continuare l’attività, trasformando l’area industriale in un altro deserto, per tenere insieme gli operai e per imporre una soluzione è necessario occupare la fabbrica.
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