Oltre le mille chiacchiere sulla crisi ci sono le conseguenze vere e gli atti concreti che i vari governi europei nell’interesse dei padroni delle grandi multinazionali, innanzi tutto, e poi delle altre medie e piccole imprese, stanno prendendo con un’iniziativa che attaccherà nel profondo le masse proletarie e nel complesso le condizioni di vita dell’insieme delle masse popolari europee.
Stiamo parlando dell’accordo che a livello europeo è stato preso per la riduzione permanente del debito pubblico e cioè, nella sostanza: ogni paese deve ridurre il debito pubblico di circa la metà, nel caso dell’Italia si deve passare dall’attuale 120% al 60% del PIL.
L’articolo che ne parla di Affari e Finanza del 9 maggio apre così: “Nubi all'orizzonte dei conti pubblici italiani a causa degli impegni che i paesi dell'Unione Europea stanno prendendo tra di loro per una riduzione permanente del debito pubblico. Ogni paese dovrà ridurre il debito che risulta dalla differenza tra il proprio livello e i1 60 percento, che è considerato fisiologico, di 1/20 (5 percento) all'anno. Per l'Italia si tratta della differenza tra circa 120 e 60, ovvero del 60 per cento.” E che significa in pratica questo ce lo spiega lo stesso giornalista (praticamente “spaventato” anche lui delle possibili conseguenze a livello sociale): “Il che significa che ogni anno servirà una manovra correttiva pari al 3 per cento del Pil, corrispondente grosso modo a circa 40-45 miliardi, necessaria soltanto per rispettare questo impegno e che si aggiungerà a qualsiasi altra manovra correttiva sui conti pubblici dovesse essere indispensabile.”
Al confronto la famigerata manovra da 90.000 miliardi di lire del governo Amato del 92 rischia di sfigurare e, infatti, la cosa si prospetta abbastanza grave tanto che, continua il giornalista, è in corso una trattativa portata avanti dai tecnici del Tesoro che stanno cercando di far rinviare almeno all’inizio del 2016 l’attuazione del piano, ma “Tuttavia, anche ammesso che passi questa interpretazione - e non si parta invece davvero nel 2013 considerando i tre anni precedenti - la manovra monstre di 40-50 miliardi appare quasi una missione impossibile.” Senza considerare che “altre manovre possono essere necessarie anno per anno per rimettere a posto i conti pubblici.”!
Mettere a posto i conti pubblici significa da sempre per tutti i governi risparmiare sulle spese sociali essenziali: scuola, sanità, privatizzazione di tutti i servizi, tagli ai posti di lavoro.
Ogni “politica fiscale”, si capisce, deve necessariamente tenere conto ed essere organica alle manovre del governo.
È ridicolo quindi da parte della Camusso (e Bonanni) insistere su una corretta politica fiscale senza attaccare i presupposti della politica del governo, (per non dire che fanno finta di non sapere che il cosiddetto debito pubblico è dovuto essenzialmente agli interessi che lo Stato paga sui soldi che si fa prestare tramite l’emissione di Buoni del Tesoro, e tutti gli altri nomi che danno a questi titoli, che nella quasi totalità sono nelle mani dei ricchi della finanza e dell’industria); senza scatenare una rivolta sociale che tenti di arginare l’attacco… altro che risolvere i problemi dei lavoratori, del precariato ecc. ecc.
Davanti a questo enorme attacco che si avvicina le chiacchiere della Camusso sulla “riforma” del fisco diventano un pericoloso tentativo di sviare l’attenzione delle masse dai problemi veri… confermando ancora una volta la funzione del “riformismo” .
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