mercoledì 8 febbraio 2012

pc 8 febbraio -Veneto, “carabinieri costringevano gli immigrati a immergersi nel fiume”

Veneto, “carabinieri costringevano
gli immigrati a immergersi nel
fiume”


La storia è emersa a maggio del 2011 quando il cadavere di un
25enne marocchino è emerso dal Frassine. Ora la relazione del medico
legale conferma le accuse nei confronti di 4 militari indagati per
violenza privata, sequestro di persona e omissione di atti d'ufficio.
Gli stranieri, trovati ubriachi in giro per il paese di Montagnana,
venivano prelevati e obbligati a buttarsi in acqua
Una “punizione”
consolidata dal tempo: un tuffo nel fiume per far capire che girare
ubriachi per il paese, soprattutto se si è stranieri, non era affatto
gradito. Accadeva a Montagnana, grosso centro della Bassa Padovana,
fino a qualche tempo fa. A eseguire i ‘trattamenti speciali’ lungo il
fiume Frassine erano quattro carabinieri della locale stazione, ora
indagati per violenza privata, sequestro di persona e omissione di atti
d’ufficio. Le vittime predilette erano un gruppo di marocchini senza
fissa dimora. Il modus operandi, che andava avanti da circa un anno, è
venuto alla luce quando il cadavere di un 25enne marocchino è emerso
dalle rive del fiume a fine maggio 2011.

Il ragazzo era stato
prelevato il 15 maggio dai militari durante la festa di paese: era
sbronzo, e, a giudicare dalle testimonianze, era molesto nei confronti
della gente del posto. Il suo corpo era stato restituito dalle acque
dieci giorni dopo. A quel punto sono scattate le indagini. Ed è emersa
l’abitudine dei carabinieri di “dare una rinfrescata” agli ubriachi,
una lezione che non prevedeva il passaggio in caserma, e nemmeno la
segnalazione all’autorità giudiziaria. Dalla piazza al fiume. Lo hanno
ammesso gli stessi militari durante gli interrogatori: “E’ vero,
capitava che li punissimo così, ma Abderrahman Sahli non lo abbiamo
ammazzato noi”.

La relazione del medico legale Massimo Montisci dà, in
parte, ragione ai carabinieri: la data della morte non coincide con il
15 maggio e quindi non sono stati loro ad ammazzarlo. Forse Abderrahman
quella notte è riuscito a salvarsi dalle acque, salvo poi ricaderci da
solo qualche giorno dopo. Ma le gravi accuse a carico dei carabinieri
restano: sequestro di persona, violenza privata, omissione di atti d’
ufficio, attribuiti a vario titolo all’appuntato scelto Daniele Berton,
43 anni, e ai colleghi Angelo Canazza, 42 anni, Giovanni Viola, 31, e
il maresciallo capo Claudio Segata, 44. La procura di Padova ha chiuso
le indagini a loro carico, atto che precede la formalizzazione della
richiesta di rinvio a giudizio, e attribuisce loro almeno sei ‘tuffi’
denunciati da altri stranieri. I primi risalgono all’estate 2010 quando
in due occasioni il maresciallo Segata e il carabiniere Viola avevano
preso con loro Abdelilah Achaari, detto “ Il Monaco”. “Colto in stato
di manifesta ubriachezza, lo privavano della libertà personale” , e lo
hanno portato sul Frassine, senza passare dalla caserma. Lì “con
violenza fisica e minaccia consistita” lo “costringevano ad immergersi
nell’acqua del fiume Frassine”.

La stessa cosa è capitata nell’estate
2010 e nel maggio 2011 a El Hassane Rahali, noto in paese con il
soprannome di “Fragolino”. Anche lui era stato trovato ubriaco in
centro a Montagnana e costretto al bagno fuori programma. Sorte toccata
anche a Salhi nell’aprile 2011, e poi anche quel 15 maggio, quando il
trattamento gli era stato imposto per l’ultima volta, prima che venisse
trovato morto, anche se, stando a quanto ricostruito dalla procura, il
ragazzo non sarebbe deceduto in seguito al quel tuffo. Alcuni abitanti
del paese dicono infatti di averlo visto vivo aggirarsi per la zona
della stazione un paio di giorni dopo. Al contrario però i suoi amici
connazionali, con i quali condivideva una casa diroccata alle porte di
Montagnana, sostengono di non averlo più visto dopo quel giorno. La
data della morte ricostruita dall’esame autoptico scagiona però i
carabinieri dall’accusa di omicidio colposo. Restano le altre gravi
accuse emerse durante gli interrogatori. E formalizzate nei capi d’
imputazione spediti agli avvocati difensori, che ora potranno
presentare la loro memoria difensiva.

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