lunedì 6 febbraio 2012

pc 6 febbraio - Palermo: si vota per il sindaco, valanga di "chiacchiere e manifesti", primo intervento

Il contesto

Una valanga di “chiacchiere e manifesti” si sta per riversare sulle masse popolari di Palermo a causa delle elezioni del sindaco della città che si terranno in primavera. A dire la verità da qualche mese alcuni manifesti 6x3 si sono già visti in giro, i soliti faccioni e nomi e basta, ma anche strani, come quello di un certo consigliere comunale del Pd, Faraone, il cui manifesto già anticipava la sua elezione tanto che diceva soltanto: “Faraone sindaco di Palermo!” Mancava solo che ringraziasse i cittadini...
La stampa riporta quasi quotidianamente le discussioni tra i partiti, le liti i giochi e giochini per favorire questo o quel candidato, la necessità o meno delle primarie... Ma i disoccupati, giovani e non più giovani oramai al 40 per cento in città, gli operai licenziati o in cassa integrazione, gli anziani senza assistenza, i giovani e le donne, non sembrano riscaldarsi troppo e i commenti, quando ci sono, dicono che non si vede niente e non ci si capisce niente, mentre quello che si vede benissimo è l'immondizia...

“Così non va”, dice infatti il cardinale di Palermo Romeo, e per accennare al contesto generale, allo sfondo che sta dietro questa guerra per la poltrona utilizziamo alcune sue affermazioni: “Non è una persona che risolverà i problemi di Palermo. Servono programmi e io non ne vedo in giro. Ho grande paura per una città che va al voto senza programmi”. E snocciola i bisogni più urgenti... “Finora ci sono una decina di candidati, ma cosa voterà il popolo dello Zen o della Vucciria?... per quale visione e progetto di città? Per quale lavoro? Per quale pianificazione del territorio o, ad esempio, dell'edilizia sociale? Senza un programma chiaro e concreto che affronti i nodi veri, prevale lo scambio di voti...”.
I “programmi” in realtà ce li hanno solo che da un lato sono inconfessabili, nessuno dice infatti corro per la poltrona e i soldi ecc. ecc., dall’altro sono quelli dettati dagli industriali e dai ricchi in genere.

E il prete continua: “E' inutile che si faccia a gara per dire che si punta alla legalità: senza sviluppo e occupazione, la legalità non può esistere.” Al cardinale non piace Orlando, ex sindaco democristiano, educato dai Gesuiti!, perché “ha creato i precari... e i servizi non ne hanno ricavato un tasso migliore di efficienza. Nessuno ripara le strade, nessuno cambia una lampada dell'illuminazione pubblica... … traffico congestionato, mancanza di lavoro...”.
E a proposito di promesse “elettorali” il cardinale fa una puntatina anche contro Prodi, Berlusconi e Letta che lo rassicurarono quando venne eletto vescovo di Palermo, ma “non ho visto fare passi avanti...”.

Ma sulle promesse perfino Micciché ha qualcosa da recriminare! il giornalista chiede: “E la famosa promessa di una candidatura alle regionali che le aveva fatto Berlusconi? Risposta: “Con tutto quello che è successo e sta succedendo in Italia, le promesse fatte prima non valgono più.”

Al contesto di ciò che non va in città, e alla “mancanza di programmi” si aggiungono le riflessioni di Micciché, “uomo di partito” di Berlusconi, che parla chiaro, e su coalizioni e partiti dice: “I partiti tradizionali sono allo sfascio più totale...”, “Le coalizioni si tengono attraverso la trattativa tra i partiti, non cercando le primarie per schiacciare gli alleati. Parliamoci chiaro: le primarie le vince chi ha più iscritti, o meglio chi compra più tessere.” E se lo dice lui... per questo ha deciso di candidarsi da solo per il suo attuale partito Grande Sud... ma, ma la proverbiale fermezza alla scilipoti del politico siciliano suggerisce di aggiungere un ma... “Ma se, di qui a poco, si dovesse creare qualche situazione romana, con nuovi scenari, possiamo parlarne.”...

Il giornalista continua: “Micciché e Orlando in campo, come 15 anni fa.” Commento di Micciché: “Ed è triste...[parole sante viene da dire, e pensa a quanto sono tristi quelli che la subiscono questa presenza!]... Ma la nostra presenza significa che sinistra e destra non hanno costruito classe dirigente in questi anni.”

E il giornalista insiste: “E la colpa non è pure, se non soprattutto vostra? Ovvero, chi ha guidato i partiti negli ultimi quattro lustri?” Risposta: “Sì, anche nostra. Peccato che quando c'ero io a timonare Forza Italia venivano fuori, uno dopo l'altro, gli Alfano, gli Schifani, i Bufardeci, i Cimino.... [ma quanta bella gente! Solo uno come Micciché può farsene un vanto!]... Oggi i gruppi dirigenti dei partiti si affidano a primarie e referendum per decidere la linea politica. Ma allora, un segretario di partito che ci sta a fare?”

Domanda: “Lei si candida a succedere a Cammarata, che volle 10 anni fa e che non ha lasciato una grande eredità.” Risposta: “Cammarata l'ho scelto io e mi scuso: [e ho detto tutto, avrebbe aggiunto Totò, e questa autocritica meritava un applauso scrosciante! ma...] ma solo per i suoi sciagurati ultimi cinque anni. Nel primo mandato, quando Diego ragionava con il gruppo dirigente del centrodestra, Palermo ha conosciuto il periodo amministrativo più bello della sua storia.” Questa è la grande sparata finale di Micciché che quasi quasi fa il paio con la sparata finale, da gioco d'artificio del giorno del festino, del cardinale Romeo, che preoccupato di fare arrivare il suo “messaggio” e impressionato dai moderni mezzi di comunicazione, i “social network”, mette in mezzo pure “Nostro Signore... il primo a usare, per così dire, Twitter. Pensate ai comandamenti dell'amore: “Ama il tuo Dio”... sono messaggi rapidi, sintesi potenti ed efficaci”.

Potente ed efficace, come ha denunciato per l’ennesima volta il procuratore Messineo, è ancora il sistema di potere politico clientelare, affaristico, delinquenziale, mafioso che regge la Regione e i suoi Comuni, un potere sostenuto nella sostanza da tutti i partiti e dagli esponenti della Chiesa che al massimo oppongono belle parole allo sfascio totale.


Le interviste sono tratte dal Giornale di Sicilia e da Repubblica

Nessun commento:

Posta un commento