giovedì 9 febbraio 2012

pc 9 febbraio - L'ART. 18 NON SI TOCCA! LO DIFENDEREMO CON LA LOTTA!

Da Tavolo a Tavolo, i sindacati confederali sono pronti a toccare l’art. 18. Da avant’ieri fioccano le riunioni e i contatti per – come dicono - un accordo a tre stadi, tra cgil, cisl, uil, con la Confindustria e con il governo. In questo quello che funziona meglio è il tantem Camusso/Marcegaglia, sempre sedute affianco, sempre in contatto telefonico, per metterla a quel posto ai lavoratori.
Cisl e uil sono disponibili a ragionare sui licenziamenti per motivi economici (di fatto quello che vogliono il governo e la Confindustria), la proposta è che i licenziamenti individuali siano regolati non più dall’art. 18 ma dalla legge 223/91 sui licenziamenti collettivi per “giustificati motivi oggettivi”. Se c’è “accordo” il lavoratore perde il posto e avrà per due anni l’indennità di mobilità; se non c’è accordo può fare ricorso recuperando l’art.18 – un’evidente ipocrisia e beffa visto che nessun legale sindacale difenderà realmente quel lavoratore.
La Cgil è anche peggio, perché alla fine firmerà le modifiche all’art.18 ma ora imbroglia i lavoratori. La Camusso ha la stessa tesi del PD di Bersani che dice “se vogliamo modificare l’art. 18 va bene, ma facciamolo in fondo”.
Quindi l’art. 18 in realtà, per la Cgil, viene ad essere uno scambio tra qualche contentino sul lavoro e la sua abolizione.
La Cgil dice che il problema è il lavoro non è l’art. 18, quando il problema ora, nella guerra di classe di padroni e governo Monti, è invece proprio l’art.18!
Si spaccia per ammodernamento del mercato del lavoro, per mobilità/flessibilità in entrata e in uscita, ciò che è ideologia.
L'art. 18 viene a rappresentare in questo momento la partita in gioco nello scontro di classe dove padroni e il “tecnico” governo Monti non solo vogliono far pagare economicamente e pesantemente la crisi ai lavoratori, ma anche usare la crisi per cancellare diritti, conquiste, dignità dei lavoratori.
E’ questo che esprime l’articolo del Wall Street Journal quando scrive con un livore, apparentemente immotivato: “La più grande minaccia della crescita economica dell’Italia non è il debito pubblico” ma la norma “perversa” dell’art.18. Questa causerebbe la disoccupazione…

Per questo L’ART. 18 NON SI DEVE TOCCARE!
Anche per i lavoratori, si tratta della difesa dei posti di lavoro, ma si tratta pure di impedire un altro arretramento in questa guerra di classe.

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